La pubblicità di un prodotto ci influenza anche quando non ce ne accorgiamo. Ecco come

1 Ago 2024, 11:21 | a cura di
Esiste un livello di attenzione inconsapevole di fronte a uno spot, che può essere addirittura misurato. Da qui il dilemma di chi si occupa di marketing del vino (e non solo): meglio far riflettere o basta attirare l’attenzione?

Gli studi sull’economia comportamentale e le neuroscienze hanno dimostrato che buona parte dell’attivazione del nostro cervello, stimolato da prodotti, brand o pubblicità, avviene fuori dal perimetro della consapevolezza. Gli stimoli, possono portare ad una risposta emotiva che viene poi razionalizzata a posteriori. Ciò significa ammettere sia l’esistenza di un processo di apprendimento inconsapevole, che la possibilità di memorizzare senza controllo e senza una specifica azione riflessiva.

In che modo la pubblicità lascia il segno

In realtà, l’idea che la pubblicità potesse lasciare il segno in maniera inconsapevole ha un’origine molto antica. Occorre, infatti, andare ai primordi degli studi di psicologia della pubblicità per ritrovare questa convinzione anche in Walter Schott, ovvero colui che scrisse il primo libro di psicologia della pubblicità (The Pyschology of Advertising in Theory and Practice, 1903). Schott sosteneva che la pubblicità può colpire le persone senza che ne fossero consapevoli. Una posizione che fu dimenticata per circa sessant’anni e fino all’arrivo degli studi sulla pubblicità televisiva di Krugman e Hartley, (1970), in cui si rese evidente il valore emozionale della pubblicità prima che del suo significato razionale. Fu proprio Krugman (1971) che, in linea con quanto già anticipato da Walter Schott, ha ammesso la possibilità di un’attenzione a bassa intensità quando ha affermato che la televisione è un mezzo di comunicazione in cui la pubblicità ha un effetto importante grazie a questa sua forma di basso coinvolgimento, rispetto alla carta stampata studiata da Schott, soprattutto nei momenti in cui si hanno i consigli per gli acquisti.

Gli studi su tv e carta stampata

Krugman in realtà può essere considerato uno dei pionieri del neuromarketing, giacché volle dimostrare l’esistenza di un diverso livello di relazione tra la pubblicità televisiva e quella stampata, usando un primordiale laboratorio di neuromarketing il Neuropsychological Laboratory del Medical College di New York. Nella sua sperimentazione Krugman si servì, infatti, dell’analisi elettroencefalografica e della misurazione del movimento oculare (eye tracking) per studiare la diversa reazione dei consumatori alla pubblicità televisiva rispetto a quella su carta stampata. Siamo nel lontano 1967. La ricerca riuscì a dimostrare come i due media (TV e Stampa) richiedono un diverso livello di attivazione e di fruizione e che è possibile in entrambi rilevare processi di memorizzazione e di apprendimento. Secondo Krugman, quello televisivo è più semplice, meno impegnativo e avviene a basso livello di coinvolgimento rispetto a quanto avviene con la carta stampata.

L'influenza degli spot sugli spettatori

Krugman e Hartley, (1970) evidenziarono con diverse sperimentazioni come la pubblicità possa influenzare le persone secondo due principali livelli di attenzione, attraverso l’attivazione di un’elevata attenzione o attraverso un più basso livello di attenzione. Entrambi i processi hanno una loro funzione. Tuttavia, riconoscere cittadinanza a una forma di persuasione fondata su una bassa attenzione significa ipotizzare un sistema di elaborazione delle informazioni in grado di considerare i processi inconsapevoli come meccanismi capaci di spiegare il funzionamento della persuasione. Un aspetto che per molti anni è stato negato, se non addirittura perseguitato. Basti pensare al dibattito sul subliminale stimolato da James Vicary nel 1957. In quel caso, i risultati a favore dei processi subliminali furono forzati dalla sperimentazione, ma animarono un profondo dibattito non solo in seno alla comunità di esperti ma anche nel grande pubblico. Da allora lo spauracchio della pubblicità subliminale è rimasto vivo nell’immaginario collettivo.

I vantaggi sulle strategie di marketing

Oggi, però, le neuroscienze hanno dimostrato che buona parte delle stimolazioni arrivano al cervello attivandolo senza consapevolezza e che è possibile apprendere inconsapevolmente. Da qui un nasce l’intuitive marketing, ovvero un modo nuovo di fare marketing valorizzando le conoscenze del cervello e la possibilità di persuadere anche con bassa attenzione. Con ciò non intendo dire che il modello classico razionalistico fondato sull’esigenza di attirare l’attenzione, creare interesse e spiegare il valore di un prodotto o servizio non funzioni. Significa riconoscere anche accanto al modello classico vi è anche la possibilità di pianificare azioni di marketing valorizzando anche i processi inconsapevoli e i meccanismi di apprendimento a bassa attenzione. Rinvio al testo di Stephen Genco, noto esperto di neuromarketing. dal titolo Intuitive Marketing: What Marketers Can Learn from Brain Science, per chi fosse interessato ad approfondire la forza persuasiva di questo modello.

Il dilemma del vino: fare riflettere o attirare l'attenzione?

Da qui la domanda sorge spontanea: la pubblicità o le promozioni sul vino devono fare riflettere o essere sufficienti ad attirare l’attenzione sulla bottiglia o sul brand senza piena consapevolezza? E ancora, che effetto ha la visione della pubblicità con basso coinvolgimento attentivo sui comportamenti di consumo in un’enoteca? In effetti, diversi studi hanno dimostrato la forza della memorizzazione senza consapevolezza e la possibilità che la pubblicità possa funzionare anche con un basso coinvolgimento del consumatore.

Cosa dicono gli esperimenti

A conferma della forza dell’apprendimento inconsapevole, riportiamo un lavoro svolto qualche anno fa da uno dei più noti esperti europei di neuromarketing Thomas Ramsoy (2014), in cui si è dimostrato come la comunicazione possa modificare la visione dei prodotti, guidando l'attenzione visiva su di essi in store e in maniera inconsapevole. L'esperimento ha coinvolto tre gruppi. I tre gruppi prima di entrare in store furono sottoposti alla visione di una serie di pubblicità. Un gruppo vide diverse pubblicità ma non quella relativa a un particolare prodotto target (colore per le pareti). Un secondo gruppo vide diverse pubblicità tra cui quella relativa al prodotto target che fu pubblicizzato con uno spot da 15 secondi. Il terzo gruppo vide la stessa serie di pubblicità compresa quella relativa al target ma della durata di 30 secondi. Dopo questa prima fase, i gruppi furono invitati ad accedere in store e a scegliere uno dei prodotti riguardanti la categoria target, ovvero un colore per pareti.

L'esposizione agli spot e l'effetto sulle decisioni d'acquisto

Il gruppo che fu sottoposto alla pubblicità del prodotto target ha scelto con una più elevata percentuale il prodotto promosso dalla pubblicità da 30 secondi, inoltre la quantità di visione inconsapevole, rilevata con l'eye tracker, è risultata nettamente superiore nei due gruppi sperimentali (15 e 30 sec.) rispetto al gruppo di controllo. Eppure, nessuno dei soggetti dei due gruppi sperimentali ha dichiarato di essere stato guidato dalla visione pubblicitaria. Anzi, alcuni di essi dichiararono di non avere mai visto la pubblicità del prodotto target benché gli output forniti dall’eye tracker dimostra una netta influenza sul loro comportamento di esplorazione in store. Un’ulteriore dimostrazione che l’effetto della mera esposizione funziona e che agendo spesso in maniera inconsapevole non si può studiare questo tipo di processi se non integrando le tradizionali metodologie di ricerca di mercato con quelle in grado di misurare l’inconsapevolezza come può fare il neuromarketing (Russo, 2017). Ciò segnala quanto importanti siano gli stimoli di comunicazione e marketing nel guidare in maniera più o meno consapevole i comportamenti dei consumatori, così come le aspettative verso uno cantina o un evento degustativo.

Contributo a cura di:

  • Vincenzo Russo

    Coordinatore Centro di Ricerca Neuromarketing Behavior and Brain Lab Iulm

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