Il gelato dedicato alle donne è inutile. Iniziamo a dare dignità a chi lavora nel settore partendo dal nome

8 Mar 2024, 14:06 | a cura di
“Se sei donna spesso non ti prendono sul serio”, dicono alcune gelataie (o "gelatiere"?) che da anni lottano in un settore dove gli uomini sono sempre stati più numerosi. Ora le cose stanno cambiando, ma dovremmo anche trovare il termine giusto per chiamarle

“Pari opportunità: presentati tre gusti di gelato dedicati alla Giornata internazionale della donna”. Non è l'iniziativa di una gelateria, in tal caso non staremmo qui a polemizzare, ma è la decisione del comune di Genova, della Regione Liguria, in collaborazione con Confartigianato, di promuovere tre gusti di gelato per l'8 marzo in tre gelaterie di Genova. «I gusti di gelato dedicati alla Giornata internazionale della donna? Ci vorrebbe ben altro per sensibilizzare alle pari opportunità»: abbiamo chiesto ad alcune “gelataie” - che “gelatiere” suona ancora male – di raccontarci cosa significa essere donna e lavorare in questo mondo.

Cominciamo a cambiare le parole

Stando al vocabolario Treccani, gelatière indica «chi è addetto alla lavorazione di creme, aromi, latte, sciroppi e altri ingredienti per la produzione di gelati, e alla fabbricazione di questi, sfusi o confezionati. Nell’uso comune, gelataio». Però, sempre nell'uso comune, gelatiere e gelataio non vengono considerati sinonimi, come sottolineato dall'Accademia della Crusca: «Rispetto a gelataio, gelatiere sembra far riferimento a una maggiore specializzazione professionale. Fin qui tutto chiaro. I problemi emergono quando bisogna far riferimento a una donna che fa il gelato, che non è più cosa rara: fortunatamente – come emerso nella nostra ultima guida Gelaterie d'Italia – il mestiere del gelatiere non è più prerogativa solo degli uomini. Eppure non è contemplato l'omologo femminile di gelatiere. Sempre dal vocabolario Treccani, gelatièra è la macchina con la quale si fanno i gelati, la sorbettiera.

Basta con i gusti di gelato dedicati alle donne

Non sono questi i problemi? Ammesso e non concesso che non si tratti di sessismo linguistico, temiamo che questa iniziativa sia fine a se stessa. Insomma suonano eccessive le parole dell’assessore - vuole farsi chiamare così - alle Pari Opportunità di Regione Liguria Simona Ferro, secondo la quale «anche un gesto semplice come mangiare un gelato diventa l’occasione per riflettere sul significato dell’8 marzo». Eccessive, sempre a nostro avviso, come quelle dell'assessore alle Pari Opportunità del Comune di Genova Francesca Corso: «I tre gusti di gelato dedicati alla Giornata Internazionale della Donna – si legge nel sito del Comune di Genova – sono una lodevole iniziativa che accende i riflettori sulla parità di genere e sulla necessità di costruire tutti insieme una società davvero inclusiva e a misura di donna». Insomma, non c'erano altri modi per accende i riflettori sulla parità di genere, anche in gelateria? Qui le riflessioni di alcune donne del gelato, passateci la perifrasi, sulla disparità di genere che vivono ogni giorno, svolgendo il loro lavoro.

Alessandra Mariani - Oasi American Bar a Fara Gera D'Adda (BG)

«Quando sono in sala nei momenti clou, di sabato o domenica pomeriggio, certi “signori”, più o meno giovani, si prendono delle libertà che con mio papà mica si prendono. È un approccio “piacione” che vira alla velocità della luce non appena si accorgono che sono la figlia dei proprietari. Non è piacevole».

Cinzia Otri - Gelateria della Passera a Firenze

«A parte che il mirtillo non è di stagione – Cinzia fa riferimento a uno dei gusti “incriminati”, ndr – parliamo, invece, del fatto che noi donne, in gelateria e non, dobbiamo faticare di più per arrivare al traguardo, o anche solo per farci apprezzare. Vi faccio un esempio: c'è un signore che da anni mi aiuta in laboratorio, puntualmente quando entrano i clienti pensano sia lui il titolare e quando dico di essere io rimangono sorpresi. La cosa non migliora tra i colleghi: spesso il maestro gelatiere uomo ha una luce puntata in più rispetto alla donna».

Erika Quattrini – Gelateria Quattrini a Falconara Marittima (AN)

«Il problema della disparità c'è e lo constatiamo ogni giorno, la parità non va cercata in un gusto di gelato e trovo ci sia un pizzico di speculazione, o di ingenuità, nelle gelaterie che hanno partecipato all'iniziativa. Come dicevo, la disparità la constatiamo ogni giorno, a cominciare dal numero di gelatieri donne nettamente inferiore rispetto a quello degli uomini. Anche nella vostra guida: quante sono le donne premiate? So che è questione di proporzione ma rimane comunque eloquente. Noi donne dovremmo poter fare qualsiasi lavoro e ambire a qualsiasi risultato».

Maria Agnese Spagnuolo - Fatamorgana a Roma

«Se da un lato credo che più se ne parla e meglio è, dall'altro sono convinta che questo tipo di iniziative non servano a nulla se non ai vari politici per portare acqua al proprio mulino. Ad ogni modo, anche nel nostro settore c'è ancora tanta strada da fare per raggiungere una vera parità. Voi non avete idea di quante volte ho delegato mio marito nel rapporto con i fornitori perché a me non danno credito. Se chiamo io e dico che qualcosa non va, fanno orecchie da mercante, se chiama mio marito, l'atteggiamento cambia. Nel 2024!».

Antonella, Annalisa, Gabriella e Miriam Ricchiuto – G&co a Tricase (LE)

«A proposito di meraviglia – le sorelle Ricchiuto fanno riferimento alle linee guida di Stile Artigiano, che prevedevano la creazione di un gelato che associasse alla figura della donna il concetto di “meraviglia”, ndr – quando cominci a fare questo lavoro, la fatica fisica la metti in conto, quello che ti stupisce, che ti meraviglia è non essere prese sul serio come imprenditrici. Dal fornitore, alla ditta che ti segue i lavori di ristrutturazione, alla banca, tutti fanno la stessa domanda: dove è il titolare?».

Giovanna Musumeci – Santo Musumeci a Randazzo (CT)

«In gelateria, così come ogni mestiere che tocca il settore della cucina, è molto più facile per un uomo raggiungere determinati obiettivi. La donna poi ci arriva, ma con un po' più di fatica. Eppure le donne sono un enorme valore aggiunto, in laboratorio siamo tutte donne e posso dire con cognizione di causa che siamo più duttili e creative, ragioniamo su diversi piani contemporaneamente: ora, mentre peliamo i mandarini, stiamo ragionando sui bimbi a scuola o sull'olio della macchina da cambiare. Ad ogni modo non voglio star qui ad elencare tutte le qualità che abbiamo e non credo nemmeno nelle quote rosa, però, lì dove posso, spingo le donne, affinché non siano più le mogli di, le figlie di. Da quando sono co-direttrice tecnica di Sherbeth Festival la presenza delle donne è aumentata, e non per via delle quote rosa ma perché erano a pieno titolo lì. Basta solo riconoscercelo».

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