"La Puglia non è più nostra". La lotta dei bagnanti per salvare i pranzi al sacco sulle spiagge pugliesi

3 Set 2024, 17:24 | a cura di
Un recente articolo, il New York Times racconta un’usanza italiana e mostra all’estero un ritratto sociale che è a rischio di estinzione

La questione del pranzo al sacco in spiaggia ha recentemente catturato l'attenzione dei media internazionali, sottolineando l'importanza di questa tradizione nella cultura del nostro Paese. Un lungo reportage a cura di Emma Bubola sul quotidiano The New York Times ha dato risonanza a un tema che, seppur molto locale, tocca corde profonde legate alla cultura e al modo di vivere degli italiani. L'articolo, corredato dalle bellissime fotografie di Francesco Guerra che catturano tavolate imbandite e ricche pietanze, sorride con ironia all'opulenza dei banchetti, e racconta l'estate sul litorale di Bari come un esame antropologico, attraverso gli elaborati pranzi in spiaggia che sono una tradizione popolare di lunga data. Tradizione che ora viene minacciata dall'ascesa degli stabilimenti balneari privati.

La polemica del pranzo al sacco sbarca oltreoceano

Ore 13, spiaggia di San Girolamo a nord di Bari, il sole è allo zenit e le temperature si avvicinano ai 40 gradi, l'odore dei peperoni friggitelli scottati, racconta la giornalista, si fa strada attraverso un fitto labirinto di ombrelloni e sdraio. Su tavoli di plastica, i mazzi di carte da gioco e cruciverba vengono rapidamente sostituiti da tovaglie di cotone, e voci che chiamano a raccolta i bambini per il pranzo. I contenitori di alluminio rivelano una pletora di lasagne, riso patate e cozze, pasta ai frutti di mare, polpi crudi e salsicce rosolate, i protagonisti della vecchia tradizione italiana del pranzo in spiaggia. Ma da due anni a questa parte, racconta Bubola, l'amato rituale è diventato fonte di tensione. Gli abitanti del posto hanno notato che un numero crescente di stabilimenti balneari privati sono sorti sulla costa pugliese intorno a Bari, una roccaforte dei picnic in riva al mare, luoghi che hanno iniziato a vietare alle persone di accedere con le proprie vettovaglie.

Molti stabilimenti somministrano pietanze e non gradiscono i pasti portati da fuori. «Su una spiaggia privata, non è bello vedere queste tavolate», ha detto Erika Scarimbolo, 23 anni, cameriera al bar del Lido Adria 3.0 di San Girolamo, una delle tante attività sorte negli ultimi anni con il boom del turismo nella regione. «C'è bisogno di un po' di decoro». In un Paese in cui per molti il pranzo e la spiaggia sono i protagonisti spesso inestricabili dell'estate, le nuove direttive hanno provocato scompiglio. Parlando degli scontri ai cancelli degli stabilimenti, Bubola cita il Corriere della Sera, Puglia: la "guerra" del pranzo al sacco in spiaggia. Decine di articoli hanno poi cercato di rispondere alla domanda se fosse legale impedire alle persone di portare cibo in spiaggia.

L'overtourism, la privatizzazione delle spiagge e i divieti

Per legge, nessuno può impedire ai bagnanti di portare cibo sulle spiagge, che sono tutte parte del demanio. Eppure negli stabilimenti privati, che operano in base a un accordo legale particolare (le concessioni), alcuni proprietari hanno deciso di imporre delle "regole non scritte" sul mangiare in spiaggia, tra cui il non portarsi il cibo da casa. Ma per alcune famiglie di lavoratori pugliesi, che si sentono escluse dalle loro spiagge divenute ormai sempre più popolari, privatizzate e costose, queste imposizioni sono state viste come un'ulteriore affronto. I loro pranzi, hanno detto, sono l'ultimo bastione di felicità in una regione che molti ora faticano a riconoscere. «È illegale quello che fanno, quando ti mettono le mani nelle borse», protesta un bagnante. «Per non fare a pugni, veniamo qui». La spiaggia di San Girolamo, una sottile striscia di sabbia sovrastata da palazzoni è fra le poche rimaste "libere".

Il numero di stabilimenti balneari in Puglia è aumentato del 50 per cento negli ultimi dieci anni, il turismo estero è più che raddoppiato e alcune parti della costa sono diventate praticamente inaccessibili alle famiglie meno abbienti. «La Puglia non è più nostra», dice uno dei bagnanti intervistati da Bubola, al tavolo dove si stanno mangiando frittura di gamberi, spaghetti ai frutti di mare e peperoni arrostiti con tonno, aglio e prezzemolo. Ricorda i tempi in cui le spiagge di Savelletri, ora sede del resort di lusso Borgo Egnazia che ha ospitato il vertice del G7 a giugno, erano aperte a tutti. «Ora hanno comprato tutto», dice. Dal canto suo, il proprietario dello stabilimento Lido Adria 3.0, comprende che «è profondamente radicato nel nostro sangue portarsi mezza cucina al mare», e mantiene i prezzi bassi per soddisfare le esigenze delle famiglie locali. Ma aggiunge, «bisogna farlo con misura». A pochi metri di distanza, sulla parte di spiaggia libera, c'è poca misura. La famiglia Stasi, racconta la giornalista, è arrivata con diverse tende, una dozzina di teglie, fornelli portatili, secchi traboccanti di passata di pomodoro, bottiglie da due litri piene di olio d'oliva e una serie di borse frigo.

I pranzi dei "fagottari" a base di lasagne e polpette

Il termine "fagottari" si usa per descrivere chi porta il pranzo in spiaggia fin dagli anni Cinquanta, quando è esploso il turismo balneare di massa dopo il Secondo conflitto mondiale, e gli operai finalmente potevano recarsi sulle spiagge del litorale per le loro ferie estive. Nel corso del tempo, questa abitudine, racconta Bubola ai lettori statunitensi, è diventata meno diffusa: molti comprano panini o fanno uno spuntino ai chioschi e baretti sulla spiaggia. Ma secondo un sondaggio di Coldiretti Puglia, l'aumento dei prezzi ha spinto un numero crescente di baresi a tornare a portarsi il cibo da casa in spiaggia. Mentre la maggior parte preferisce le insalate di riso o pasta fredda, secondo il sondaggio, oltre il 20 per cento della popolazione preferisce ancora le lasagne, la parmigiana di melanzane, le polpette o la frittata. C'è pure chi griglia il cavallo.

I picnic in spiaggia che riuniscono le famiglie

Per molti statunitensi, uno dei tratti culturali italiani più interessante è quanta importanza diamo al mangiare tutti insieme. Culturalmente, a meno che non si abbia sangue europeo nelle vene, la tavolata di famiglia negli Stati Uniti è rara. Le famiglie WASP si radunano attorno al tavolo solo per le feste comandate: Thanksgiving, e (anche se meno frequentemente) Natale. I pasti di tutti i giorni, invece, sono una sosta in mezzo agli impegni. I bambini pranzano (parola grossa) a scuola, e giusto la sera a cena siedono a tavola con i genitori. Altrimenti ognuno mangia per conto suo. In Italia, al contrario, e specie d'estate, le famiglie passano molto tempo insieme, a tavola questo momento conviviale tocca il picco. Il rituale "A tavola!" dove tutti accorrono o partecipano alla preparazione e poi passano il tempo insieme a mangiare, all'estero è visto con stupore, ammirazione, persino una punta d'invidia.

Molte delle signore alla spiaggia libera pugliese, racconta la giornalista, si svegliano tra le 4 e le 6 del mattino per preparare il pranzo: riso con le lenticchie, seppie imbottite o la cialda, l'insalata barese di pomodori, cetrioli, patate e cipolla rossa di Acquaviva. Tutti seduti a tavola, dalle bisnonne ai neonati di poche settimane. Si chiacchiera, si mangia (tanto), si scambiano battute. Ci si parla, cosa che gli stranieri fanno meno. Si offrono porzioni di frittata di riso agli ambulanti provenienti dal continente Africano che lavoravano sulla spiaggia, e si sta tutti insieme per ore, in un interminabile (e godibile, aggiungiamo noi) flusso di risate e focacce.

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