Metà passito, metà spumante: in Valpolicella c'è un vino sorprendente prodotto da un'unica cantina

2 Mar 2025, 13:10 | a cura di
Il Recioto metodo classico di Villa Rinaldi è quasi un ossimoro enologico. Uscito solo in due annate

Valpolicella base e superiore, Ripasso, Amarone e Recioto. Disimpegnarsi tra le varie tipologie offerte dalla gloriosa denominazione veronese non è facile. Ne sa qualcosa il consorzio vini Valpolicella (che ha compiuto un secolo di vita) impegnato in questi anni a trovare la quadra della corretta segmentazione evitando sovrapposizioni che possono disorientare il mercato.

Dall’ultima edizione di Amarone Opera Prima, tuttavia, arriva una sorpresa. Parliamo di un Recioto metodo Classico, un vino unico, che solo a pronunciarlo pare un ossimoro enologico: un accostamento, nello stesso prodotto, di concetti e tecniche apparentemente discordanti. Vino spumante da uve appassite: una fusione di contrasti che rispolvera la tradizione della retorica classica e rimanda a locuzioni celebri come lucida pazzia, tacito tumulto, ghiaccio bollente. L’appassimento e la seconda fermentazione in bottiglia: due metodi di produzione di norma distinti se non antitetici - ma uniti dal fatto di essere lenti e dispendiosi - dall’unione dei quali nasce una strana ‘creatura’ che potrebbe essere emersa da un manuale di enologia fantastica di ispirazione borgesiana. Parliamo del Recioto Metodo Classico Valpolicella Doc (millesimo 1998) di Villa Rinaldi, azienda veronese con sede a Soave.

 

C'era una volta il Recito rifermentato

«L’idea nasce da mio padre Rinaldo che ha cominciato a fare metodo classico negli anni ’70 ed è mancato qualche anno fa. Ma non è un capriccio di mio papà. Il vero e tradizionale Recioto della Valpolicella nasceva proprio dalla rifermentazione. Storicamente i contadini lo facevano con la bolla: la lavorazione era legata alle fasi lunari e prevedeva l’aggiunta di chicchi di frumento per la produzione di quegli enzimi che avrebbero facilitato il processo. Poi questa tradizione si è persa: uno spumante dolce rifermentato è difficile da controllare e, soprattutto, da vendere». A parlare è Cinzia Rinaldi, figlia di Rinaldo, che, con gli altri fratelli (sono quattro in tutto), gestisce una realtà particolare.

Villa Rinaldi produce 100 mila bottiglie - divise tra bollicine e Amarone - ma non ha vigneti di proprietà: si appoggia a cinque conferitori della Valpolicella per realizzare il re dei rossi veneti e diversi conferitori dall’Alto Adige per gli spumanti. Uno stile di lavoro alla francese. «Siamo una maison de négoce, mio papà era un artigiano», spiega Cinzia. Il Recioto spumante ha il timbro della famiglia. «Mio papà ha dedicato tutta la sua vita al metodo classico. Le sue sperimentazioni lo hanno portato a ricreare quel Recioto storico. È previsto dal disciplinare della Valpolicella, ma non lo fa più nessuno perché è difficile. Oggi il testimone è passato a mio fratello Alberto, enologo: lui sa come fare e custodisce la nostra storia», continua Cinzia.

Una tecnica di produzione lunga e complessa

Un prodotto raro, uscito finora in due sole annate: la 1997 e la 1998 (nel 1999 tutta l’uva è stata vinificata per l’Amarone). «Se tutto va bene - assicura Cinzia - usciremo con la 2000 verso giugno. La nostra politica è che se il vino ha bisogno di più tempo lo lasciamo lì. Del resto, è un vino d’occasione, ne vendiamo pochissimo». La tecnica di lavorazione, in effetti, è molto lunga ed elaborata. Le uve di corvina, rondinella e molinara fanno appassimento fino a gennaio, poi c’è un affinamento lungo in barrique nuove di rovere francese, quindi la presa di spuma con aggiunta di zucchero e lieviti, infine 60 mesi sui lieviti.

«Il nostro Recioto è difficile da fare e richiede tanto lavoro - dice Cinzia - ma restituisce molto nell’assaggio. Cremoso e intenso, è un protagonista assoluto che non avrebbe bisogno dell’accompagnamento di un dolce importante. A me piace con un formaggio erborinato o con un cubetto di cioccolato fondente: regge grazie al corpo e alla struttura. Sa di amarena, frutta secca, spezie e cioccolato: per mio papà era una coccola. C’è una coppia di signori anziani che compra assiduamente la nostra bottiglia di Recioto e con quella va avanti per mesi: è il loro momento per conversare». Resta la sensazione di un vino paradossale: «Oggi negli spumanti metodo classico - avverte Cinzia - prevale l’assenza totale degli zuccheri. Qui invece la bollicina si sposa a una dolcezza soffusa, modulata, lunghissima. L’anidride carbonica crea acidità: questo vino va goduto nelle coppe dove entra più aria. La vera dolcezza è equilibrio: pulita, mai stucchevole, è lì che diventa vincente».

La crisi dei vini dolci non aiuta

L’assaggio conferma tutto ciò, peccato però che il mercato abbia costretto i vini dolci all’angolo. E i produttori non sanno cosa inventarsi per tornare a promuoverli. In Valpolicella altri produttori ci dicono che hanno abbandonato la produzione di questo vino da decenni. Ammette Cinzia Rinaldi: «Viviamo in un’epoca in cui i vini dolci non sono apprezzati. Chissà, magari un giorno potrebbero riconquistare i palati. Ma adesso non saprei come fare per promuoverli. Forse i ristoratori dovrebbero valorizzarli e proporli di più, evitando l’errore di abbinare ai dolci la bolla brut: un’accoppiata terribile!».

Merito del consorzio della Valpolicella, dunque, l’aver proposto questo sorprendente Recioto spumante del 1998 nel corso del pranzo di Giancarlo Perbellini al Teatro Filarmonico del 31 gennaio scorso, in occasione di Amarone Opera Prima. Chissà se resterà un evento eccezionale, con l’alta probabilità che questo esemplare di spumante da uve appassite ritorni presto nell’ombra.  «È un vino per gli appassionati, per mio papà era un vino amatoriale. Siamo una cantina molto piccola, di certo non da prima pagina. Non abbiamo mai pensato di coinvolgere altri colleghi nella produzione di questa tipologia. E poi c’è già il consorzio che fa un ottimo lavoro. So che qualche produttore sta facendo delle prove, alcuni mi hanno chiesto. Noi ci speriamo».

E pure noi che lo abbiamo assaggiato speriamo che questa strana creatura, metà passito e metà spumante, non resti soltanto il personaggio solitario e irripetibile di un manuale di enologia fantastica.

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