Lonely Planet, la guida turistica mainstream più famosa al mondo, croce e delizia delle città che attira migliaia di visitatori all'anno, ha inserito Genova tra le trenta migliori destinazioni per il 2025. Un riconoscimento che può cambiare notevolmente i flussi turistici, anche se ultimamente la capitale ligure non necessita di questa iniezione di carburante: il turismo è in crescita già da tempo, rappresenta il 10 per cento del Pil regionale, i dati forniti dall’Osservatorio turistico regionale relativi a tutto il 2023 registrano una situazione in crescita rispetto al 2022 con oltre 5,2 milioni di arrivi (+5,8%) e oltre 16 milioni di presenze (+3,6%); a Genova, in particolare, l'anno scorso si è raggiunta una cifra record: secondo i dati pubblicati dal Comune, elaborati da Tourist tax, i pernottamenti sono cresciuti del 13,6%, passando da 2.366.042 di due anni fa ai 2.668.042 del 2023. La notizia di Lonely Planet è stata applaudita dal neo presidente della Regione, Marco Bucci, che ha governato la città di Genova dal 2017 (si dimetterà da sindaco a breve): «Questo conferma che siamo sulla strada giusta e occorre continuare così». Ma davvero l'aumento indiscriminato del turismo è una buona notizia?
Turismo aggressivo
La domanda è retorica, la risposta molto meno, tenendo conto che l'Italia soffre sempre di più della piaga dell'overtourism o sovraffollamento turistico. Ma andiamo con ordine. Bucci ha celebrato il 2023 come l'anno record sul fronte della ricevitiva turistica, sostenendo di voler proseguire su questa strada ampliando il “Patto per il Turismo” e coinvolgendo maggiormente i comuni. Propone la creazione di nuove Destination management organizations (Dmo), che altro non sono degli uffici turistici locali che secondo il nuovo governatore dovranno coordinarsi «con l'Agenzia in Liguria» per «migliorare la pianificazione». Secondo quanto scrive Vdnews, piattaforma di informazione multimediale dedicata a Gen Z e Millennial, la strada intrapresa negli ultimi sette anni dal sindaco uscente è quella di rilanciare Genova «con un’apertura aggressiva al turismo, un percorso iniziato nei primi anni Duemila con le amministrazioni di centrosinistra», ma che con l'esponente della destra meloniana «ha trovato piena applicazione nell’epoca dell’overtourism e dei servizi di affitti brevi». I critici del modello Bucci, infatti, sostengono che le politiche messe in campo finora hanno contribuito al «profluvio di turisti mordi e fuggi» che a Genova passano durante i viaggi in crociera. Il timore, quindi, è che ora, dopo la vittoria di Bucci, quel modello possa essere esportato in tutta la regione, mettendo ancora più in difficoltà le zone soffocate dal turismo.
La città per loro
Qual è il modello Genova? Lo ha riassunto benissimo la giornalista Elena Nieddu, che in città ci vive, in un articolo pubblicato dal Post, dal titolo molto eloquente: Genova per loro. Nieddu ricostruisce il cambiamento socio-antropologico che i residenti hanno subito nel corso del tempo. Se è vero che il turismo "porta soldi", è altrettanto vero che quello di massa trasfigura i centri storici, l'offerta abitativa e i prezzi delle città: «Accade qui quello che succede in molti altri centri storici, a cominciare da Roma, Torino e Milano: chiudono i negozi di prossimità, aprono bed&breakfast e dehors», ha scritto la giornalista a gennaio 2024. «Lo spazio pubblico è privatizzato. Crescono gli affitti; gentrificazione e disagio si sovrappongono. Molti dei residenti abbandonano il centro storico per aree più periferiche: mentre certe aree diventano più costose, con ovvi vantaggi per chi ha case da vendere, altre vengono lasciate al degrado».
A Genova le giovani generazioni, continuano ad andarsene. Nel 1971 la città contava oltre 800mila abitanti, oggi ne sono rimasti 562mila, e si stima che nel 2050 saranno 350mila. Al loro posto la città attrae visitatori alto spendenti, spesso in viaggio con le crociere che incentivano le visite in giornata che non portano un vero apporto economico alle città o ai borghi visitati, non essendoci neppure il pernottamento. La zona della città che è cambiata di più - ed è anche l'altra faccia della medaglia turistica - è quella della Stazione Marittima, oggi sede universitaria, vicina al porto dove attraccano le enormi navi da crociera. Lì è in costruzione la nuova funivia che collegherà la Stazione al Forte Begato, una delle sedici fortificazioni di un sistema militare costruito fra XVIII e XIX secolo, di proprietà del Comune che, a sua volta, dà in concessione ai privati per sfruttarne le potenzialità turistiche. La funivia sorvolerà il quartiere Lagaccio, da cui prendono il nome dei biscotti storici (nati nel 1593) a base di burro e cotti due volte. Ma gli abitanti di questa zona sono convinti che avrebbero bisogno di altro. Negli ultimi anni, racconta Nieddu, circa 11mila persone hanno perso dei presidi importanti per la vita di tutti i giorni: il consultorio, l’ufficio postale, i laboratori di artigiani, molti negozi di alimentari.
Soglia fisica
Il punto è proprio questo, l'equilibrio difficilissimo tra promozione del turismo, che porta anche dei benefici al tessuto socio-produttivo, e rispetto delle comunità interessate. Se questo bilanciamento viene meno, il turismo si trasforma in overtourism e i residenti iniziano a soffrire. Dopo la crisi pandemica, il turismo in Italia è tornato ai livelli del 2019 ma nel frattempo nessun governo ha ancora risolto i problemi legati agli stravolgimenti ambientali, sociali ed economici causati dall’overtourism. Certo, né Genova né in generale la Liguria sono soffocate dai visitatori come Venezia o Firenze, ma entrambe non sono lontane dall'arrivarci. Questa estate abbiamo parlato più volte del caso delle Cinque terre, in redazione ci siamo interrogati se fosse stato giusto consigliare posti dove andare a mangiare, mentre i pochi residenti rimasti non hanno più neppure negozi di vicinato dove fare la spesa e le amministrazioni locali corrono ai ripari ipotizzando semafori per rallentare o spostare gli arrivi.
Il sociologo Marco D’Eramo nel libro Il selfie del mondo spiega questo concetto con la fisica: «Come per i corpi c’è una temperatura precisa in cui passano dallo stato solido a quello liquido (…), ed è la temperatura in cui avviene la transizione di fase, così si può definire una soglia precisa che separa una città turistica in senso stretto da una città che vive anche di turismo». Al di sotto questa soglia «i turisti mangiano in ristoranti che cucinano per i locali»; oltre, «i residenti dovranno mangiare in trattorie mirate al mercato turistico». Insomma, chiude Nieddu parafrasando D’Erasmo, va benissimo vivere anche di turismo mentre vivere solo di turismo porta nel medio-lungo periodo a stravolgere le città nella loro dimensione estetica e umana.