"Sciopero dei balneari? Non so quanto sia utile, era meglio agire prima". Intervista a Mauro Uliassi, chef di Senigallia

9 Ago 2024, 13:08 | a cura di
Secondo lo chef, se l'applicazione della Bolkestein porterà alla mesa al bando degli spazi demaniali, si dovrà tenere conto degli investimenti degli operatori uscenti: "Il problema più grosso è l'assenza di chiarezza su quello che succederà nel 2025"

L'estate del 2024 sarà ricordata per il caldo torrido e, molto probabilmente, per gli scioperi dei balneari in polemica contro l'applicazione della direttiva Bolkestein ma soprattutto, come raccontano alcuni degli operatori, contro l'incertezza che ancora grava sul futuro del comparto. L'Europa chiede all'Italia la messa al bando degli spazi demaniali, ma i contorni di questo bando (se ci sarà) ancora non sono chiari, né riguardo i criteri del bando di gara, né sulla durata delle concessioni, né su un eventuale diritto di prelazione degli imprenditori uscenti o su un possibile indennizzo. Il tutto a fronte di una direttiva approvata nel 2006, recepita dall'Italia nel 2010 e mai applicata, grazie a rinvii che hanno consentito il rinnovo automatico delle concessioni degli spazi. Una pratica che a più riprese l'Ue ha contestato. Ora che sembra essere giunti al capolinea di questa storia, gli addetti ai lavori fanno sentire la propria voce con una serie di scioperi. La situazione non coinvolge soltanto gli stabilimenti balneari ma anche alcuni ristoranti presenti sul litorale, come quello di Mauro Uliassi, tra i più importanti in Italia.

Quale è la vostra opinione sugli scioperi di questi giorni?

Non so quanto siano utili, ormai la situazione è questa, era senz'altro meglio agire prima. Di certo il problema più grosso è l'assenza di chiarezza su quello che succederà nel 2025, di come verranno gestite le aste. In ogni caso, noi non possiamo aderire perché abbiamo il ristorante già prenotato da mesi

Voi siete preoccupati?

Sì, siamo preoccupati, ma non sappiamo bene per cosa anche perché non è chiaro quello che accadrà. Abbiamo da tempo un avvocato demanialista che ci segue e che ogni volta ci dice che non ci sono grandi novità.

Come avete vissuto questi mesi di incertezza?

Senza pensarci, concentrandoci sul presente e su quello che stavamo facendo, anche perché di notizie certe ce ne sono poco quindi non potevamo fare grandi piani.

Avete preso delle iniziative in prospettiva o invece ci sono cose che non vi siete sentiti di fare data la situazione?

Stiamo solo aspettando proprio perché nulla si può fare. È tutto sospeso e niente dipende da noi. Chiaramente il ristornate è lì, ed è sempre stato lì quindi quello che succederà ci riguarderà da vicino ma capiremo come muoverci solo quando ci saranno linee guida e decisioni più chiare.

Cosa farebbe se non dovessero rinnovare?

Non ci abbiamo ancora pensato, troveremo una soluzione.

Quali sono gli investimenti che fa ogni anno?

Investiamo sempre moltissimo in servizi, manutenzione e rinnovo delle attrezzature. Il ristorante da quando è stato aperto nel 1990 è sempre cambiato, si è evoluto e noi siamo evoluti con lui. Anche in termini di investimento non ci siamo mai fermati proprio perché la crescita in termini di qualità del luogo in cui lavoriamo e in cui accogliamo i clienti è andata di pari passo con il nostro lavoro.

Davanti al vostro ristorante c'è una spiaggia che non utilizzate ma lasciate libera, come mai?

Oltre alla piccola pedana che abbiamo posizionato proprio davanti alla terrazza, abbiamo sempre preferito avere il paesaggio del nulla rispetto quello degli ombrelloni, perché ci piace e anche per valorizzare ulteriormente il mare e il molo che abbiamo davanti.

Quali sarebbe una soluzione equa?

Penso che sia importante che le aste e i bandi, se e quando verranno fatti, tengano conto di ciò che è stato fatto fino a oggi in quel pezzo di terreno, che non è neutro, ma ha sopra un'attività che ha costruito del valore, un ristorante che da una capanna-magazzino è diventato un tre stelle Michelin e ha continuamente investito per rendere migliore il proprio lavoro. Se le aste venissero fatte senza tenere conto di questi criteri è difficile pensare che qualcuno possa investire tempo e denaro su un'attività che qualche anno dopo gli potrebbe essere tolta senza considerare il lavoro fatto durante il periodo in cui ha avuto in concessione il terreno.

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