A rischio estinzione il 90% delle aree costiere e pianeggianti che producono vino. A lanciare l’allarme (non il primo) è Legambiente, dalla sua FestAmbiente (7-11 agosto a Ripescia, Grosseto), che riapre così il tavolo della discussione su clima e agricoltura, a partire dai dati di Nature Reviews Earth & Environment.
Nel 2023 produzione agricola a -4%
Non usa giri di parole l’associazione che da 40 anni si batte per l’ambientalismo scientifico: qualora le temperature globali dovessero aumentare di oltre 2 gradi entro la fine del secolo, le conseguenze sarebbero disastrose. I primi effetti sono già sotto gli occhi di tutti: in Italia, secondo i dati Istat, nel 2023, si è già registrato un calo della produzione del 3,9%. Ed è il vino il settore che ha pagato il conto più salato in termini di volumi (-17,4%), seguito da frutta (-11,2%) e olio d’oliva (-3%). D'altronde lo spostamento dei vigneti in alto e verso Nord è già una realtà, come dimostra la nuova mappa vitivinicola sempre più protesa verso la viticoltura dei Paesi del Nord Europa: dall'Irlanda alla Scandinavia.
Sbagliato prendersela con il Green Deal
Legambiente lancia, quindi, il suo appello agli agricoltori: basta guerra al Green Deal. Il riferimento è a quanto avvenuto nei mesi scorsi, quando dalla protesta dei trattori – complice la politica - ha indicato un unico grande nemico: la transizione ecologica. L’associazione, guidata da Stefano Ciafani, prova quindi a rovesciare questo paradigma: «La riconversione ecologica del settore agricolo – argomenta il presidente – non è più rimandabile. Gli eventi climatici estremi ai quali abbiamo assistito parlano chiaro e ci fanno ben capire che il tempo di agire è adesso. Adattamento e contrasto alla crisi climatica devono essere i pilastri delle politiche locali, nazionali ed europee. Il made in Italy deve orientarsi nella giusta direzione, facendo fronte alle richieste dei mercati per cibi più sani e sostenibili, in linea con quanto previsto dalle direttive europee. Le energie rinnovabili, come l’agrivoltaico e la produzione di biometano, rappresentano l’unica strada percorribile per creare sinergie positive tra produzione da energie rinnovabili e agricoltura, stando alla larga da strumentalizzazioni e inutili rimpalli. In questo senso, il settore agricolo deve smetterla di prendersela con il Green Deal, suo migliore alleato».
Rivedere il piano sui fitofarmaci
Dopo un autunno e un inverno di proteste che hanno visto gli agricoltori d’Italia e d’Europa scendere in strada per chiedere più sostegni, Legambiente torna a sollecitare il governo Meloni avanzando alcune proposte, affinché vengano dati fiato e gambe alla task force ministeriale per supportare il settore. In primis, l’approvazione del Sur, il Regolamento per l’Uso Sostenibile dei prodotti fitosanitari, che continue richieste di rinvii da parte di alcuni Paesi (tra cui l’Italia) rischiano di far slittare ulteriormente. A livello nazionale, Legambiente rilancia l’approvazione del nuovo Pan (Piano d’azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) per l’utilizzo di fitofarmaci, la cui ultima stesura risale al 2014. Contestualmente l’associazione chiede la definitiva messa al bando di alcuni insetticidi, tra cui l’Acetamiprid (il più utilizzato in agricoltura) e dell’erbicida glifosato, «la cui proroga di ulteriori dieci anni rischia di segnare un punto di non ritorno per la biodiversità a partire dalle api, gravemente minacciate da queste sostanze».
Più rinnovabili e biodistretti
C’è, poi, la partita sulle energie rinnovabili, come alternativa per contrastare la febbre del Pianeta e fare fronte al ricatto del gas, a partire dal biometano «fatto bene» e dall’agrivoltaico. Infine, il contrasto all’abbandono delle aree coltivate e gli incentivi all’occupazione giovanile in agricoltura per favorire la nascita di nuovi biodistretti, ovvero quelle aree naturalmente vocate alla produzione biologica che potrebbero da una parte incentivare le politiche occupazionali giovanili e dall’altra moltiplicare le buone pratiche virtuose.