Emanuele Rabotti, patron della rinomata cantina Monte Rossa in Franciacorta, ama le sfide. In pieno covid ha deciso ridare vita al vigneto Pusterla, valorizzandone il patrimonio storico e vitivinicolo. Le origini del vigneto arrivano fino al 1037, quando il monastero regio di Santa Giulia coltivava uva sulle pendici del colle Cidneo, nel centro storico di Brescia. Nel corso dei secoli, il vigneto ha attraversato diverse vicessitudini, passando di proprietà in proprietà e subendo anche periodi di abbandono. Tuttavia, la sua vocazione vitivinicola non si è mai spenta, e dal 2011 fino al 2020 la vigna è stata gestita prima da Maria Capretti, per poi passare il testimone al proprietario dell’azienda Monte Rossa, innamoratosi della sua storia. Il contesto in cui cresce questo vigneto è un unicum: vanta infatti viti dal ceppo originale con età variabile tra gli 80 e i 100 anni.
Ben ritrovata invernenga
Il vigneto Pusterla (nome che deriva dalla porta che dava accesso a passaggi segreti collocati nelle mura di castelli), si estende per quattro ettari, e gode di una posizione privilegiata, adagiato su un terreno calcareo stratificato con marne e noduli di selce. La sua conformazione e la pendenza garantiscono un drenaggio ottimale, mentre le correnti provenienti dal Monte Guglielmo favoriscono un microclima salubre e ventilato. Inoltre, l’esposizione solare permette ai grappoli di invernenga, l'uva autoctona che qui regna sovrana, di beneficiare del sole dall’alba al tramonto. Questa varietà a bacca bianca è conosciuta nelle zone di Brescia anche con i nomi di “invernesca”, “brunesta” o “bernestia”, ed è un vitigno raro, coltivato quasi esclusivamente nel vigneto Pusterla e in pochi altri filari nelle zone limitrofe. I suoi acini, dal colore giallo-verde, si distinguono per la buccia spessa e ricca di polifenoli. La maturazione tardiva, tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre, conferisce carattere e succosità al vino.
Un futuro di progetti
«È un progetto anti-economico, mi isono innamorato follemento di questo vigneto» racconta Rabotti. Tra i suoi obiettivi primari, dal 2020, anno in cui ha acquistato i quattro ettari di terreno, c'è la riqualificazione del vigneto, con un focus sulla sostenibilità e la valorizzazione del paesaggio: «il pusterla non rappresenta per me solo un vigneto, ma è anche una dichiarazione personale di orgoglio bresciano», prosegue il patron di Monte Rossa, che ha reso questo appezzamento di terra un nuovo polmone verde per la città, un luogo dove scoprire il fascino della viticoltura urbana. Accanto alla valorizzazione del vigneto, inoltre, Rabotti punta anche alla produzione di vini di qualità, capaci di esprimere al meglio l'unicità di un territorio e di un paesaggio unico. In passato da queste uve veniva prodotto principalmente solo vino dolce, nella versione "passito d’invernenga", mentre oggi, viene vinificato solo vino bianco, da uve invernenga in purezza, con una produzione che varia dalle 5mila alle 6mila bottiglie l’anno. Il 2021 è un bianco con sentori di pesca matura e mandorla, ampio e strutturato al palato, con grinta e una peculiare sapidità. «Lo farò sempre più buono, pian piano sto capendo cosa ho tra le mani», afferma Rabotti.
Il fenomeno dei vigneti urbani
Da Venezia, Siena, Bergamo, Roma e Palermo, si passa a Salonicco, Montmartre, Barcellona e Lione, i vigneti urbani sono un fenomeno in grande espansione in tutta Europa, un’ottima soluzione per creare aree verdi nelle grandi città e per aiutare l’ambiente. Inoltre, queste zone sono anche centri di educazione e sensibilizzazione ambientale, dove si organizzano eventi, laboratori, visite guidate e corsi di formazione per la comunità locale, promuovendo la sostenibilità, la biodiversità e l'importanza della natura in città. Ad oggi vi è un’associazione, la Urban Vineyards Association (U.V.A.), nata nel 2019 per tutelare e valorizzare le vigne urbane e per riunirle in una rete internazionale, che promuove progetti di recupero storico e la valorizzazione culturale, paesaggistica e rurale. Un “fare di più con di meno”. Queste oasi verdi non sono solo un luogo di produzione di vino, ma rappresentano la vera testimonianza della cultura e della storia delle città che le ospitano, con vitigni autoctoni antichissimi - alcuni dei quali rari - che sono sopravvissuti all'espianto in favore di varietà più produttive o commercialmente più interessanti.