Torna l’ombra di una ritorsione cinese sui vini europei. Il motivo stavolta è da ricercarsi nelle auto elettriche, la cui diffusione in Europa e negli Stati Uniti sarebbe soggetta ad indagini anti-sovvenzioni che hanno indispettito Pechino. In base ai resoconti dei media statali, quindi, se Bruxelles non deciderà di accantonare tali misure discriminatorie, nel mirino potrebbe presto finire vino e prodotti lattiero-caseari. E la memoria torna a dieci anni fa, quando la Cina minacciò di imporre dei dazi sui vini europei durante una disputa sui pannelli solari. Più recentemente, la stessa Pechino ha annunciato l'avvio di un'indagine – in corso – per dumping su alcune tipologie di liquori provenienti dall'Unione europea, con specifico riferimento al brandy.
Per l'Italia un mercato mai esploso
Nel caso più recente delle auto elettriche, a repentaglio ci sarebbe il commercio di vino con l’Europa per circa 760 milioni di euro, quasi il 70% dell’import vitivinicolo del Paese del Dragone nel 2023, con la sola Francia che ricordiamo rappresenta quasi la metà del valore. Per l’Italia a rischio c’è un mercato che comunque non è mai esploso, rimasto in tutti questi anni nella sfera della potenzialità. Nel 2023, il nostro Paese ha spedito verso Pechino vino per 100 milioni di euro, registrando un tondo -10% sull’anno precedente.
La ripresa dei rapporti con l'Australia
Non sfuggirà il tempismo cinese nel riprendere i rapporti commerciali con l’Australia, praticamente interrotti dal 2020 in risposta, in quel caso, all’inchiesta in seno all'Organizzazione mondiale della sanità sull'origine del Covid-19 e su presunte operazioni d'insabbiamento delle notizie da parte di Pechino. L’appoggio australiano all’indagine portò un incremento dei dazi sui vini aussie compresi tra il 107% e il 218%, mettendo in ginocchio la filiera australiana che fino a poco tempo prima era il primo fornitore per la Cina, dove esportava vini per un miliardo di dollari. In questa chiave di lettura, quindi, lo stop alle tariffe punitive sul vino australiano, annunciate lo scorso 29 marzo, potrebbe aver preparato il terreno per la ritorsione nei confronti del vino europeo in una sorta di sliding doors che, per lo meno, non dovrebbe lasciare a secco di vino i consumatori cinesi.