“Così il Bordeaux ha perso la sua identità". Michel Bettane racconta la crisi del prestigioso vino francese

7 Nov 2024, 08:46 | a cura di
Speculazioni e mancanza di visione hanno trasformato il fine wine francese in un prodotto di massa. Il critico enologico punta il dito anche contro il sistema delle vendite en primeur

Casse di Bordeaux usate come semplice arredamento in un ristorante di Borgogna? Non è solo una scena surreale, è il simbolo di un disincanto. Il prestigioso vino della regione vitivinicola francese, «I sommelier non lo servono, i commercianti di vino non lo comprano e gli amanti del vino non lo bevono». Così Michel Bettane, critico enologico di origine francese, ha severamente criticato l'industria vinicola di Bordeaux sul magazine World of Fine Wine, mettendo a nudo ciò che non funziona più nel commercio interno della regione. Da speculazioni rischiose a una qualità poco identificabile, il Bordeaux sembra aver smarrito il proprio prestigio tra marketing, mancanza di visione e una decadenza inarrestabile.

L’amara campagna en primeur 2023

La campagna en primeur 2023 (ne avevamo già parlato qui) ha visto una drastica riduzione dei prezzi, con un 30 per cento in meno rispetto alle quotazioni dell'annata 2022 (vale a dire 360 euro a bottiglia rispetto ai 516 euro di un anno prima). Nonostante i volumi ridotti e un'ottima qualità - «tra i migliori mai usciti en primeur», riflette Bettane - il mercato non ha reagito, deludendo le aspettative di molti. Così le bottiglie restano invendute: sommelier e ristoratori non le vogliono più e gli appassionati di vino mostrano un crescente disinteresse, influenzati da critiche e opinioni disincantate (anche da parte dei giornalisti del settore). Bettane racconta di casse di vino bordolese impilate come semplice arredo in un ristorante della Borgogna, vuote, riempite di vini di altre regioni o Paesi. «Noi francesi, naturalmente, ci siamo sempre divertiti a rompere i giocattoli che non vogliamo più» osserva con un pizzico di ironia Bettane. Tuttavia, è proprio l’incapacità dei produttori e distributori di Bordeaux di assumersi la responsabilità di questo fallimento che, a suo parere, rende la situazione ancora più allarmante.

Le speculazioni e la crisi dell’identità bordolese

Uno degli errori più fatali è stata l’ossessione per la speculazione, che ha contaminato il commercio del Bordeaux fino a divenire il suo punto di rottura. Negli anni di prosperità, il Bordeaux ha accumulato profitti grazie a ricarichi altissimi e a un mercato che sembrava non conoscere crisi. Tuttavia, questa «strategia commerciale del compra basso, vendi alto», ha condotto il Bordeaux ad una corsa senza controllo, lasciando i consumatori a bocca asciutta e senza riferimenti. Per anni, i produttori hanno puntato su un’estetica di facciata, commercializzando i cosiddetti petits châteaux nella grande distribuzione, con «Etichette vuote vendute senza un’identità chiara né un reale legame con il terroir. Cosa ne sapevano i consumatori?» si chiede Bettane, ammettendo che questo approccio ha finito per allontanare il pubblico: quando il mercato si è disilluso, la crisi era già in atto e le vendite hanno subito una frenata che ancora oggi segna profondamente il commercio del Bordeaux.

Il Bordeaux è diventato un prodotto di massa

La gestione della fama e del posizionamento sul mercato hanno preso direzioni diverse in Francia, in particolare quando si osserva l’esempio della Champagne. In quest'ultima regione vinicola i produttori hanno saputo creare una solida identità anche nelle vendite al dettaglio, senza sacrificare la qualità dei propri vini. Le controparti bordolesi, invece, non hanno compreso come preservare il valore del proprio marchio, finendo per mercificare il Bordeaux al punto da trasformarlo in un prodotto di massa. Il critico francese evidenzia come sia venuta a mancare una brand equity: «una disonorevole mancanza di visione» che, a suo parere, ha ridotto il vino bordolese a una mera merce. Ma il problema non è solo l’inflazione di etichette e la gestione del brand. Bettane punta il dito contro il sistema di vendita en primeur, un processo in cui i clienti comprano bottiglie non ancora invecchiate, pagandole in anticipo e affidandosi alle valutazioni di “esperti” e critici che spesso, sottolinea, «non hanno alcuna formazione» e si affidano a punteggi discutibili. L’illusione di fare facili guadagni con i futures si scontra con la realtà, dove troppo spesso si ritrovano bottiglie invendute o sottoprezzate sugli scaffali. Questo sistema ha finito per allontanare molti acquirenti che, sentendosi ingannati da questo approccio elitario e distante, hanno smesso di investire nei vini di Bordeaux.

Quale futuro per il Bordeaux

Secondo Bettane, il Bordeaux può ora scegliere una delle due direzioni possibili. La prima è quella di perdere definitivamente la propria base di clienti, cedendo al mercato solo i grandi marchi che oggi vengono acquistati come oggetti da investimento più che per essere bevuti. Un Bordeaux, in questo scenario, si riduce a uno status symbol per pochi ricchi speculatori. L’altra strada, forse più rischiosa, è quella di riscoprire la propria identità e ricostruire il valore del proprio prodotto. Bettane si dichiara indignato dalla deriva speculativa e chiede un cambio di rotta. Per lui, Bordeaux dovrebbe tornare a essere una regione che valorizza la qualità del proprio terroir, invece di alimentare bolle speculative che sviliscono l’essenza stessa dell’agricoltura e del vino.

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