Protagonista della dieta mediterranea, l'olio extravergine è fra i prodotti agroalimentari più apprezzati non solo per l'utilizzo in cucina, ma anche per le sue proprietà nutraceutiche. Ma quanto lo conosciamo davvero? Per quanto sia un prodotto familiare, o forse proprio per questo, in Italia non se ne sa ancora molto: le informazioni, quando ci sono, risultano tuttora troppo vaghe.
L'olio è sempre più al centro di dibattiti, ma anche di polemiche e scandali, a cominciare da quelli relativi alle frodi, oggetto di numerosi servizi giornalistici che hanno il merito di aumentare la consapevolezza su questo prodotto. L'attenzione si concentra, soprattutto, su provenienza, qualità delle olive e poca chiarezza dal punto di vista normativo per quanto riguarda l'etichettatura.
Su tecniche di lavorazione, impianti, tempi di raccolta, cure da tenere in campo e in frantoio abbiamo imparato e impariamo molto ogni anno grazie alla conoscenza diretta dei migliori produttori di extravergine della Penisola, protagonisti della guida Oli d'Italia. Abbiamo parlato delle diverse cultivar, di biodiversità olivicola, di vendita di olio e dell'olio nella ristorazione, di abbinamenti e negozi specializzati nella promozione dell'oro verde.
Ora è necessario ripartire dalle basi: come si riconosce un prodotto di qualità? Dove acquistarlo? Quanto deve costare e quale gusto deve avere?

Olio extravergine di oliva. Come sceglierlo e dove acquistarlo
Innanzitutto uno sguardo agli scaffali dei supermercati: la scelta è ampia, quando i prezzi sono troppo competitivi (sotto i 10 euro per intenderci) la qualità lascia spesso a desiderare. Dietro l'etichetta che sfoggia in bella vista la definizione “extravergine” si nascondono alle volte oli raffinati (ovvero rancidi e con un alto livello di acidità, deodorati e chimicamente resi inerti), oli difettati e vergini, e quindi con acidità ben più alte di quelle dell'extravergine. che indica un “olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”, come deve essere riportato in etichetta. Il termine, infatti, identifica una categoria merceologica assegnata – attraverso più parametri – a tutti quegli oli che presentano un livello di acidità libera inferiore a 0.8% per 100 grammi. E che sono esenti da qualsiasi tipo di difetto.
Negli ultimi anni sono aumentate le botteghe specializzate dove trovare oli extravergine di grande qualità, ma è possibile recarsi direttamente anche nei frantoi (spesso sono a pochi chilometri da dove abitiamo), impianti di nuove tecnologie in cui le olive – raccolte al giusto grado di maturazione – vengono lavorate con attenzione in ambienti puliti dall'inizio alla fine. Le molazze di granito di una volta, infatti, non sono adatte per una produzione di qualità. La pasta ottenuta con questo sistema, chiamato ciclo discontinuo (o tradizionale), viene raccolta negli appositi recipienti detti fiscoli, e poi spremuta meccanicamente: in questo modo, non esiste una continuità di lavorazione e il rischio di ossidazione (con conseguente difetto) è altissimo.

Impianto a ciclo discontinuo (o tradizionale)
Gli impianti a ciclo continuo, invece, prevedono un unico ciclo di produzione, e hanno il vantaggio del decanter, uno strumento che divide sansa, acqua di vegetazione e mosto.

Impianto a ciclo continuo
Il prezzo dell'olio
Come sempre, il prezzo ha un suo valore. Quello giusto? Non può costare meno di 15 euro a litro. E stiamo parlando di un prezzo davvero minimo, di frantoio, che aumenterà inevitabilmente una volta che l'olio sarà giunto sullo scaffale dei negozi. Si tratta, inoltre, di un prezzo che può cambiare a seconda di tante variabili, a cominciare dall'annata, manodopera, manutenzione degli impianti, imbottigliamento, etichettatura, trattamenti antiparassitari, irrigazione, senza contare i costi aggiuntivi di chi ha optato per una coltivazione biologica. E questi sono solo i costi base di un'azienda, a cui si vanno ad aggiungere poi tutti gli extra, frutto della caparbietà e l'attenzione dei produttori più appassionati, che hanno scelto di innalzare ancora di più il livello qualitativo attraverso studio e tanti investimenti.

Sembra superfluo specificarlo, eppure mai come questo momento è importante ricordarlo: un olio (anche se in offerta) a 5, 4, 2 euro non può in alcun modo essere un prodotto di qualità. Non solo: non è neanche extravergine e, di conseguenza, non apporterà alcun beneficio alla nostra salute (stiamo parlando, tanto per dirne una, di una perdita significativa di polifenoli, ovvero sostanze antiossidanti).
Un particolare da ricordare e ripetere come fosse una sorta di mantra durante la spesa è questo: solamente l'etichetta, la bottiglia, il tappo antirabbocco e tutto il necessario per il confezionamento costano al produttore più di 1 euro al litro. Come può l'intero prodotto costare 2 euro?
Di seguito altri elementi non secondari da tener presenti prima di acquistare una bottiglia di olio.
Come deve essere una bottiglia di olio
La bottiglia deve essere scura, in grado di riparare l'olio dalla luce, uno dei maggiori nemici dell'extravergine. Naturalmente, la bottiglia deve essere in vetro. Il tappo deve essere antirabbocco, pensato appositamente per evitare, appunto, rabbocchi di oli diversi nella bottiglia.

© Francesco Vignali Photography
Controllate l'annata, perché al contrario del vino l'olio non si presta all'invecchiamento. Va acquistato e consumato entro l'anno. Una volta aperto, inizia gradualmente a perdere le sue caratteristiche organolettiche, per cui sarebbe preferibile consumarlo nel giro di pochi mesi, se non si vuole rinunciare all'alta qualità del prodotto.
Come e dove conservare l'olio
Infine, una volta acquistato, l'olio va conservato al meglio. Luce, ossigeno e calore sono nemici dell'olio. Quindi, niente scaffale accanto alla cappa della cucina o alla macchina del gas (almeno non quando è accesa), niente luce diretta, niente fonti di calore nelle immediate vicinanze. E, soprattutto, attenzione al tappo: va sempre avvitato correttamente, altrimenti l'olio inizierà il suo processo di ossidazione. Bandita nel modo più assoluto l'olieria: oltre alla trasparenza, l'assenza di un tappo appropriato favorisce l'ossidazione del prodotto.

Bicchieri ufficiali per l'assaggio dell'olio exrtavergine di oliva
L'assaggio dell'olio extravergine di oliva. Come capire se è buono o no
Che sia stato acquistato al frantoio o in negozio, che si tratti di un regalo o dell'olio di un amico, c'è un solo metodo infallibile per riconoscere la qualità di un extravergine: l'assaggio. È una vera scienza, l'analisi sensoriale, un sistema sul quale noi del Gambero Rosso facciamo affidamento da anni, grazie a un panel sempre più valido, ovvero un gruppo di assaggiatori preparati che si confrontano ed esaminano insieme un prodotto. Concorsi e degustazioni ufficiali a parte, il parere di altre persone è fondamentale, ma non sempre è possibile assaggiare in compagnia.
Per capire se un olio sia o meno buono, però, è necessario, prima di tutto, imparare a riconoscerne i difetti (ce ne sono tanti, dovuti a motivi diversi, ma questa è un'altra storia) e pregi. Ma come si assaggia l'olio? Bando al pane, crackers o accompagnamenti di qualsiasi tipo: l'extravergine va degustato a pieno, in purezza, in un bicchierino (per assaggi amatoriali, quello da caffè è l'ideale).

L'esame visivo
Al contrario di tanti luoghi comuni che vogliono che il verde più brillante sia sinonimo di qualità, il colore non influisce sulla qualità dell'olio. Si può variare da un giallo paglierino a un verde intenso, in base alla cultivar, il tempo di raccolta e la lavorazione, ma non sono le sfumature cromatiche a fare la differenza. Un dettaglio da osservare alla vista, però, c'è: il filtraggio. Se l'olio buono non è filtrato può essere ancora acquistato, ma a una condizione: deve essere consumato nel giro di un mese, un mese e mezzo, perché altrimenti inizierà un processo di deterioramento inarrestabile.

L'esame olfattivo
Prima di procedere all'esame olfattivo, si copre il bicchierino con la mano e lo si fa roteare fino a raggiungere una temperatura di circa 27°C, punto in cui l'olio esprime al massimo le sue componenti aromatiche (basta attendere il momento in cui non si avverte quasi più differenza tra bicchiere e calore della mano). E poi, ci si tuffa con il naso dentro.

Questo è il momento decisivo, il più magico per gli assaggiatori appassionati, quello in cui tutti i pregi o gli eventuali difetti emergono. Note di rancido, di muffa, avvinato (lo riconoscete dal netto sentore di aceto) e tutti gli altri difetti del caso sono ben percepibili al naso, così come i tanti profumi inebrianti dell'olio buono, dall'erba tagliata al carciofo, dal pomodoro con la sua foglia alla mandorla, dalla mela verde alle nuance più balsamiche. Insomma, note verdi e vivaci, sensazioni distinguibili e riconoscibili che costituiscono il fruttato dell'olio, suddivisibile in tre categorie: leggero, medio, intenso.
L'esame gustativo
Ed eccoci al momento finale, l'assaggio. Per farlo, si ricorre a una tecnica insolita ma molto efficace: lo strippaggio. Un metodo che consiste nell'inspirare aria all'interno della bocca, cercando di ricreare una sorta di vaporizzatore tenendo i denti serrati. Si prende una piccola quantità di olio, la si fa passare tra i denti inspirando e il gioco è fatto: in questo modo, si riescono a percepire l'amaro e il piccante, oltre a tutte le sensazioni retro-olfattive. E a proposito di amaro e piccante: si tratta di due componenti imprescindibili in un olio che si rispetti, presenti in maniera più o meno evidente, ma immancabili.
video di Martina Molle