A Orvieto c'è un ristorante nascosto in una chiesa sconsacrata del Cinquecento

16 Mar 2024, 14:27 | a cura di
Ronald Bukri e Francesco Prali tornano con un nuovo ristorante, in una chiesa sconsacrata: si chiama Coro

Si chiama Coro, ed è un nome che nasconde diversi significati. Il primo è quello che rimanda al coro della chiesa che ospita il ristorante, il secondo fa riferimento all'insieme di voci che compongono il progetto, il terzo mette insieme i nomi dei due patron e gestori: Francesco e Ronald, Perali e Bukri, qualcuno li ricorderà da Osticcio a Montalcino, uno in sala l'altro in cucina. Chiuso con quel progetto, i due continuano un percorso comune, stavolta a Orvieto, città di Perali. Un ristorante che si inserisce nella grande crescita della ristorazione umbra.

Francesco Perali

Chiamati a gestire l'offerta ristorativa di Palazzo Patrvs, nuovo boutique hotel di 9 stanze in pieno centro storico, hanno cominciato da colazioni molto curate – il riferimento è lo stile Romito ma anche quello di Lopriore ai tempi de La Certosa – e dal bistrot e cocktail bar Gocce che condividono gli spazi, prima di dare l'avvio al ristorante gastronomico di cui hanno anche la piena gestione. Uno spazio che si inserisce nella struttura adiacente all'hotel, la chiesa sconsacrata dai soffitti altissimi – 12 metri circa – ristrutturati da Giuliano dell'Uva insieme alla proprietà, Raffaele Tysserand.

Coro a Orvieto

Una trentina di coperti, con una saletta privata per massimo 8 persone nella cantina verticale, Coro è aperto da poco più di due mesi. Il tempo di rodare le macchine e prepararsi alla stagione primaverile e ai turisti che porta con sé. La cucina è quella che Ronald Bukri ha maturato alla corte dei grandi e poi sviluppato da Osticcio. Personale, di forte impronta italiana pur non rimanendo confinata nei contorni della cucina classica e di tradizione, del resto le sue esperienze parlano chiaro: Paolo Lopriore, Guillaume a Sydney, Sketch di Pierre Gagnaire a Londra, e poi Atman con Igles Corelli e Inkiostro con Terry Giacomello.

Ronald Bukri

Se gli chiedi un riferimento ti dice: «Mi riconosco molto nella cucina Lopriore, è stato il massimo lavorare con lui, ma mi piace anche una parte più confort, una cucina che sento molto italiana. Un po' come quelli che sono passati da Marchesi: hanno conosciuto la cucina francese ma hanno un gusto molto italiano». Parla di punti di riferimento come Riccardo Camanini o Niko Romito, e poi aggiunge: «Ma metto in cima Crippa, non faccio mistero che mi ispiri molto, rappresenta quel che mi piace: verdure, tecniche giapponesi e francesi, gusto molto italiano». Il mondo vegetale lo ispira e così le note acide date dagli agrumi. Sono puntelli di una cucina che trova da Coro un grande sfogo nella griglia disegnata da lui – semplice ma funzionale, dice – che gli consente di spaziare con i sapori e moltiplicare i piatti in menu aggiungendo un passaggio con fumo e fiamme, come nel caso delle linguine con estratto di lenticchie servite anche nature.

Gambero Rosso, olio, limone e miele

Cosa si mangia da Coro

Tre menu degustazione al buio (Coro Ardente, 4 piatti alla brace a €72, Coro Armonico, 6 piatti a €88, Coro Libero 10 piatti a €110) con due special che si possono aggiungere ai menu, alla maniera di Camanini con la pasta in vescica (sono gli Spaghetti, parmigiano reggiano, limone verde, paprika e e iil Gambero Rosso, olio, limone e miele, ormai dei signature dello chef), e una carta contenuta, con 3 o 4 proposte ogni passaggio e la massima disponibilità a rispondere alle richieste del cliente. Tutto per dare una fruizione libera, che non obbliga a percorsi lunghi ma accoglie anche chi cerca, nel ristorante, “solo” un momento di svago senza l'impegno di un degustazione intero - «alla fine la ristorazione deve essere anche un servizio – dice Bukri – a maggior ragione se si lavora anche con i clienti dell'hotel che non si devono sorbire per forza tutto il mio pensiero. E poi – aggiunge – non sono mica Crippa».

calamaro alla brace con pancia di pecora e alghe

Tra i piatti ci sono cose come il carciofo con foie gras che nelle prossime settimane verrà sostituito con un altro carciofo cotto prima nell'olio e poi finito alla brace, servito con una estrazione di gambo e foglie, in parte ridotta come per un caramello, in parte trasformata in una crema amara in cui si trova un rimando a Lopriore - «ma io non sono Lopriore, la parte amara mi piace, ma mi piace anche una più confortevole» - bilanciata da crema dolce di aglio sbianchito e cotto in latte e clorofilla di prezzemolo: un gioco tra sapori secondari e più ostici del carciofo, come la liquirizia, e accostamenti familiari come aglio e prezzemolo. C'è poi il calamaro alla brace con pancia di pecora e alghe: la pecora è una carne tipica in Umbria «ho pensato sin dall'inizio di metterla», il calamaro rende più elegante la carne ovina, marinata in acqua sale e zucchero per 24 ore e poi cotta per 36 ore, passata alla brace e tagliata sottilmente, infine coperta con tagliatelle di calamaro, «mi piace molto, è un piatto che rimetterò».

Sfogliato con agrumi e mele

La brace va per tutto, anche per i dolci, come nel caso della sfogliata, sorta di torta di rose con un mix di agrumi asciugati e affumicati per una notte sulla brace, accompagnata da mele cotte in sciroppo di acero e mela, panna di kefir home made. Con lui in cucina ci sono il sous chef Cosimo Branca (esperienze all'ATman, e all'Academy del Gambero Rosso) e la pasticcera Francesca Tomei. In sala con Perali la sommelier Valentina De Angelis e nei week end qualche extra in arrivo da Intrecci, la scuola di sala delle Cotarella's sister. Con loro ci sono anche dei progetti condivisi, come la cena con Gaetano Trovato del 21 marzo.

Cocktail bar e bistrot

Avviato Coro Bukri  tornerà agli altri spazi: il cocktail bar Gocce (che in orvietano antico è un'esclamazione che sta per: carino), su cui si punta molto, laboratorio di sperimentazione della cucina prima che aprisse il ristorante, oggi in via di consolidamento. Dietro al bancone c'è Domenico Sciacca, conosciuto a Cortona, che sta definendo una drink list stagionale in aperto dialogo con la cucina, per l'uso di tecniche come estrazione, criofiltrazione fermentazioni, basti pensare al Cetriolini, Dirty Martini con salamoia di cetriolini fatta da Coro, o il Raboso, un twist sul Negroni fatto con il rizoma del rabarbaro. «Quando abbiamo aperto avevamo una dozzina di snack, piccoli ma molto curati, per esempio con la tartare di pecora affumicata con il katsubushi. Stava andando alla grande, ne preparavamo dai 50 ai 70 a sera, certe volte anche di più, ma il mio cuore batte per il risotrante». Un lavoro di fino che richiederebbe la mano di un cuoco. Per ora quella lista si è ridotta, ma chissà che in futuro non torni a viaggiare a largo giro anche quella.

Per l'estate si prepara anche la riapertura del bistrot, dopo l'apertura nel periodo natalizio dove c'era una proposta di respiro internazionale con prodotti del territorio, una specie di bistronomia in salsa umbra che puntava ad avvicinare l'alta cucina alle persone in in una forma più semplice e immediata. Un passaggio che completa la proposta di Palazzo Petrvs che, ne siamo cert, entrerà nelle coordinate degli appassionati.

Coro - Palazzo Petrvs - Orvieto (TR) - Via dei Gualtieri 1 - +39 0763 967 231 - https://cororistorante.it

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