C'è un tavolino quadrato con una sedia, sul tavolo un piatto di pasta; entra un uomo, si spoglia rimanendo in boxer, poi indossa una giacca e comincia a mangiare, prima con la forchetta, poi con le mani, si lecca le dita con insistenza e va via. Cambia quadro: stessa scena, altro protagonista. Arriva una donna, si toglie tutti gli abiti e mangia nuda. Poi si alza, raccoglie i suoi vestiti e va via. «Eat. Stop talking, get naked» recita il claim. È la nuova campagna di comunicazione di Trattoria Contemporanea.
Clienti messi a nudo
Luca Di Pierro, direttore creativo e tra i fondatori del ristorante di Lomazzo insieme a Luca Bernasconi, la spiega così: «Questa campagna è dedicata al rapporto tra uomo e cibo, volevamo indagare la complessità di questo rapporto, la possibilità di spogliarsi delle sovrastrutture anche nel contesto di un ristorante fine dining, per andare all'essenza di un piatto e dell'atto del mangiare». Nei video, ma ci sono anche delle foto, alcune persone mangiano nude.
Chi sono queste persone? Clienti, simpatizzanti, follower, amici. Nessun attore o modello: è stata fatta una open call cui hanno partecipato oltre 200 persone tra le quali sono stati reclutati i 16 protagonisti della campagna realizzata in collaborazione con il fotografo Duglas Andreetti. «Per noi è già incredibile l'idea che 16 persone abbiano accettato, mettendosi a mangiare nudi mettendo in mostra la propria storia, quella che racconta il corpo, per esempio con i tatuaggi. Probabilmente, la richiesta ha incontrato un'esigenza già presente, di sperimentare e vedere come si sarebbero sentiti facendo una cosa così forte davanti a una videocamera». Ognuno poteva spogliarsi come e quanto voleva, togliersi solo i calzini o rimanere completamente nudo. «Ognuno l'ha fatto a suo modo, e ognuno ha approcciato al piatto a suo modo, chi assaporando con calma, chi mangiando voracemente. Il senso era anche far emergere l'unicità di ogni persona.
Il rapporto corpo-cibo
Mangiare nudi è una cosa audace, ma è anche un'opportunità di immergersi nel momento». Sentire, emozionarsi, avere percezione di sé e del modo in cui il proprio corpo occupa lo spazio smettere di parlare di cibo, ma viverlo. «Il rapporto cibo-corpo è pieno di sfumature e significati, non pensiamo con questa campagna di fare critiche o dare risposte, ma magari di suscitare domande». Partendo dalla scelta di coinvolgere persone comuni, con i loro corpi comuni e insieme speciali, la cui bellezza è fatta anche di imprecisioni, segni, tatuaggi, smagliature, qualche piega che rende questi corpi imperfetti secondo una certa estetica patinata. Corpi che qualcuno si ostina a definire non conformi in virtù di una conformità inesistente, costruita di paradigmi irraggiungibili che di certo non prevedono il piacere della tavola.
Invece viviamo nel paradosso che ci vuole in perfetta forma e perennemente alle prese con il cibo, allegramente e inconsapevolmente pronti a mordere, masticare, deglutire. Come se le due cose non avessero legami tra di loro. Occorre ricordarsi, ogni tanto, che mangiare è anche un atto fisiologico che ci dà gioia, piacere, emozione, ma anche pena, dolore, fatica, che il corpo non è separato dalla bocca, dallo stomaco, dall'intestino. Talvolta basta spogliarsi per ritrovare nel corpo un detonatore di verità.
Qualcuno potrà dissentire, qualcun altro potrà commentare che sia l'ennesima strumentalizzazione. Di fronte alla campagna di comunicazione, tra i molti apprezzamenti, c'è chi ha storto il naso «sappiamo di esporci anche a qualche critica ma pensiamo sia importante avere un proprio punto di vista, manifestare la propria identità, è un modo di mantenere uno sguardo rivolto al futuro» replica Di Pierro. La nudità è un elemento di facile presa sul pubblico, ma non è solo questo: «la nudità e il corpo sono temi forti, come lo è il cibo, il modo in cui uno mangia oltre che il piatto in sé. Ha a che fare con la bellezza, con la libertà e le sensazioni».
La comunicazione di Trattoria Contemporanea
Non è la prima campagna d'effetto di Trattoria Contemporanea: sfogliando i canali social si trovano contenuti diversi, docufilm che raccontano in presa diretta la vita in cucina e in sala, video che mostrano da un punto di vista inconsueto gli impiattamenti, cicli di immagini in bianco e nero, ritratti di gusto retrò, animazioni. «Cerchiamo di avere un punto di vista orizzontale rispetto alla cucina. In genere c'è uno sguardo verticale: ti faccio vedere il piatto bello. A noi questo non interessa, la cucina è prosa e poesia, tecnica e narrazione. L'estetica da sola non basta se non ti dà emozione, se non ha un equilibrio, armonia, una storia da raccontare. Ci eravamo scocciati di questa estetica del piatto puro e semplice, volevamo dire di più».
Luca Di Pirro, come direttore creativo del ristorante, si occupa di ogni elemento visuale, piatti esclusi - quanti ristoranti conoscete che hanno un direttore creativo? - e studia una comunicazione che possa raccontare questo posto. Un ristorante moderno, vitale, parte integrante del coworking Fabbrica Campus al pari di postazioni, lockers di Amazon, spazi comuni; un locale guidato da un collettivo di 4 chef (Davide Marzullo, e insieme a lui, Christian Malatacca, Andrea Noto, Elena Orizio) e una brigata dalla idee chiare: «In ogni piatto che prepariamo mettiamo un pezzo di noi stessi: è il mezzo per connetterci con i nostri ospiti, per condividere una parte della nostra storia e vederla esprimersi attraverso loro. In Trattoria vogliamo che i nostri ospiti si sentano liberi di esprimere ciò che realmente provano, senza il timore di essere giudicati. È questo il vero valore del nostro lavoro: far sentire le persone bene a tavola, a proprio agio, accompagnandole in un viaggio totalizzante».