A Roma esiste un bar che potrebbe passare benissimo inosservato, eppure vale la deviazione e pure il viaggio. Stiamo parlando del Bar del Cappuccino. Si trova esattamente di fronte al ministero della Giustizia e, a guardare da fuori l’insegna, dà l’impressione di essere uno di quei posti impolverati di una volta in cui passi solo a farti un caffè, e pure di sfuggita.
Il pastrami del Bar del Cappuccino: il fenomeno
Invece, è diventato uno dei posti più famosi della Capitale dove mangiare il pastrami, la specialità romeno-ebraica (poi statunitense) a base di carne. Dal mattino fino al pomeriggio, il piccolo bar adiacente al ghetto ebraico viene preso d’assalto da «persone che vengono qui apposta per provare il pastrami: giovani, che hanno visto un video sui social, oppure adulti e anche stranieri che cercano su Google; o anche gente da fuori Roma», racconta Adriano Santoro, uno dei titolari del bar. Si beve un caffè, un cappuccino, e sullo stesso bancone viene servita pizza bianca (o panino) con il pastrami.
«Proponiamo il pastrami da sempre, ma il riscontro incredibile l’abbiamo avuto nel momento in cui PrattQuello (influencer di cibo, ndr) è venuto qui a girare un video», continua Santoro. Da quel momento in poi, la vendita del pastrami è quasi raddoppiata. Volete dei numeri? Al giorno vengono venduti circa 12 chili di pizza. «Da un chilo riusciamo a ricavare circa otto o dieci pizzette, e in media usiamo quattro o cinque chili di pastrami al giorno». Se la matematica non è un’opinione, qui si sfornano quasi cento panini con pastrami al giorno. Eppure, stiamo parlando solo della versione con pizza bianca, perché se ci aggiungiamo anche i panini, i tramezzini e i cornetti salati, allora il numero degli ordini aumenta notevolmente.
I panini e la pizza con il pastrami
Ma cosa ha di particolare questo pastrami? Potremmo semplificare dicendo che è buono, ma al contempo c’è da dire che è l’esperienza che rende questo panino ancora più appetitoso. Nulla viene prodotto in house, tranne la maionese, il resto viene tutto da fuori: carne e pizza. «Il pastrami è proprio newyorchese, ce lo facciamo mandare da un nostro fornitore», spiega Santoro. La pizza scrocchiarella, come tradizione romana comanda, viene dalla pizzeria al taglio di fronte, dove a realizzarla è un pizzaiolo egiziano: «La sua pizza è eccezionale», ci tiene a sottolineare Santoro. Il tocco finale per renderla croccante al punto giusto è quello di scaldarla leggermente.
La ricetta più gettonata è la classica con cetriolini, pomodori, maionese e insalata. Ma si affiancano anche altre combinazioni: quella con scamorza e verdura, o solo con verdura.
Accanto al pastrami, in menù, compare anche la carne secca, preparazione ebraico-romana realizzata con carne di manzo cotta con il sale e speziata con il pepe. Il costo per tutti i panini con pastrami e carne secca è di otto euro, indipendentemente dalla versione classica o in altre varianti.
«Prima degli aumenti di elettricità e costi delle materie prime, il prezzo era di 5 euro», dice Santoro. Nel giro di un anno hanno dovuto aumentare il prezzo. Che sia stata una scelta onesta fatta per via dell’aumento reale dei costi, o una d’astuzia per cavalcare l’onda della popolarità, non lo sappiamo. Certo è, che 8 euro li vale tutti. Il posto è davvero piccolo, al bancone ci si può appoggiare per prendere un caffè o mangiare un panino velocemente, il consiglio è quello di sedersi ai tavolini fuori.
Bar del Cappuccino: la storia
La storia del Bar del Cappuccino inizia a Garbatella nei primi anni Ottanta quando Luigi Santoro, padre di Veronica e Adriano che ora gestiscono con lui il bar, era uno dei barman più famosi in città per il cappuccino: «Mio padre è stato uno dei primi a realizzare cappuccini decorati a mano (latte art, ndr), ed era diventato molto famoso», dice Adriano. Luigi Santoro ha girato il mondo con i suoi cappuccini, è stato invitato a fiere in Giappone, Grecia e anche in trasmissioni televisive come Pronto, Raffaella?, programma condotto da Raffaella Carrà nei primi anni Ottanta, oppure nella più recente Costume e Società, rubrica di approfondimento del Tg2.
Dopo l’esperienza di Garbatella, la famiglia Santoro ha deciso di spostarsi in una zona più centrale della Capitale e ha preso in gestione, nel 1999, il locale di via Arenula che apparteneva a Giancarlo Galeani e a sua moglie, di origini americane. «Siamo subentrati a loro e abbiamo deciso di proseguire la tradizione del pastrami che era già di successo: Galeani e la moglie lo somministravano già da trent’anni. La loro intuizione era stata geniale e abbiamo deciso di proseguirla», dice Santoro.
Via Arenula, a Roma, segna il confine d’inizio del ghetto ebraico e il bar era diventato il pit stop dei frequentatori di zona che, per cultura, non mangiano carne di maiale. Da cultura a tendenza, il passaggio, poi, è stato breve.