La norma anti Ferragni non convince gli esperti: "Fatta su misura, le regole Agcom non coprono tutti gli influencer"

12 Gen 2024, 17:50 | a cura di
Secondo il presidente dell'Agcom, con le nuove norme sugli influencer «è finito il Far West». Ma per Marco Cioni, imprenditore che lavora da tempo nei social media, diverse cose non tornano

Il presidente dell'Agcom, Giacomo Lasorella, ha detto che sugli influencer «è finito il Far West». Ma le misure introdotte dopo il Pandoro-gate contro la pubblicità occulta sono davvero una svolta epocale? E quanto le nuove norme sono tagliate sul caso Chiara Ferragni? Lo abbiamo chiesto a Marco Cioni, che lavora da tempo nell’ambito del digital marketing e del social media management, collaborando con i più importanti creator romani. È anche manager di Lorenzo Prattico (su Instagram conosciuto come "prattquello").

Norme “anti-Ferragni”?

Spiega Cioni: «I tempi tra la vicenda Ferragni e la diffusione di nuove norme da parte dell’Agcom coincidono. Potrebbe sempre essere una coincidenza, ma mi sembrerebbe piuttosto strano, anche perché, vedendo come sono state scritte queste regole, si capisce che sono pensate per un certo tipo di influencer». Le nuove norme contro la pubblicità occulta, al momento, sono rivolte ai soggetti che hanno oltre un milione di follower sui vari social e un engagement rate superiore al 2% su almeno una piattaforma. «Ferragni rientra in questo gruppo».

Con le nuove misure anche gli influencer sono tenuti al rispetto del Testo unico sui servizi di media audiovisivi «ma allora andare a limitare la validità di queste norme solo per chi ha almeno un milione di follower – sottolinea Cioni – sarebbe come regolamentare solo i film che incassano di più. Mi sembra piuttosto insensato. Anche chi ha 50mila follower può influenzare».

"Nessun Far West"

Cioni non condivide nemmeno il riferimento al Far West in relazione al mondo dei social prima dell’ultima mossa dell’Agcom: «Tutti i creator, almeno quelli che sanno fare il loro lavoro, da tempo usano l’hashtag adv e sono spesso le stesse piattaforme ad avere funzioni integrate per dichiarare le collaborazioni. Mi fa ridere sentir parlare di “giro di vite degli influencer". Le partnership pubblicizzate vengono segnalate da anni, spesso sono gli stessi brand a richiederlo. Poi certo, c’è chi non lo fa, ma non farei di tutta l’erba un fascio».

I dubbi sulle nuove regole

Le linee guida dell’Agcom stabiliscono che, in caso di contenuti con prodotti, gli influencer sono tenuti a riportare una scritta che evidenzi la natura pubblicitaria del contenuto «in modo prontamente e immediatamente riconoscibile». Un’indicazione che, a detta di Cioni, appare «non chiara, hanno dichiarato di aver lavorato a lungo a queste norme, avrei preferito se avessero detto che ci stavano lavorando da poco tempo».

Engagement rate: "Una definizione sbagliata"

Cioni sottolinea anche un altro passaggio delle nuove regole per gli influencer, che riguarda la definizione di engagement rate: «Si ottiene, per semplificare, sommando commenti, like, condivisioni e dividi per il numero di follower, ottenendo una percentuale. Il documento dell’Agcom parla, invece, di “contenuti hanno suscitato reazioni da parte degli utenti, tramite commenti o like, in almeno il 2% dei contenuti pubblicati”. Ma di quante reazioni parliamo? Non c’è un numero, ne bastano anche due o tre?».

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