Crimini e cucina. È questo il tema della nuova puntata di MasterChef Italia 14, dove gli otto aspiranti chef ancora in gara si troveranno di fronte a una mystery box piuttosto particolare, che li metterà alla prova con un vero e proprio delitto gastronomico (come, ad esempio, i terribili crimini contro la pasta e le salse di discutibile italianità), che dovranno risolvere sotto gli occhi dei tre giudici. A condurre le indagini culinarie con loro, però, ci sarà anche il giornalista, autore e podcaster Pablo Trincia. Ma chi è davvero la voce più ascoltata d’Italia? E soprattutto, qual è il suo rapporto con la cucina?
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Chi è Pablo Trincia
Pablo Trincia è una delle voci più influenti del podcasting italiano. Autore di inchieste di grande impatto, ha raggiunto la notorietà con Veleno nel 2021, la serie investigativa che ha riportato l’attenzione su un controverso caso giudiziario degli anni Novanta legato a presunti abusi satanici in una comunità italiana. Continua con gran successo a raccontare di casi true crime 2023, dove, in ricordo del trentesimo anniversario delle vicende narrate, arriva con il podcast Dove nessuno guarda – il caso di Elisa Claps. Il suo lavoro ha messo in discussione le narrazioni ufficiali, dimostrando come il giornalismo investigativo possa evolversi attraverso i nuovi media. Poliglotta e appassionato viaggiatore, ha visitato oltre trenta Paesi e conosce più di quindici lingue. È La sua curiosità lo porta a esplorare il mondo anche attraverso il cibo, un aspetto che considera fondamentale della cultura di ogni Paese.
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Un viaggiatore affamato
Nato a Lipsia, cresciuto a Milano da padre italiano e madre persiana, Trincia ha sviluppato fin da bambino un rapporto speciale con la cucina di tutto il mondo. «Se penso ai piatti della mia infanzia», racconta in una recente intervista al Gambero Rosso, «mi viene in mente il profumo del ghormeh sabzi, lo stufato di carne e verdure speziate che preparava mia madre. Ma anche la crostata con la confettura fatta in casa di mia nonna paterna». Oltre al persiano – lingua dei nonni – l’italiano e il tedesco per nascita, Trincia ha un po’ di dimestichezza con russo e portoghese. Poi ci sono swahili, hindi e il wolof, lingue studiate alla School of oriental and african studies di Londra, dove si è laureato in lingue e letterature africane. Il viaggio, le culture e il cibo, per lui, sono esperienze inseparabili. Dallo Yemen, dove ha condiviso il pesce appena pescato con un gruppo di pescatori, ai Balcani, dove i pasti si accompagnano a generose quantità di alcol, fino all’Uzbekistan, terra di serate conviviali.
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Pablo Trincia a Mumbai
Ma l’approccio di Trincia alla gastronomia è lontano dal mondo del fine dining. «Difficilmente scelgo un ristorante gourmet. Non ricordo di averne provati molti in Italia», ammette. Eppure, proprio durante un recente viaggio in Senegal ha vissuto una delle esperienze culinarie più memorabili della sua vita. A Dakar, nel ristorante Noliane Dakar, ha scoperto la cucina di Alessandro Merlo, chef piemontese che insieme alla moglie ha creato una realtà dove dà lavoro a oltre ottanta persone senza esperienza nel settore.
Le soste milanesi di Trincia
Quando è a casa sua a Milano, la nostalgia per la cucina italiana non è il primo pensiero. La sua bussola gastronomica lo porta verso sapori esotici, con due indirizzi imprescindibili: la Ravioleria e Ramen di Hao, piccolo locale in via dei Biancospini dove si preparano a mano dumpling e udon, e Dawat, ristorante indiano in corso Sempione specializzato in piatti dell’India del Nord con influenze birmane e tibetane. Se decide di restare a casa, invece, tra un indagine e un'altra, «Ne approfitto per cucinare, niente di troppo elaborato: ravioli vietnamiti con gamberi, riso basmati con verdure», racconta Pablo Trincia.