Nel gennaio scorso, con un convegno in occasione dell’evento Grandi Langhe, il consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, guidato dall'ex presidente Matteo Ascheri, aveva lanciato un appello ai giovani viticoltori per invitarli a respingere le sirene del mercato e mantenere le cantine locali sotto il controllo delle famiglie del territorio. Adesso, sotto la guida di Sergio Germano, si volta pagina? «C’è da sperare che le famiglie mantengano le vigne e che queste non diventino oggetto di puro investimento speculativo. Tuttavia, è spesso impossibile comprare a prezzo di vendita. Il valore delle vigne cresce esponenzialmente e scatena gli interessi: le attenzioni sono comprensibili», ammette Germano. Ma lascia intendere che con il fenomeno degli investitori ‘esterni’ nelle Langhe bisogna fare i conti con serenità, senza temere che il territorio possa arrivare a perdere la sua identità. Insomma: è il mercato, bellezza! Del resto, continua Germano, «credo che chi fa questo investimento anche solo sul piano manageriale non può esimersi dal mantenere un collegamento con il territorio, altrimenti vuol dire che non hai capito che cosa hai in mano: non a caso, la maggior parte degli investitori esterni ha lasciato i vecchi proprietari e i vecchi tecnici», sottolinea.
L'arrivo di Miroslav Lekes e il progetto Réva
Sergio Germano coglie nel segno. Ad oggi le esperienze di investimento in Langa sembrano animate proprio dalla volontà di rispettare ed esaltare il territorio, con il coinvolgimento dei professionisti e dei lavoratori del posto. È il caso di Miroslav Lekes, classe 1971, originario della Repubblica Ceca, imprenditore di successo nel settore della distribuzione dei farmaci, che scopre le Langhe all’alba degli anni 2000. Il primo approccio è da turista. Poi la passione per il paesaggio e per l’enogastronomia locali si trasforma nel desiderio di lasciare la propria impronta. Decide di investire in un progetto tra le colline di Monforte d’Alba, rilevando la Tenuta San Sebastiano, immersa in sei ettari di parco, che nel 2013 diventa Réva Vino & Resort (in lingua ceca, Réva vuol dire ‘grappolo d’uva’). «Nell’atto di acquisto della tenuta c’erano i nomi di tutti i cavalli che facevano parte del patrimonio aziendale. A Miroslav sembravano i nomi dei dipendenti. Non sapeva l’italiano e il suo investimento era fatto con il cuore: il cervello è arrivato dopo», racconta con un sorriso Daniele Scaglia, il general manager del gruppo Réva che comprende il resort, la cantina, il residence e il ristorante FRE. Nato ad Alba nel 1983, Scaglia lavora a lungo nel mondo del lusso e poi nell’aviazione privata, un lavoro che gli permette di condividere viaggi e interessi con Lekes. I due si piacciono e pian piano Scaglia diventa il pilastro italiano principale del progetto. «Il nostro gruppo è caratterizzato da un’età media bassa. Miroslav ci permette di sbagliare e di crescere. Rispetto ad altre realtà familiari che hanno un capofamiglia che decide per tutti, qui c’è più condivisione ed elasticità. Lavorare con i giovani rende la nostra azienda più veloce», spiega Scaglia. Gli fa eco Silvia Calvo, la manager del resort: «Siamo giovani con mentalità aperta: qui abbiamo trovato un ambiente dinamico e progetti sempre nuovi. È un ottimo posto per chi ha voglia di scoprire». Oggi Silvia dirige il resort con un campo da golf, una spa ricavata nelle antiche cantine della tenuta e una piscina all’aperto. Ma il fiore all’occhiello nonché primo ambasciatore della filosofia dell’azienda è probabilmente il ristorante FRE. Già titolare di una stella Michelin, fonde gli ingredienti e l'atmosfera delle Langhe a una cucina d'ispirazione e tecnica francese.
Un vigneto di riesling per ripopolare la vallata di Entracque
La Cantina Réva produce vino con le uve di coltivazione biologica e integrata provenienti dai ventitré ettari di proprietà della struttura, distribuiti tra Monforte d'Alba, Novello, Serralunga d'Alba, Barolo, Grinzane e Roddino. L’enologo è Beppe Caviola. «A dispetto della crescita dei prezzi - all’inizio erano 600 milioni/ettaro, oggi siamo arrivati a 3,5 mln/ettaro - abbiamo continuato ad acquistare. L’investimento sui vigneti a Serralunga d’Alba e a Roddino, anche a quote altimetriche alte, ci dà ragione», spiega Scaglia. L’ultimo progetto vitivinicolo partorito dal gruppo Réva è un vigneto di riesling nel comune di Entracque, provincia di Cuneo, a oltre mille metri sul livello del mare: darà i suoi primi frutti in circa tre anni (la prima uscita è prevista per il 2027). «Una piccola produzione, che ipotizziamo inizialmente in più o meno duemila bottiglie, probabilmente con vino affinato in buona parte in anfore», racconta Daniele Scaglia. «Sarebbe un’occasione per ripopolare una vallata sostanzialmente disabitata. Un produttore locale forse non l’avrebbe fatto mai. Abbiamo avuto l’appoggio del comune e la metà del vino prodotto sarà proprio del comune che potrà usarlo per scopi promozionali» conclude.
L'arrivo degli americani in casa Vietti
Ci spostiamo da Vietti, rinomato brand barolista acquistato nel luglio 2016 dall’imprenditore americano Kyle Krause (è anche il presidente del Parma Calcio). «Sono entrato in Vietti nel 2002 in un momento in cui le realtà di Langhe iniziavano la scalata. Sono arrivato in una realtà familiare con i pro e contro di questa cosa. Siamo cresciuti insieme», racconta Eugenio Palumbo, direttore tecnico e responsabile di produzione di Vietti, nato a Canelli e cresciuto ad Alba. La svolta arriva nel 2016. «L’azienda è cresciuta tantissimo, passo dopo passo, con una logica contadina. Il contadino investe solo se lo può permettere. Nel 2016 Vietti può vantare tante vigne e un brand riconosciuto: diventiamo appetibili, ma è difficile fare investimenti. Così le due famiglie piemontesi, Cordero e Currado, proprietarie dell’azienda, proprio per salvaguardarla, vendono a una famiglia americana: con questa scelta ci hanno permesso di crescere», racconta Palumbo. Qual è il risultato di questo passaggio di testimone? «Dal 2016 abbiamo raddoppiato il parco vigneti: dai 22-25 ettari del 2016 siamo passati a 58 ettari di proprietà, più 85 in conduzione. Un’altra azienda contadina non avrebbe potuto farlo», ammette Palumbo.
Il contributo degli investitori stranieri
Tuttavia, «Krause non ha cambiato nulla, ha tenuto tutte le persone dalla prima all’ultima. Del resto, se investi lo fai anche sulle persone del territorio che sanno muoversi meglio nel contesto». Secondo Palumbo, «chi è arrivato per investire lo ha fatto in modo visionario, rispetto per il posto, attenzione per la sostenibilità. Ovviamente, Krause ha anche portato una cultura diversa con la capacità di programmare a più lungo termine». Oltre allo storico brand Vietti, l’investimento di Krause ha riguardato anche l’azienda vitivinicola Enrico Serafino e la costruzione di un resort, Casa Langa a Cerretto Langhe. E l’impatto sul territorio non ha provocato ‘crisi di rigetto’. «Sono stati accolti bene, sono una famiglia discreta dedita al lavoro, non si sono mai esposti in alcun modo», assicura Palumbo. Che poi aggiunge: «La nostra zona sta crescendo tanto: il fatto di attrarre investitori stranieri fa parte della crescita del territorio. Altre zone lo hanno vissuto decenni fa. I nuovi investitori devono portare avanti la cultura del territorio, non è solo speculazione: sono investimenti che rientreranno tra 10 anni».
Renzo Rosso investe in Langa
Tra gli investitori esterni in Langa, da pochissimo possiamo annoverare anche Renzo Rosso, imprenditore della moda e titolare del marchio Diesel. «Sono appassionato e impegnato nel vino da più di trent’anni, un interesse che mi ha spinto a creare Brave Wine, la holding che raccoglie sotto un unico tetto le eccellenze dei territori più prestigiosi, come le Langhe appunto», racconta Renzo Rosso, che da poco è entrato nel capitale della storica griffe di Barolo Josetta Saffirio, riunita in un’unica azienda dalla figlia Sara Vezza, che dagli anni Novanta produce Nebbiolo e Alta Langa. Insieme a Benanti, sull’Etna, e a Diesel Farm, sulle colline di Marostica, dove nascono i primi vini griffati Renzo Rosso, la Josetta Saffirio rientra adesso sotto il marchio comune. Nessuna spersonalizzazione, però. Spiega Rosso: «Aiutiamo le aziende in cui decidiamo di investire ad esaltare le loro caratteristiche e identità. Come nella moda c'è un direttore creativo per ogni maison, così la gestione della singola cantina resta in mano alla famiglia fondatrice, cui diamo supporto, investimenti e tecnologia per aumentare il valore e la qualità dei prodotti, oltre che per dare più visibilità alla bellezza dei territori».
L'appello di Vezza al Consorzio
A beneficiare di questo nuovo assetto è proprio Sara Vezza, viticoltrice a Monforte d’Alba, che racconta: «La partnership con Renzo Rosso è stata quasi casuale: il suo avvocato è il mio vicino di casa e ci ha messi in contatto. Mi hanno entusiasmata la sua visione e il suo progetto e ho scelto di entrare a far parte della holding Brave Wine. Io ho la governance. Con Renzo condividiamo valori, strategia aziendale e visione a lungo termine. Ricevo grande supporto dal team di Brave Wine, sia per gli aspetti gestionali che per la parte enologica e di ridefinizione degli spazi della cantina, ma anche per quanto riguarda la comunicazione e l’immagine». Un modello che non ha intaccato l’identità aziendale. Secondo Vezza, «il fenomeno degli esterni in Langa è reale, esiste e non può essere ignorato, ma mi chiedo se preoccupa davvero un’intera comunità o se sia semplicemente un tema di cui discutere in maniera aperta e costruttiva. Ho vissuto questa esperienza e posso dire che nel mio caso ha portato valore aggiunto alla mia azienda». Vezza spiega che «il cambio generazionale, in un momento storico in cui i valori della terra sono tra i più alti a livello internazionale, può creare un attrito. All’interno di una famiglia possono nascere dissensi che portano a difficoltà oggettive e che prevedono necessariamente interventi esterni. Questo apre facilmente le porte a investitori di ogni tipo». Per affrontare il tema, Vezza non esclude la necessità di pianificare un sostegno da parte della comunità delle Langhe e dello stesso consorzio: «Potrebbe essere una garanzia finanziaria, la creazione di una cordata di investitori, oppure la realizzazione di un portfolio di investitori selezionati a cui le aziende che intendono cedere possono attingere».