C’erano una volta gli anni Novanta: la pizza con la Nutella un guilty pleasure da ragazzini con un successo così travolgente da diventare, secondo esimi osservatori internazionali, uno dei più tipici dessert italiani. Nella maggior parte dei locali c’era solo lei (seguiva l’epoca dominata dai tartufi Antica Gelateria del Corso), affiancata, poi, da qualche variante con granelle, zucchero a velo o sgargianti creme al pistacchio, oggi molto social. Oltre un decennio fa, però, in pizzeria è iniziato un cambiamento, è cominciata l’era – lenta ma inarrestabile - della pizza dolce, che, a vedere i risultati maturi di oggi, solletica la creatività di pizzaioli e pizzaiole tanto quanto il versante salato, diventando pure veicolo di valorizzazione delle radici e dei territori.
Un premio dedicato
Difficile dire chi abbia cominciato e non ci importa tanto dare una primogenitura, quanto inquadrare un periodo, quello degli anni ’10 del Duemila, nel quale alcune grandi pizzerie italiane, come I Masanielli di Francesco Martucci o, prima ancora, i Tigli di Simone Padoan, cominciano a ragionare profondamente sul dolce e a inserire in menu lievitati che vadano in questa direzione. Se nella guida Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso fin dalle prime edizioni è presente il premio speciale Le Pizze dell’Anno, che fa luce sui migliori abbinamenti su tonde e teglie, con l’avanzare della sperimentazione sul fine pasto dal 2017 è stato introdotto un riconoscimento dedicato proprio all’anima dolce della pizza: ad analizzarne il palmarès, i vincitori, negli anni, corrispondono ai pionieri del genere, che ne hanno svecchiato anche la fruizione. La tonda si presta tantissimo ai condimenti di pasticceria per sapore e consistenza, ma non per dimensioni, che risultano eccessive al momento del dolce: quest’ultimo ostacolo è aggirato servendo in condivisione oppure in tranci e spicchi singoli le preparazioni, grazie anche all’avanzata delle cotture al tegamino, che ben si adattano al servizio “spicchiato” e a trasformare in pizza impasti supersoffici (come, ad esempio, la Fluffy di Jacopo Mercuro, 180 Grammi Pizzeria Romana, a metà strada tra una pizza e una brioche).
Se la fritta è dolce
C’è chi col dolce predilige l’impasto fritto: non ci sentiamo di dargli torto se la frittura - e l’impasto – sono quelli di Franco Pepe. Nell’edizione 2018 della guida il Gambero Rosso inaugura con Pepe in Grani il premio alla pizza dolce, che va alla mitica Crisommola, una sublimazione della rara albicocca del Vesuvio con ricotta di bufala profumata al limone, nocciole tritate e menta. A Caiazzo il riconoscimento viene bissato nell’edizione 2021, con la Pastiera Fritta, altra preparazione entrata nel gotha della grande pizza. Franco Pepe qui fa entrare in gioco il figlio Stefano, che, insieme allo chef Nino Di Costanzo, omaggia il grande pasticcere Alfonso Pepe, scomparso all’inizio del 2020, con un cono di pizza fritta farcito con crema pasticciera agli agrumi, fiordilatte, granella di nocciole tostate, canditi, zeste d’arancia. Stefano non si ferma più, negli ultimi anni lavora molto sulle pizze dolci: su questo fil rouge ecco qualche mese fa arrivare nel menu di Pepe in Grani la strepitosa Sfogliatella Fritta, cono di pizza fritta ripieno di crema di ricotta e canditi di agrumi, con riccioli di pasta croccante.
Pasticceria in chiave pop
La ventata di aria fresca portata dalle pizze dolci passa anche dall’aver trovato un nuovo punto di vista per reinventare classici della nostra epoca, esattamente come la Nutella degli anni ‘90. Per rintracciare le punte di diamante del genere, eccoci fare un salto a Roma, al limitare del Rione Trastevere. Nella guida Pizzerie d’Italia 2019 è una tonda di Seu Pizza Illuminati a meritare il premio speciale dedicato alla pizza dolce, con la Tra Fior di Fragola e Croccante, una geniale sintesi di due gelati mitici con zucchero di canna, fragole in osmosi, coulis di fragola, mantecato di ricotta e lime, croccante di frutta secca. Pierdaniele Seu mostra da sempre una particolare sensibilità per la pizza dolce, che spinge sempre più in là – con condimenti precisi al cesello - nei menu stagionali con i quali di volta in volta reinventa la sua cucina. Se dopo la Fior di Fragola è la volta della Solero (pizza caramellata con zucchero di canna, mango fresco, passion fruit, pesca fresca, gel di arancia, ricotta mantecata, cocco disidratato, menta), della After Eight e della Winner Taco, poi arrivano anche la Assoluto di pesca (namelaka alla pesca bianca, zabaione, salsa di vino e pesche, brunoise di pesca noce, menta, chips di pesca tabacchiera, noci pecan, premiata nel 2022), la Pistacchio Tropicale e tante, tante altre.
Nella sua seconda e più recente insegna, TAC - Thin and Crunchy, che gestisce sempre insieme a Valeria Zuppardo, la strada intrapresa nel capitolo dolce è differente, con una proposta di “fette” (qui la base è alta e soffice) e condimenti come la Keylime pie (crema pasticcera al lime, latte condensato, meringa flambata, crumble di meringa, lime arrosto e in zeste).
Quando il territorio diventa il mantra
Tra le tendenze che si apprezzano maggiormente nel settore in questi anni ’20 c’è la riscoperta di una biodiversità territoriale che può fare da grande incentivo per la creatività dei pizzaioli. E il capitolo dolce non fa eccezione, anzi: il bergamotto patrimonio di Calabria, ad esempio, è entrato da protagonista nella Ricotta e Bergamotta (crema alla ricotta, coulis di bergamotto, gel di bergamotto, crumble di liquirizia, mandorle a lamelle e menta, premiata nel 2020) di Roberto Davanzo, grande professionista di Bob Alchimia a Spicchi di Montepaone, che sui prodotti del territorio – e sui dolci - fa uno studio continuo in sperimentazioni che coinvolgono impasti e topping.
Le meravigliose pesche della Valdaso impreziosiscono la tradizionale pizza napoletanadi Marcello D’Erasmo (Mamma Rosa, Ortezzano) con zucchero e vino cotto. La mela annurca campana in quattro consistenze è attrice principale dell’Assoluto di Mela Annurca (premiata lo scorso anno) di Simone De Gregorio, a La Bolla, blasonata insegna all’interno del boutique hotel Villa Maria Cristina di Caserta. Il talentuoso pizzaiolo casertano ha sviluppato una sua strada sul versante dolce della pizza, con deliziosi spicchi in più cotture (al vapore, fritti, al forno), da mangiare con le mani, come la Tre agrumi e due cioccolati fondenti o La Conciata di Nicola, rivisitazione dolce della Margherita con confettura dolce di pomodoro, mousse di mascarpone, nocciole di Giffoni infornate e scagliette di Conciato Romano.
Tradizione e memoria in formato pizza
Come ci suggerisce quest’ultima combinazione (e le su citate pastiera o sfogliatella fritta di Pepe), spesso a essere oggetto di studio sono non solo i prodotti tipici, ma anche il ricettario della tradizione: una trasfigurazione quasi, nella quale un campo del sapere culinario viene trasformato in altro, senza perdere però significato, anzi, potenziandolo. Tra le pizze che ci hanno colpito di più in questo 2024 c’è la Come un Caffè Leccese di Cristiano Taurisano, che, nel menu di Luppolo & Farina, a Latiano, ha inserito una sua interpretazione del caffe leccese (quello con ghiaccio e latte di mandorle) in formato pizza al padellino, con gel al latte di mandorla e marzapane, namelaka di cioccolato bianco al caffè, crumble di mandorle amare di San Michele Salentino e croccante al caffè. A Sanremo, Gianni Senese condensa un grande classico dei dessert da pizzeria, il tiramisù, nel Tega-misù, tegamino al cacao amaro con cremoso al mascarpone e polvere di caffè.
Ma non sono solo gli impasti cotti nei padellini, molto versatili, ad essere protagonisti di questo filone: nella Capitale, ad esempio, c’è uno degli interpreti più “classicisti” della tonda romana al mattarello – Sami El Sabawy, di A Rota – che ama rivisitare la pasticceria tradizionale nelle sue pizze dolci da condividere. Due croccantissimi dischi che racchiudono, secondo periodo, farciture come Zuppa Inglese, Torta della Nonna, Ricotta e Visciole, quasi a compendiare memorie, oltre che semplici ingredienti.