"Ho rischiato il burnout. Maltrattamenti? Ho imparato a gestire le emozioni". Parla lo chef René Redzepi

12 Lug 2024, 10:08 | a cura di
Eletto per cinque anni come miglior ristorante al mondo, il Noma di Copenaghen si prepara a chiudere le porte, e René Redzepi porta con sé non solo le tre stelle Michelin, ma anche una riflessione profonda sul futuro dell'alta cucina

In vetta alla 50 Best Restaurant per cinque anni consecutivi, il Noma di Copenaghen, noto per i suoi piatti eccentrici come il "cervello fritto di germano reale" e la "tartare di cuore di renna con formiche", ha attirato l'attenzione mondiale non solo per la sua cucina, ma anche per la decisione recente di chiudere il ristorante alla fine del 2024 (ne avevamo parlato qui). Lo chef e fondatore René Redzepi, annunciando la chiusura, aveva detto al New York Times che il modello su cui si basava il suo ristorante era "insostenibile", e ora torna sul tema con una lunga intervista uscita sul Venerdì di Repubblica, in cui parla anche della crisi dei ristoranti stellati che in molti sembrano evocare: «Non credo che i ristoranti stellati stiano per chiudere, almeno finché ci saranno clienti», dice, aggiungendo che il modello tradizionale di ristorazione fine dining deve adattarsi ai tempi moderni. «È cruciale essere più responsabili verso il nostro team e valutare cosa possiamo realisticamente chiedere loro», ha continuato, riferendosi alla necessità di pagare adeguatamente il personale, un passo significativo verso un ambiente di lavoro più sostenibile.


Sì, Chef

In un testo del 2015 su Mad, chef Redzepi ha ammesso di aver intimidito verbalmente e fisicamente il suo staff e ha spesso riconosciuto che i suoi sforzi per essere un leader più calmo e gentile non hanno avuto pieno successo. Di questo, ha parlato apertamente al giornalista Marco Consoli del Venerdì, riguardo le difficoltà di gestire le emozioni e di mantenere il controllo in un ambiente stressante. «Ci sono voluti anni per imparare a contenere le mie emozioni. Sono riuscito a non andare in burnout, anche se ci sono andato vicino visto che lavoro da quando ho 15 anni. [..] Non ho perso la passione per il mio lavoro, anzi, con questa decisione (la chiusura del Noma, ndr), ho trovato nuova linfa» ha confessato, ricordando i primi giorni del Noma quando, a soli 25 anni, l'inesperienza nella gestione di un team e di un budget adeguato complicavano ulteriormente le difficoltà.

L’eccellenza e i suoi costi

«Oggi i giovani cercano un diverso bilanciamento tra vita e lavoro. Ma così tutto diventa molto più difficile, le buste paga aumentano a dismisura e anche il costo del cibo [..] così per non rinunciare alla qualità e al servizio abbiamo semplicemente adeguato i prezzi all’aumento dei costi». Oltre al burnout, i costi di gestione di un ristorante di alta cucina come il Noma sono diventati sempre più insostenibili. «Quando abbiamo aperto, una cena costava 22 euro; oggi il prezzo è di 400», ha spiegato Redzepi. L'aumento esponenziale dei prezzi, è dovuto in parte alla necessità di pagare equamente il personale, che negli anni è cresciuto, e in parte a coprire i crescenti costi del cibo di qualità superiore. L'intervista continua fino ai ricordi dello chef, i suoi inizi in cucina come stagista, da El Bulli e da French Laudry, non pagato (e forse anche «maltrattato», come sostiene Consoli). Viene affrontato anche il tema della mancata retribuzione di chi entra per la prima volta in cucina, una pratica comune nella ristorazione d'élite, e che valeva anche per il Noma, fino a quando, con l'introduzione di nuove politiche - volte anche a cessare i rumors negativi dei media che si erano creati a causa di alcune interviste a vecchi stagisti del Noma - nel 2022, sono stati stanziati 50mila euro di budget mensile in più per pagare gli apprendisti del suo ristorante.


Il nuovo progetto televisivo

Oltre alla chiusura annunciata del ristorante, lo chef ha discusso sulla sua nuova serie tv in uscita “Omnivore" su Apple TV+, dove esplorerà gli ingredienti chiave della cucina mondiale (il riso, il maiale, il tonno, il peperoncino ecc..). Lo chef tristellato racconta entusiasta il progetto: «Abbiamo realizzato la serie con l’intento di raccontare una storia non di fare profitti. In Danimarca non ci sono tanti programmi tv sul cibo come in Italia», ha chiarito al giornalista, che provocandolo, lo paragonava ai grandi chef che oggi bucano lo schermo.

Redzepi ha costruito il Noma, un ristorante visionario e creativo, come un laboratorio per l'avanguardia culinaria, è diventato quindi una piattaforma per collaborazioni con università e startup tecnologiche. Questo nuovo modello, sebbene fuori dagli schemi tradizionali delle guide e delle stelle Michelin, mira a trasformare il modo in cui il cibo è concepito e condiviso con il mondo. Mentre Redzepi guarda avanti, è chiaro che il suo viaggio culinario non è stato solo un'evoluzione personale, ma un impegno a plasmare il futuro del cibo e della sua industria in modo sostenibile e significativo per le generazioni future. Sì, ma cosa c'è dopo il Noma? René risponde al giornalista di Repubblica «apriremo di tanto in tanto un ristorante pop-up, per testare sui consumatori le nostre idee». In un certo senso, il percorso di Redzepi rispecchia quello di molti chef, «da stagista a chef di fama mondiale a guru sull'orlo di una crisi di nervi», dice Marco Consoli.

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