Il vino del futuro? È quello che chiedono i nuovi consumatori

5 Dic 2024, 09:27 | a cura di
Senza alcol, metodo ancestrale, in anfora: il modo di bere vino è cambiato. Meglio entrare nella testa del consumatore

Il mondo cambia, la società si trasforma e il vino non si sottrae a quei fenomeni che coinvolgono l’intero universo dei consumi. Il vino per i suoi connotati simbolici e relazionali viene investito più di altri settori economici da queste trasformazioni dei modi di vita. Siamo passati da un consumatore che fondava le sue scelte sulle pulsioni dell’ego per differenziarsi dagli altri, per uscire dall’anonimato, ad un consumatore guidato da fenomeni di emulazione, di fusione. E bere vino ora, per molti, significa ricerca delle radici, ritorno a un luogo dimenticato, celebrazione di una memoria, rinnovo di una fraternità, prender parte a una esperienza di comunità e, non per ultimo, attenzione agli aspetti salutistici dell’alcole.

Il consumo moderato a partire dall’Antica Grecia

Quello che i sociologi chiamano uno spazio socio culturale, dove l’esperienza di ciascuno contribuisce alla costruzione di una dimensione virtuale. Anche se nel passato era ben nota l’ambiguità degli effetti del vino sulla salute (in vino salus, in vino morbus), prevaleva la cultura di un uso moderato, come testimoniano gli scritti di numerosi autori greci, dall’etica della temperanza di Aristotele alla critica di Teofrasto ai consumi eccessivi di vino e l’ebbrezza.

La nascita dei movimenti antialcol nella storia

Il problema dell’alcolismo come fenomeno sociale, di massa apparve nel XIX secolo con la diffusione dei distillati di vino e di cereali, soprattutto nei Paesi del Nord Europa e in coincidenza con la cosiddetta rivoluzione industriale, che aveva trasformato intere generazioni di contadini malnutriti in operai stanchi e frustrati, che trovavano nell’alcol l’unico conforto alla loro disperazione. Nascono in questo periodo i primi movimenti antialcolici, favoriti anche dall’idea socialista, che era fortemente avversa al consumo di alcol nel proletariato e dai primi studi clinici che evidenziavano gli effetti negativi dell’abuso dell’alcol sulla salute fisica e psichica degli uomini.

Il paradosso francese

Purtroppo, questa assimilazione del vino all’alcol è prevalsa su quella del vino come bevanda salutare fino ai nostri giorni e solo con lo straordinario impatto mediatico del «paradosso francese» sul pubblico televisivo americano, il vino è stato ricollocato tra i costituenti importanti della dieta dell’uomo moderno e al centro di uno stile di vita definito per i suoi effetti benefici sull’incidenza delle malattie cardiovascolari, «mediterraneo». Il contenuto in alcole, anche se moderato rispetto ad altre bevande, è un elemento fortemente divisivo ed è uno dei fattori alla base del calo dei consumi di vino, soprattutto nei mercati dei Paesi produttori del Vecchio Continente. E non sembra esserci alcun cambiamento di rotta all’orizzonte.

Il ruolo delle donne nel consumo futuro di vino

Ancora una volta le speranze sono riposte nei giovani e in particolare nei consumi femminili. Una recente ricerca francese ha accertato che il 60% dei giovani consumatori sono di sesso femminile. L’immagine tradizionalista associata al padre di famiglia che serve il vino è sostituita dall’immagine della donna emancipata, che sceglie di bere vino e indica che le donne incarnano un sentimento di rinnovamento e innovazione per il vino: associare il vino all’uguaglianza di genere potrebbe aiutarlo a diventare più moderno. Le donne sono più predisposte verso i vini speziati, aromatici, floreali ed interessate alle novità (anche nei confronti delle varie cucine etniche) e lasciano ai maschi i vini dai gusti evoluti e strutturati.

Cosa vuole il nuovo consumatore di vino

Se ci immedesimiamo nel consumatore moderno, comprendiamo meglio la direzione che il mercato sta prendendo. Si capisce, ad esempio, da dove derivi il desiderio di acquistare vini più semplici rispetto a quelli del recente passato dove alla tecnica enologica (soprattutto quando si parla di affinamento in legno) sia affidato il ruolo più discreto possibile. Il nuovo consumatore, di fatto, chiede vini con gradazioni alcoliche che fino a pochi anni fa erano ritenute concettualmente inaccettabili. Questa tendenza, traina anche quel settore di vini ancora di nicchia. La moda dei vini «metodo ancestrale», prodotti in anfora, senza solfiti aggiunti, e ottenuti da agricolture che (almeno nella narrazione che ne viene fatta) mirano a preservare l’incolumità dell’ambiente di coltivazione, non sono in realtà che il sintomo di un consumatore che sente come sempre più cruciale il bisogno di naturalità e, quindi, in fondo di poter collegare il prodotto alla sua origine, cioè di comprenderne la natura più intima.

L’ascesa dei vini no e low alcol

È quindi necessaria una rivisitazione che appare iconoclasta, nei modi con i quali si comunica oggi il vino. Con il distacco della società italiana dai suoi retaggi contadini, il consumo del vino ha subito l’effetto di altri prodotti elitari: le masse hanno iniziato a copiare le abitudini dei ceti privilegiati, a rivendicare una propria cultura, ad edificare luoghi comuni e soprattutto a parlare. L’abitudine a bere bevande alcoliche non si acquisisce spontaneamente ma si realizza per imitazione dei comportamenti famigliari. In altre parole, essa viene condizionata dallo stile della famiglia e dei gruppi sociali di appartenenza. Oggi, i giovani bevono raramente vino a casa e frequentano luoghi di aggregazione, dove solo alcune tipologie di vino vengono consumate e spesso rappresentano la base per altre bevande.

È in ascesa il trend dei vini low e no alcol, in analogia con la birra e la tendenza spopola da tempo negli Usa e in Gran Bretagna, soprattutto tra i giovani (Millennial e Gen Z), che hanno deciso di diminuire, o eliminare del tutto, il consumo di alcol. C’è chi lo fa per motivi salutistici, o per credenze religiose, chi perché è a dieta e chi per non correre rischi quando si mette al volante. Scriveva Baudelaire: «Il vino è simile all’uomo: non si saprà mai fino a che punto si può stimare e disprezzare, amare o odiare, né di quante azioni sublimi o fatti mostruosi è capace». Solo la cultura e la conoscenza possono fare la differenza.

Il professor Attilio Scienza è il coordinatore scientifico del Corso di Alta formazione
Il vino del futuro del Gambero Rosso

Contributo a cura di:

  • Attilio Scienza

    ordinario di Viticoltura Università degli Studi di Milano

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