Noodles mania: ecco come la tradizione orientale ha conquistato il mondo

23 Mar 2025, 18:07 | a cura di
L’Asia è la patria dei noodles. Mai uguali a se stessi, conquistano mercati e social: sono sempre più centrali nelle cucine del mondo

Noodles. Ormai, anche in Italia, siamo passati a chiamare ogni varietà asiatica di pasta con questa parola, lasciando perdere “spaghettini” e “vermicelli”, che non suonavano granché bene. Ma anche con l’inglesismo stiamo dando un nome davvero generico a questo cibo, dato che le tipologie consumate in Asia orientale sono pressoché infinite e in costante evoluzione: sia perché vengono riscoperti, o maggiormente popolarizzati, piatti che erano stati un po’ dimenticati (come i wu du noodles taiwanesi, con l’aggiunta di aloe vera all’impasto, che dovrebbe avere effetti benefici sulla salute, e che li rende difficili da scuocere), sia per innovazioni tecnologiche di natura diversa, dagli instant noodles sempre più elaborati, all’utilizzo di robot in cucina che modificano come certi noodles possono essere tagliati.

Anche in Italia è esplosa la moda dei noodles

Ma qualunque nome decidiamo di dare loro, i noodles sono ormai diffusi e apprezzati anche in Italia, e questo, per tre cause principali.

1: il proliferare di ristoranti “etnici”, principalmente cinesi, che ci hanno abiutati agli spaghettini saltati con carne, gamberetti o verdure;
2: la passione per anime e manga giapponesi che dura ormai da più di due generazioni e che ci ha reso curiosi di assaggiare ramen, soba e udon, in brodo o asciutti come vediamo fare ai nostri personaggi preferiti
3: c’è l’aumentata facilità di viaggiare verso Paesi che fino a una ventina di anni fa erano considerati abbastanza inaccessibili: che fosse la Corea con i suoi naengmyon e kongguksu che si consumano freddi e offrono refrigerio negli afosi giorni estivi, o il Vietnam con i suoi goi cuon (involtini riempiti di verdure, a volte carne, e spaghettini di riso insaporiti con il lime), o ancora la Thailandia con il suo famoso pad thai (che in Laos cambia leggeremente diventando più dolce e viene chiamato pad lao).
E poi, ovviamente, ci sono i social media. Che hanno portato sugli schermi di tutti noi i
mukbang, i video di persone che mangiano incredibili quantitativi di cibo (sopratutto donne che si nutrono, spesso, proprio di noodles) lanciati in Corea del Sud, per estendersi poi a tutta l’Asia e diventando uno di quei misteri dei social: ma perché milioni di persone guardano una ragazza divorare spaghettini, o montagne di altri cibi, come ipnotizzati? Poi, ovviamente ci sono stati gli influencers dall’Asia (o di origini asiatiche) che hanno messo in rete le ricette di vari tipi di noodles, compresi quelli di gelatine fatte con l’amido di mais o con la farina di fagioli verdi, rendendoli (quasi) alla portata di tutti (ovviamente nei video sembrano facilissimi da fare, cosa lontana dall’essere garantita nelle nostre cucine). E poi, come si dice in Cina, “la macchina fotografica mangia per prima”: arrivati a tavola, prima di infilare i bastoncini nei piatti, bisogna scattare una foto e affrettarsi a condividerla sui social. Ed ecco che sempre più foto degli spaghettini di vario tipo consumati da milioni, forse miliardi, di persone ogni giorno, vengono caricate online provocando acquoline in bocca a tutti gli angoli della terra.
Difficile dunque avere l’ambizione di essere esaustivi nel descrivere questo piatto, anche se per iniziare possiamo suddividerli a seconda degli impasti che li compongono.

La tradizione dei noodles nell'immensa Cina

In Cina, per esempio – talmente grande e con una tradizione culinaria così antica e varia da farci stare davvero un’infinità di noodles dentro – le categorie principali sono rappresentate dai noodles di farina di cereali come grano, principalmente, ma anche sorgo, avena, miglio, grano saraceno, mais e riso (ma questi ultimi sono di tipologie talmente numerose e diverse fra loro che è quasi meglio considerarli una categoria separata dagli altri). Poi ci sono quelli fatti con farina di patate o di vari tipi di patate dolci e tuberi, e quelli fatti di fagiolo mungo, un piccolo fagiolo verde altamente proteico: si tratta di noodles con un aspetto un po’ più traslucido, a volte quasi trasparente e che, nel caso di noodles di farina di tuberi, sono solitamente essiccati. Anche gli spaghetti di grano possono essere essiccati, ma vengono spesso cucinati da freschi, come i la mian, che sono preparati con grande destrezza da cuochi che sbattono ripetutatemente un impasto di acqua, sale e farina fino a quando comincia a separarsi in filamenti, dapprima più grossi, poi sempre più sottili. In alcune regioni della Cina, come nel Gansu o nello Xinjiang, questi sono consumati ancora abbastanza larghi, e conditi con una salsa a base di peperoni, pomodori, cipolla, manzo o agnello, e molto cumino. Più a sud, invece, gli stessi la mian sono consumati sottili sottili e preferibilmente in brodo.

Udon e soba giapponesi di grano saraceno

Ma se la Cina è la grande pentola in cui la varietà dei cibi è inesaustibile (e malgrado un certo sciovinismo astorico che vuole che “tutta la pasta” sia originaria della Cina e che da lì si sia diffusa nel resto del mondo), anche i Paesi suoi vicini hanno sviluppato una tradizione centenaria in materia di noodles, con caratteristiche tutte particolari.
Partiamo dal Giappone, dove i soba – fatti con farina di grano saraceno, con un sapore che può ricordare le noci e il malto, leggermente amaro, consumati freddi in estate e in brodo in inverno – sono talmente venerati da essere preparati da maestri che sostengono che il soba perfetto sia raggiungibile solo tramite anni di addestramento e perfezionamento. Il soba è considerato originario di Nagano, a ovest di Tokyo, dove si trovano i ristoranti più famosi e antichi – come Kitanoya Soba, aperto nel 1903. Per chi vuole il ristorante di soba più storico, però, bisogna andare a Kyoto, a Honke Owariya, che è aperto da quasi 600 anni. Nella regione di Kagawa, invece, il noodle più diffuso è l’udon, e i ristoranti che offrono questa specialità sono a ogni passo. Meno noti, ma non certo meno squisiti, sono i somen, noodles sottilissimi di grano (il formato perfetto deve essere di 1.3 millimetri e sono resi molto diafani con l’aggiunta di un po’ d’olio al momento di tirare la sfoglia) che si cuociono in due minuti. Tutta giapponese è l’ossessione per la perfezione che riguarda anche il cibo e in particolare i noodles: il film di Juzo Itami Tampopo, girato nel 1985, racconta le vicende di un ristorante di ramen, e resta ancora oggi un divertente punto di riferimento per la cultura ossessiva alla ricerca della ricetta “insorpassabile”. I ramen, invece, per quanto siano ormai stati completamente nipponizzati, hanno le loro origini proprio dai la mian cinesi e per l’appunto, la versione cinese e quella giapponese non si somigliano affatto: in particolare per il brodo che in Giappone è a base di miso e alga kombu. A Kuming, città nel sud della Cina, i la mian sono cucinati in brodo di manzo e olio di sesamo.

Taiwan e i niu rou mian di Chiang Kai Shek

Ma è Taiwan che ha associato il suo nome ai niu rou mian, un tipo di la mian servito in un ricco brodo di manzo talmente identitario da avere anche un suo speciale festival, solitamente in autunno, a Taipei. Pur essendo divenuto un must da non perdere a Taipei, ha una storia recente dato che fu introdotto nell’isola nel 1949, dai rifugiati a Taiwan fuggiti dalla guerra civile cinese vinta da Mao Zedong: furono oltre un milione le persone che seguirono, più o meno volontariamente, il generalissimo Chiang Kai Shek a Taiwan (in particolare a Taipei), portandosi dietro la loro nostalgia di casa. La particolarità di questi spaghetti in brodo però, oggi, è sopratutto nelle verdure sotto sale (o aceto) che vengono servite insieme ai niu rou mian, e che fanno la vera fama di un ristorante specializzato in questo piatto. La tradizione vuole che, trattandosi di cibo popolare, siano i ristoranti meno eleganti a servire i migliori spaghetti al manzo.

Chow mein: i noodles bandiera di Hong Kong

Anche a Hong Kong un tipo di noodle apprezzatissimo è legato ai ristoranti più popolari, ovvero, le cha chaan teng, traducibili come “sale da té”, ma che sono vere e proprie trattorie a buon mercato dove si viene serviti molto rapidamente e dove non è visto di buon occhio che ci si fermi troppo a lungo. Si tratta di noodle alla salsa di soia diventati famosi nel mondo con il nome di chow mein: sono sbollentati e poi saltati, ma ciò che li rende davvero hongkonghesi è il metodo di cottura che utilizza due salse di soia diverse, quella chiara (molto liquida e salata) e quella scura (che è più densa, e contiene anche un po’ di caramello) che conferisce un bel colore dorato a questi spaghettini che possono essere preparati con o senza uova, con l’aggiunta di abalone oppure con spinaci, bietola, o altre verdure, per dare gusti diversi al piatto. Il tipo più semplice viene saltato solo con cipollotti e salsa di soia – ma si possono aggiungere verdure e striscioline di carne o un po’ di uova strapazzate, a piacimento. Sempre dal sud della Cina, poi, arrivano le zuppe con i wonton, gli involtini di carne e gamberetti divenuti uno dei piatti più noti di Hong Kong in ristoranti come Mak Man Kee (premiato con una stella Michelin) dove i noodles sono fatti con uova di anatra.

Pad Thai, spaghettini tailandesi di riso saltati

Da Singapore all'arte dei somyeon e dei naengmyeon coreani

Un altro tipo di spaghettini saltati divenuto identitario si trova invece a Singapore dove l’identità non è data dalla salsa di soia, ma dalle spezie del curry che sono aggiunte insieme a gamberetti, strisce di maiale arrosto e a qualche verdura.
È un’opinione personale, certo, ma la Corea ha davvero perfezionato l’arte dei noodles in zuppa fredda: che si tratti dei sottili somyeon (la versione coreana dei somen, messi in una zuppa di latte di soia, insieme a cetrioli e cubetti di ghiaccio) o dei mul-naengmyeon (fatti di grano saraceno e farina di patate, cotti e raffreddati in acqua ghiacciata e consumati in un brodo sapidissimo profumato di sesamo con l’aggiunta di cetrioli, daikon in salamoia, e mezzo uovo sodo) poche cose sono più rinfrescanti nelle torride giornate estive. Del resto, anche i naengmyeon sono un piatto della nostalgia: sono originari del nord della Corea, e da quando la penisola è divisa in due stati, molti di quelli che sono nati a Nord, o che sono figli di persone nate al Nord, hanno vissuto con il mito del perfetto naengmyeon la cui versione più originale sarebbe preparabile solo con ingredienti reperibili al nord.

I num banhchok cambogiani in zuppa di latte di cocco

In Cambogia, per colazione, vengono consumati spaghettini di riso fermentato che hanno un gusto particolarissimo, acidulo e rinvigorente, chiamati num banhchok, cotti in una zuppa giallo-verde di latte di cocco. E per restare alle zuppe con latte di cocco, non ci si può dimenticare dei laksa dalla Malesia: piccanti, squisiti, ricchi di curcuma, tofu e verdure, e aggiunte che cambiano a seconda del ristorante.

Ma che si tratti di noodle freddi, in brodo, saltati, fermentati o essiccati e messi in barattolo per essere reidratati e diventare instant noodle, gli spaghettini sono uno dei piatti più diffusi e dalla varietà e tipologia più ampia immaginabile nell’Asia orientale: in tutte le librerie di questa parte di mondo, infatti, si trovano volumi e volumi dedicati a un solo tipo di noodle, per non parlare degli show televisivi o degli youtuber ossessionati. Questa, dunque, è solo una breve e lacunosa introduzione, dato che non può essere altrimenti.

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