Noi italiani siamo i più grandi mangiatori di sushi del mondo (giapponesi esclusi, naturalmente). E questo ci autorizza a sentirci degli espertoni dei ristoranti giapponesi. Che sono una cosa molto diversa dai ristoranti “del Giappone”. Ecco un breve manualetto su come sopravvivere serenamente all’esperienza di mangiare nel Paese del Sol Levante, e in particolare a Tokyo, a uso di chi dovesse recarvisi. Naturalmente parliamo dei ristoranti di medio o medio-basso livello, perché i ristoranti fine dining ricalcano le regole occidentali.
Il galateo dei ristoranti di Tokyo
Scelta
Tokyo è la città al mondo con la maggiore quantità di ristoranti, si calcola che siano 80mila e del resto parliamo di una megalopoli che, comprendendo la Grande Tokyo, ha più della metà degli abitanti dell’intera Italia. Una così grande città richiede un’enorme varietà di proposte. Avrete solo l’imbarazzo della scelta tra izakaya, sunakku bar, baracchini. Tenete conto che la gran parte dei ristoranti hanno una specialità e che a ogni piatto corrisponde una differente estetica e regole peculiari che presto imparerete a distinguere. Ad esempio negli izakaya il servizio è semplice e il cibo è più che altro un accompagnamento dei drink.
Prezzi
Il Giappone è sorprendentemente economico. Lo yen ha subito negli ultimi anni una poderosa svalutazione che avvantaggia non poco i detentori di una moneta forte come l’euro. Attualmente con un euro si ottengono 170 yen e un piatto semplice ma gustoso in un qualsiasi piccolo ristorante costa tra gli 800 e i 1.500 yen, quindi molto meno di 10 euro. Una birra media da sorseggiare seduti ha quasi il prezzo fisso: 500 yen, ovvero 3 euro. Solo il sushi costa di più, all’incirca 4mila yen (25 euro) per un piatto composto da una quindicina di pezzi. E quando tornerete in Italia troverete tutto maledettamente caro.
Contanti
Altra sorpresa. Con grande esultanza dell’attuale governo italiano in Giappone l’uso del contante è molto più diffuso che da noi e molti locali, soprattutto negli affollati food district come i vicoli di Omoide Yokocho a Shinjuku, rifiutano platealmente il pagamento elettronico.
Inglese
Pochissimi giapponesi parlano un buon inglese, la gran parte non dispone nemmeno di quel faticoso “starter kit” che la gran parte degli italiani maneggia pur con diffidenza. Vi soccorreranno le fotografie dei piatti e riproduzioni degli stessi in plastica in formato 1:1 (c’è un apposito quartiere per acquistarli, Kappabashi Dori, vicino al tempio di Senso-Ji). Altrimenti dovrete avventurarvi in ordinazioni spericolate, con la consolazione che i prezzi bassi renderanno comunque meno oneroso un eventuale errore.
Tabelloni
In molti locali, soprattutto quelli che servono Soba, le tagliatelle di grano saraceno, e Ramen, troverete all’ingresso dei folcloristici totem che ci piacerebbe definire elettronici ma ricordano più degli erogatori di sigarette anni Ottanta. Qui dovrete procedere all’ordinazione dei piatti, degli eventuali ingredienti supplementari, delle bibite, pagare (spesso solo cash) e vi verranno stampati dei bigliettini che dovrete consegnare al cameriere prima di sedervi. In Giappone il mix tra elemento tecnologico e quello umano è una costante in fondo piuttosto rassicurante.
Strade e quartieri
A Tokyo esistono strade e quartieri specializzati in un determinato piatto e troverete una sfilza di ristoranti più o meno equivalenti con rezzi e proposte copia-e-incolla. Per il ramen andrete nella Ramen Street nei sotterranei della Tokyo Station, per il Monjayaki a Tsukushima, il pesce fresco nei dintorni del vecchio mercato di Tsukiji, gli yakitori a Omoide Yokocho e così via.
Mance e servizio
Rilassatevi, nessuno a Tokyo e in Giappone si aspetterà uno yen di mancia e il resto viene consegnato netto, senza arrotondamenti. Anzi, la mancia potrebbe essere considerata offensiva. Inoltre nessuno vi farà pagare il servizio e il coperto, salvo nella zona del Golden Gai, vicino a Shinjuku, dove molti dei baretti in cui finirete inevitabilmente per bere il bicchiere della staffa prevedono un “cover charge” che balla tra i 500 e i 1000 yen. Si tratta alla fine di pochi euro, ma se vorrete evitare di scucire anche quelli vi basterà scegliere uno dei locali che espongono il cartello “no charge”. Per misteriosi motivi non sono più affollati degli altri.
Tovaglioli
Argomento spinoso. I primi giorni in Giappone vi troverete a esplorare ansiosamente la tavola cercando dei tovaglioli che semplicemente non troverete. Vi sarà consegnata una salvietta umidificata per pulirvi le mani all’inizio del pasto e poi vi dovrete accontentare di minuscoli tovaglioli imbustati di solito contenuti in piccoli dispenser. Sarà tutto quello che vi servirà per non trasformare il pasto in una Caporetto igienica.
Acqua e alcol
L’acqua vi verrà portata gratuitamente, come in Francia: sarà fresca e liscia e potrete richiederne quanta ne vorrete. Per quanto riguarda le bevande alcoliche inutile aspettarvi di trovare del vino, se non nei ristoranti di un livello che non ci interessa in questo post. Potrete bere della buona birra locale (Sapporo, Asahi, Kirin) oppure se vorrete potrete avventurarvi nel mondo del sake che scoprirete essere assai più vario di quanto si immagina dall’Europa, quindi provate a chiedere consiglio (ehi, ho detto provate).
Fumo In Giappone vige il divieto di fumare per strada e nei luoghi pubblici, tranne che nelle rare e affollatissime “smoking area”. Il paradossale risultato di questo proibizionismo è che molti locali consentono il fumo al loro interno. Si tratta in genere di posti piccoli che incoraggiano i tobagisti con cartelli bene in evidenza che esibiscono la sigaretta e la scritta “smoking allowed”. Questo accade soprattutto nel Golden Gai e in Omoiode Yokocho. In questo caso, approfittatene se siete fumatori e non lamentatevi se non lo siete.