Cattive notizie per le aziende agricole. Il cambiamento climatico ha provocato un calo del valore aggiunto del 2,5%

12 Set 2024, 14:43 | a cura di
Vino e ortofrutta sono i settori che soffrono di più degli effetti della crisi climatica. Ma 8 aziende su 10 investono in tecnologie per ridurne l'impatto

L'impatto negativo dei cambiamenti climatici sull'agricoltura ha provocato nel 2023 una riduzione del valore aggiunto del 2,5 per cento, con una forte diminuzione per vino (-17,4%) e per ortofrutta (-11,2%), con riduzioni seppure meno importanti per olivicoltura (-3%) e florovivaismo (-3,9%), a fronte di annate favorevoli per cereali (+6,6%) e colture industriali (+10,2%). Lo si legge nel rapporto Agrifood future 2024, curato dal Centro studi Tagliacarne e presentato domenica 8 settembre, a Salerno, da Unioncamere e Camera di commercio di Salerno. A febbraio 2024, Censis e Confcooperative avevano già provato a elencare gli effetti del climate change sul comparto agricolo e agroalimentare, parlando di Italia come Paese maggiormente colpito tra quelli europei, con 17 miliardi di euro nel 2022 e oltre 200 nel lungo periodo, tra 1980 e 2022.

Gli investimenti in tecnologia

Le imprese non sono rimaste a guardare in questi anni. «Consapevoli che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia sempre maggiore, oltre l'80% di quelle agricole sul territorio nazionale e il 90% nel Mezzogiorno ha investito in tecnologie per ridurre o annullare l'impatto ambientale», ha sottolineato Andrea Prete, presidente di Unioncamere. In particolare, il 44,2% lo ha fatto perché l’inquinamento e il cambiamento climatico rappresentano un rischio per l’azienda e la società (42,6% nel Mezzogiorno), mentre il 54,5% ha investito in propri impianti di produzione di energia rinnovabile (Mezzogiorno 64,4%). I settori agricolo e alimentare, come ha ricordato il rapporto presentato a Salerno, pesano per il 4,2% del valore aggiunto complessivo in Italia (2,2% agricoltura e 2% per l'alimentare) ma considerando l'intera filiera Agrifood (come definita nella strategia europea S3-smart specialisation strategy che ricomprende anche quota parte di attività manifatturiere, commerciali, ristorative, trasporti e consulenza) e aggiungendo il settore agricoltura si arriva a rappresentare circa il 27% del fatturato delle imprese nazionali.

La spinta tecnico-professionale

Gli anni recenti (2020-2022), quelli che includono il biennio pandemico, hanno visto le imprese agricole italiane investire nel miglioramento delle competenze della propria forza lavoro: il 64,5% ha destinato risorse per far crescere le attuali competenze tecnico-professionali (il 65,3% nel Mezzogiorno); il 44,9% degli imprenditori ha puntato su nuove competenze tecnico-professionali (50% nel Mezzogiorno); l'11,9% ha deciso di fare entrare nuovi lavoratori di elevata specializzazione (16,7% nel Mezzogiorno).

Le prospettive sui ricavi

Con un occhio specifico al Mezzogiorno, Unioncamere e Centro studi Tagliacarne hanno sondato le aspettative degli imprenditori per il 2024 e per il 2025. Il rapporto evidenzia una previsione di crescita del fatturato per il settore agroalimentare del Mezzogiorno nel 2024-2025. Circa il 40% delle imprese si aspetta un aumento entro il 2025, con una maggiore attenzione a digitalizzazione, tecnologie avanzate e responsabilità ambientale. Il 46% prevede ricavi stabili, mentre il 12% stima una riduzione del giro d'affari.

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L'intelligenza artificiale per il futuro

Ma come è usata, nel Mezzogiorno, l'intelligenza artificiale (Ia) da parte delle imprese agroalimentari? Nel periodo 2021-2023, il livello di diffusione della cosiddetta Ia è pari al 4 per cento (dato in linea con la media nazionale) con una previsione del 10% tra 2024 e 2026. Tre le principali attività in cui è più presente: l'automazione dei processi produttivi guida la classifica (67,9%), seguita dal controllo qualità (60,4%) e dall'incremento della produttività (58,5%). Ma le imprese scelgono questa nuova tecnologia anche per le operazioni contabili (45,3%), analizzare i dati della catena di fornitura (41,5%), analizzare il comportamento dei consumatori (39,6%), migliorare i processi decisionali interni (37,7%) e per la customer service e le consegne a domicilio (30,2%). Infine, le imprese la utilizzano anche per riciclare (22,6%), come supporto nella selezione dei materiali (20,8%) e per selezionare il personale (11,3 per cento).

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