Era il 2003 e Antonino Cannavacciuolo aveva solo 27 anni, da tre anni era alla guida di una sfida imprenditoriale per lui mastodontica: Villa Crespi. Ai microfoni del podcast MILLION$, condotto da Joe Bastianich e Tomasso Mazzanti, racconta come il Gambero Rosso sia stata la realtà che lo ha portato a diventare uno degli chef più apprezzati d’Italia: «Parte Villa Crespi, dopo tre anni arriva una persona che è venuta mancare da poco che era al Gambero Rosso che si chiamava Giancarlo Perrotta», racconta lo chef giudice di Masterchef, «lui mangia a Villa Crespi e da quel pranzo ha lanciato un missile, mi ha portato a Roma alle Tre Forchette, avevo 27 anni e allora c’erano 12 ristoranti premiati con Tre Forchette». Antonino Cannavacciuolo racconta lo stupore di quella premiazione, non solo sua ma anche del mondo della ristorazione: «Quando mi hanno premiato, tutta l’Italia della ristorazione ha detto: “Chi è”? Non avevo né stelle né niente, ero uno sconosciuto e salivo sul palco del Gambero Rosso, nel momento di espansione: Città del Gusto, Rivista, Teatro del Gusto…C’era Bonilli ai tempi insieme a Perrotta…».
Gli inizi di Antonino Cannavacciuolo
Lo chef campano, a MILLION$ racconta com’è nato il suo amore per la cucina: tutto nasce grazie al padre, già cuoco, ed è da lui che il piccolo Antonino prende esempio e prende la decisione di fare lo stesso mestiere del padre: «A 13 anni ho detto: “Papà, o mi fai fare questa cosa o io nella vita non farò niente”, c’è stato qualche mese in cui mio padre non mi ha rivolto la parola, e poi dopo mi ha preso da parte e mi ha spiegato il motivo e mi ha detto una parola (non ho tatuaggi, ma se dovessi farmi un tatuaggio è quella la frase), “se devi fare questo mestiere fallo bene”». E da lì è iniziata la professione da chef, dapprima ha affiancato il padre: «Io a 13 anni entro nella prima cucina dove mio padre faceva lo chef, ho fatto con lui due stagioni, studiavo e lavoravo il sabato e la domenica. E lui ha avuto la bravura di non farmi cucinare di non spiegare le ricette ma mettermi i coltelli in mano di farmi disossare, sfilettare, pulire prosciutti, spalle intere, spiegandomi proprio il lavoro, mi ha creato la manualità che oggi, secondo me nel mio lavoro è quella che ti fa lavorare veramente bene e con perfezione».
La gavetta di Antonino Cannavacciuolo
Gli insegnamenti del padre lo conducono sulla giusta via della cucina, ma con il passare degli anni, papà Cannavacciuolo capisce che il giovane Antonino deve fare esperienza: «Mio padre mi ha visto preso da questo lavoro e mi ha detto: “Uaglio’, il cuoco c’ha sempre la valigia pronta, devi partire, devi andare a fare l’esperienza al Nord, imparare la cucina del Nord». E così è stato: Cannavacciuolo impacchetta tutto e va sul lago d’Orta in un hotel 5 stelle a lavorare e, come racconta lui stesso: «Lì ho cominciato ad annusare il mondo stellato, ho fatto un’esperienza nell’albergo di mia moglie, la sua famiglia ha degli alberghi, è dove ho conosciuto mia moglie, e da lì il mio sogno era tornare al Quisisana di Capri dove sono arrivato intorno al 1997-98, dove c’era stata la consulenza di marchesi e lì ho cominciato a capire cos’era la cucina non era solo cucinare, ma era pure tanto tanto studio».
Dopo l’esperienza degli alberghi, lo chef conosce un produttore di vini francesi molto importante e di lì parte per la Francia e riesce a fare due stage molto importanti: «Per un periodo non ho dormito nemmeno una notte, sono andato in crisi, avevo fatto un altro tipo di cucina: 5 stelle, cibo intero, cosciotto, selle intere, pesce in bella vista a buffet per poi trovare a romperti la testa su un singolo piatto e ho detto: “io ho perso otto anni della mia vita”, e poi pure lì crescendo, lavorando nel mondo con l’idea delle stelle mi sono trovato in un punto in cu ho detto “Wow, quegli 8 anni come mi sono serviti”».
L’avventura di Villa Crespi
L’esperienza a Villa Crespi arriva per caso: «Ho conosciuto una sera il proprietario perché veniva a mangiare dove lavoravo io e mi ha detto: “Tu devi prenderti Villa Crespi” e io ho fatto una battuta, ho detto: “Chi guida?” Come se dovessimo fare una rapina per cercare i soldi e lui mi ha detto: “Non ti preoccupare, non voglio niente, entra, l’unica cosa che ti chiedo è di pagare l’affitto con tre mesi di anticipo”». Di lì è iniziato un periodo di sfida molto grande, ma tenendo duro oggi Cannavacciuolo è arrivato a essere lo chef e il grande personaggio della ristorazione che è: «Poi abbiamo investito dei soldi un po’ io, Cinzia, abbiamo avuto l’aiuto dei genitori e siamo partiti. Quel pagare tre mesi prima era tanto e dovevi pagare prima di guadagnare, e per tanti anni è stata tosta, poi a ottobre i laghi si svuotano e io quando pagavo a dicembre prendevo i soldi che guadagnavo a ottobre, novembre e dicembre che erano pochi, quando poi arrivava gennaio dovevo pagare gennaio, febbraio e marzo e lì andavamo sotto».