Overtourism, casse piene ma a quale prezzo? Il turismo superficiale e approssimativo è un problema di tutti

30 Ago 2024, 15:45 | a cura di
L’eccesso di turisti (o presunto tale) è la faccia di una medaglia che nasconde anche altro e ci riguarda tutti
Il presidente di Federalberghi, come riportato dal Gambero Rosso, ha fatto quello che farebbe qualsiasi rappresentante di una categoria, difendere chi porta loro i denari. Il punto però non è questo, anzi la difesa di ufficio è obbligata. Ma vorrei soffermarmi su un altro punto e su alcuni dati di fatto. È fuori di dubbio che le città trabocchino di turisti con zaini e panini, che attendono mezzi pubblici spesso inadeguati, che fanno la fila per musei di ogni tipo e che affollano bed & breakfast improvvisati. Tutto bene? Sì per le casse degli esercenti. Ma in fondo perché si sballonzola in giro per il mondo e si intasano le città? La facilità di viaggiare, partita dal fenomeno “low cost”, ha reso molti instancabili viaggiatori e imperterriti Indiana Jones oltre che maratoneti di capitali (tralasciamo poi le condizioni a cui spesso ci viaggia, in orari improbabili e aeroporti riesumati dall’oblio).

Overtourism e impoverimento gastronomico

Overtourism è una parola orribile ma rende bene l’idea di città invase da bermuda e infradito, da punti ristoro che si moltiplicano come funghi, quasi sempre di pessima qualità con servizio indecenti. Si è parlato molto, ad esempio, del caso di Bologna anche qui sul Gambero Rosso e, checché ne dica il suo sindaco, è una città invasa da taglieri e spritz (la cosa più lontana possibile dalla cultura bolognese) che stanno oscurando la tradizione vera. Turisti che a due passi da casa loro ignorano tutto e che in vacanza cercano come forsennati punti di interesse.

Come disse Philippe Daverio, non si capisce come si possa apprezzare un museo con decine e decine di opere in un’ora se va bene, quando ogni opera richiederebbe un tempo di contemplazione e spesso un po’ di conoscenza per apprezzarla. Ma il turismo mordi e fuggi ha i sui tempi, bisogna correre, mettere una bandiera, postarla sui social, e poi di nuovo verso un altro museo e il piatto tipico del posto cercato su Tripadvisor.

Il risultato di tutto questo è una iperattività turistica che per poche settimane fa diventare molti “esperti” di culture lontane (anche millenarie) per poi farle tornare nell’oblio appena rientrati a casa. Un turismo superficiale, approssimativo, lontano anni luce dalla conoscenza e dalla ricchezza autentica, un turismo vittima dei tempi dell’iperconnessione e della visibilità fine a se stessa. Nessun giudizio, solo una constatazione. Non ci sono rimedi, non ci sono tasse di soggiorno o numeri chiusi che tengano. Ormai il galleggiamento culturale ha pervaso anche il turismo, l’approfondimento è stato sostituito dalla superficialità, la massificazione ci ha trasformati in un grande gregge indistinto. Però le casse sembrano piene, e qualcuno (giustamente) brinda.

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