“Non hai soldi per ordinare più piatti al ristorante? Non ci andare”. Lo sfogo dello chef più divisivo di Londra

19 Mar 2025, 15:43 | a cura di
"Se tutti entrassero nei fottuti caffè o ristoranti e ordinassero solo una tazza di caffè e si sedessero lì per tre ore, i locali chiuderebbero". Fa discutere la posizione dell'esuberante Hugh Corcoran

Accetta solo prenotazioni telefoniche (o tramite cartolina!), solamente pagamenti in contanti e non vede di buon occhio, per usare un eufemismo, chi ordina pochi piatti. È lo chef più controverso di Londra. Hugh Corcoran del Yellow Bittern a Londra ha concesso una lunga intervista a Bon Appétit per parlare di comunismo, della nuova classe media non sindacalizzata e del pranzo come baluardo contro il neoliberismo.

Il ristorante più divisivo di Londra

«Il cibo non è nulla di speciale, scortesia e maleducazione. La ristorazione, quella vera, è un'altra cosa», «Solo contanti, cibo insipido che non è paragonabile a quello di ristoranti più economici e un proprietario che ha chiaramente inalato i fumi della sua cucina», «Il proprietario è la persona più scortese che abbia mai incontrato». Sono solo alcune delle recensioni, in mezzo ad altre super entusiastiche, al ristorante Yellow Bittern di Londra: 18 posti a sedere, un ritratto di Lenin appeso, aperto solo a pranzo, chiuso nei weekend, niente sito né social, si prenota solo al telefono (o tramite cartolina), bandito il bancomat, ha un menu che cambia ogni giorno e omaggia le origini irlandesi del cuoco Hugh Corcoran e i suoi trascorsi in Francia e nei Paesi Baschi: zuppa di patate e porri, pie di faraona, baccalà, budino di riso. Un ristorante che è diventato di tendenza (anche) in seguito a un post pubblicato da Corcoran sul suo profilo Instagram (non più attivo) a novembre 2024, dove il focoso cuoco denunciava quello che secondo lui è un comportamento scorretto da parte dei clienti, ovvero ordinare pochi piatti e astenersi dal bere vino, violando così l'accordo tacito tra cliente e ristoratore che consente a quest'ultimo di rimanere in attività. Ora lo chef è tornato sul tema in un'intervista rilasciata a Bon Appétit.

“Se vai in un pub devi bere, non puoi occupare lo sgabello per ore senza consumare”

Comunista con un ristorante? Gli chiede d’emblée il giornalista Amiel Stanek. «Essere comunisti non significa esulare dalla società capitalista», spiega Corcoran che racconta di come fin da quando era un adolescente in Irlanda sia stato nei retrobottega a insegnare alla gente la teoria marxista. «Sono stato arrestato diverse volte. Alcuni miei amici sono finiti in prigione. Sono cresciuto con tutto questo ma pur essendo convinto che organizzare una società in modo socialista sarebbe meglio, non sento l'obbligo di praticare il comunismo». Da qui la netta convinzione che non tutto sia per tutti, «insomma, se vai in un pub devi bere, non puoi occupare lo sgabello per ore senza consumare, leggendo un libro beatamente. Per questo ci sono le biblioteche, sono dei luoghi meravigliosi, come i parchi pubblici, così come tutte le cose pubbliche che non vengono utilizzate. A differenza dei bar, che sono attività private: se tutti entrassero nei fottuti caffè o ristoranti e ordinassero solo una tazza di caffè e si sedessero lì per tre ore a lavorare sui loro computer portatili, i locali chiuderebbero». A pensarci addirittura Starbucks ha imposto la consumazione obbligatoria per chi voglia sostare nei locali. Corcoran entra poi nello specifico del suo ristorante.

L'attacco alla nuova classe media

«Mi sembra che la gente voglia stare nell'ambiente di un ristorante, ma non necessariamente contribuire alla sua sostenibilità economica ordinando del vino e una quantità adeguata di cibo». Il cuoco se la prende specialmente con la classe media: «La vita economica di questa aspirante classe media - una classe professionale che fa lavori creativi e non è sindacalizzata – è peggiorata negli ultimi 10 anni, a differenza di una classe operaia che invece è sindacalizzata. Le persone che lavorano al computer per conto proprio sono molto più povere rispetto a dieci anni fa, eppure si sentono in diritto di frequentare i ristoranti. E quando dici loro che non spendono abbastanza, si offendono: prenotare in un ristorante per mangiare una zuppa e bere un bicchiere d'acqua è ridicolo», dice senza mezzi termini Corcoran, che sottolinea come il suo ristorante non sia solo per i ricchi, tanto che da Yellow Bittern ci vanno un sacco di persone «della classe operaia», aggiungendo quanto sia felice di accogliere coloro che si sono iscritti ai sindacati e che oggi possono permettersi di andare a pranzo al ristorante, «sono estremamente felice di averli. Vengono trattati bene perché si sono impegnati a fondo per conto della classe operaia. Le persone che hanno badato solo a se stesse e non possono ancora permettersi di pranzare, si fottano», aggiunge con “eleganza” lo chef.

Il pranzo resiste contro il capitalismo

L'intervista si conclude con una interessante riflessione sul pranzo: «Il pranzo è un pasto, eppure secondo molti è una cosa che si fa in piedi, alla scrivania o camminando. Il neoliberismo lo sta distruggendo e io voglio difendere la cultura del pranzo. Ritengo che avere un ristorante che serve un pranzo lungo e che impone al cliente di prendersi del tempo libero a metà giornata per mangiare qualcosa sia una resistenza contro il capitalismo. È una fantasia? Sì, ma credo sia importante fornire fantasie su come potrebbe essere il mondo per motivare le persone a cambiarlo. Se le persone non possono permettersi di prendersi due ore di pausa pranzo, allora è meglio che si organizzino e cambino le loro condizioni di lavoro». Ci rifletteremo caro Corcoran.

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