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Il CBD sta da tempo vivendo un momento di grande popolarità anche tra i non appassionati del settore. Il merito? È sicuramente attribuibile ai suoi punti di forza per la salute, sufficienti a elevarlo tra i più apprezzati riferimenti nel mercato degli integratori alimentari.
Ma è corretto definire il CBD come un integratore? O sarebbe più opportuno qualificarlo come un novel food o un superfood?
Proviamo a riassumere, in brevità, qualche spunto interpretativo utile per evitare confusione.
La disponibilità del CBD
Per prima cosa, giova sicuramente condividere come il CBD sia oggi disponibile sul mercato in una moltitudine di soluzioni che permettono a chiunque di trovare la propria formula preferenziale.
Per esempio, è possibile trovare il cannabidiolo sotto forma di oli al CBD, che nel caso non alimentare sono spesso la modalità più apprezzata grazie alla facilità di dosaggio e all’elevato tasso di biodisponibilità.
È altresì possibile trovare il CBD anche con le pratiche capsule, un formato che può essere considerato molto pratico per la grande precisione nel dosaggio e per la possibilità di garantirsi un’assunzione più discreta.
Non solo: sul mercato sono presenti anche cristalli di CBD puro, che possono essere utilizzati per creare preparazioni personalizzate, o ancora in softgel, spray, gomme da masticare e molto altro.
CBD come integratore, novel food o superfood: facciamo un po' di chiarezza
Tutto quanto premesso, può essere utile compiere un piccolo passo in avanti per cercare di capire in che modo il CBD possa essere qualificato sulla base della terminologia moderna.
Per primo, non è certo sbagliato parlare del CBD come integratore alimentare, considerato che le proprie benefiche di questa sostanza – ampiamente documentate da autorevole disciplina in materia – hanno dimostrato quali siano gli effetti positivi del CBD sul sistema endocannabinoide umano.
Non è nemmeno errato parlare di CBD come novel food. Il Regolamento 2015/2283 definisce infatti il novel food come un alimento che non è significativamente utilizzato per il consumo umano nell’Unione Europea prima del 15 maggio 1997. Evidentemente, il CBD alimentare estratto dalla cannabis sativa rientra molto bene in questa categoria.
Infine, è lecito parlare di CBD anche in termini di superfood. Le proprietà nutrizionali e funzionalità dell’estratto della cannabis sativa possono infatti poggiare su composti bioattivi come i cannabinoidi, i terpeni e i flavonoidi, che contribuiscono a un profilo nutrizionale di tutto rispetto.
La crescente attenzione ai superfood spinge le vendite di CBD
In questo contesto, si può altresì commentare come la crescente attenzione nei confronti di novel e superfood abbia avuto il beneficio di spingere al rialzo le vendite di CBD e di altri prodotti naturali che condividono con il cannabidiolo delle ottime caratteristiche nutrizionali.
Sebbene il termine fosse poco conosciuto fino a non troppi anni fa, oggi si può parlare di superfood piuttosto comunemente, indicando con questo vocabolo tutti quegli alimenti che hanno un’elevata concentrazione di nutrienti benefici e che, come tali, possono dare una significativa mano d’aiuto nei confronti dello sviluppo o nel consolidamento del proprio benessere.
A ben vedere, i primi segnali di superfood sono iniziati negli anni ’90, quando ha cominciato a diffondersi in misura crescente il marketing nutrizionale. L’esplosione di questa tendenza avvenne però solamente con l’avvento dei social media e con la sviluppata attenzione nei confronti di stili di vita salutari che potessero basarsi soprattutto sulla fruizione di cibi naturali e di origine vegetale.
E così, insieme al CBD, alimenti prima sconosciuti come la quinoa, le bacche di goji, l’alga spirulina o il matcha, hanno finito con il diventare delle presenze sempre più frequenti all’interno delle dispense italiane.
Naturalmente, la crescente diffusione di questi alimenti – per quanto connotati da un’elevata sicurezza biologica – non deve far passare in secondo il piano il fatto che niente può sostituire la consulenza del proprio medico quando si tratta di variare la dieta e inserire nuovi cibi al suo interno. Un’accortezza che risulta essere valida in ogni occasione, ma che lo è ancora di più nei confronti di alimenti nuovi o che, comunque, sono contraddistinti da un profilo nutrizionale molto vario, tanto da rendere particolarmente eterogenea questa categoria.