Toc Toc Toc. La mosca non cede. Continua a sbattere sulla porta a vetri senza capire e se capisce non le interessa. È da un po’ che la fisso, abbastanza da non sentire più i rumori della saletta, le risate, il pianto del neonato al tavolo vicino al mio. Trattoria A Casa Di Rita è sempre piena. Rita scivola tra i tavoli e la sua ombra non è mai fissa al suolo: non si sa chi insegua chi tra corpo e proiezione, ma tutti la chiamano e lei a tutti risponde. Risponde male. Male però come i romani rispondono a chiunque, quindi che male non sembri, che suoni come un gioco.
La trattoria della signora Rita
«Ao Rita ce l' hai la carbonara?», affermo. «Certo bello di casa! Poi se c’hai pure voglia di mangià cibo vero fammi sapè che ti faccio un primo!», risponde lei. La stanza è minuscola, saranno una quindicina di coperti, e quella accanto è anche più piccola. I tavoli però, sono tutti pieni. E non si svuotano. È come se chiunque metta piede qui dentro sia destinato a restare: i piatti pieni di pasta, le scodelle di trippa, le cosce di pollo, le patate arrosto, tutto scorre tra i tavoli e Rita è un traghettatore che afferra caraffe di vino, appoggia vassoi, chiede come stai. E stanno sempre tutti bene. Torno a guardare la mosca: ancora sbatte sul vetro. Un bambino mi corre accanto e la madre lo insegue tra i tavoli chiedendo scusa a tutti. Sto bene anche io. Le pappardelle broccolo, pachino e ricotta salata mi arrivano davanti che fumano, nel piatto ho ancora i tagliolini menta e pecorino.
Sollevo lo sguardo verso il volto di Rita con la stessa devozione del cieco che riaprì gli occhi su Cristo: è bellissima, bella come riaprire la porta di casa dopo un viaggio. Parla veloce, gesticola, profuma delle bucce di mandarino messe a seccare sul termosifone e del verde che resta sulle mani quando si torna dall'orto. Finisco le pappardelle e appaiono la coratella, la bieta, le polpette, altro vino, altro pane e intanto la trattoria si svuota lenta, perché alla fine sì, accetta la tua partenza ma con un singhiozzo ancora. Qualcuno barcolla oltre la porta, un signore sfila il piatto vuoto alla moglie per fare la scarpetta nel sugo del pollo e il bambino di prima è inciampato su Aurora, la figlia di Rita, e ci ha guadagnato una crocchetta di melanzane e un pizzico sulle guance. Lentamente, comunque, la serata finisce e la gente va via. La corsa di Rita si fa sempre più lenta, i gesti morbidi e stanchi.
L'amicizia con Anthony Bourdain
Per ogni tavolo che si svuota, Rita si ferma qualche minuto in più a quello accanto: versa il vino, scherza, chiede come stanno quegli amici in comune. E quando tutti i tavoli, tranne quello dei signori là in fondo che giocano a tresette, si sono liberati, Rita si siede accanto a me. La fatica le ha bagnato la ciocca bionda sfuggita alla bandana rossa che ha sempre stretta in testa. Ha questi occhiali, spessi e neri, che le rendono gli occhi ancora più grandi e pericolosi. Li usa per leggerti. È così strano vederla ferma: la foto di un colibrì in volo, le ali immobili. Si lascia andare sulla sedia e mentre mi versa un bicchiere solleva un dito verso il muro.
In una piccola cornice storta, Anthony Bourdain, il cuoco più famoso della televisione, la star mondiale, il romanziere avventuroso, è spiaggiato su una seggiola, addormentato, con la bocca spalancata e la camicia sfatta. Accanto alla foto ce n’è un’altra, più seria: Bourdain e Rita sono abbracciati verso il fotografo, sorridono. «La sentivo la malinconia sua, lo sai Lorè? C’è chi la tristezza se la porta a passeggio: se la addomestichi per bene diventa gentile, si fa mettere il collare. Ma ti rimane comunque qua dentro, che gironzola, e aspetta». Non l’ho ancora elaborata bene questa cosa: Anthony Bourdain a cena sulla Togliatti e Rita che gli continua a versare pappardelle. E nemmeno come questi due cuochi poi, uomo e donna, nati così lontano, vissuti ancora più lontano, siano diventati amici. Anthony Bourdain e Rita.
L'ultima scarpetta al sugo
Ancora non ho capito. Intingo l’ultimo pezzo di pane nel sugo e finisco il vino. Fuori dalla porta a vetri c’è il buio di Centocelle, o forse è quello dell’Alessandrino, perché qui i quartieri si accavallano e le case si accartocciano l’una sull’altra così come le vite delle persone che ci abitano. I balconi diventano ambasciate e gli ascensori sale per comizi e in strada si danno il cambio sconfitti e persi, chi sta per prendere il volo della sua vita, chi esce a trans, chi va a lavorare ai forni di Tor Sapienza, del Quadraro, sul Tuscolano e tutto si mischia e mescola fino a che nessuno potrà più dire chi è chi e verrà da dubitare dell’altro come di sé stessi. Anthony Bourdain e Rita. Ancora non ho capito. Cerco la mosca con lo sguardo ma non la trovo più. Avrà trovato il modo di uscire.
Trattoria a Casa di Rita - via delle Ciliegie, 145 - Roma - sito