Oltreoceano lo amano grandi e piccini (sicuri che non scartano canditi e uvetta?). I fornai più hip di Brooklyn si sfidano a colpi di rinfresco del lievito madre per prepararlo. Mentre le pasticcerie artigianali in tutta la nazione spendono cifre elevate per la migliore arancia candita al di qua del fiume Hudson. Ma quando è nato nel Rinascimento fino all'inizio del XX secolo, è stato abbastanza difficile trovare il panettone al di fuori di Milano. Figuriamoci a Little Italy.
Il panettone negli Stati Uniti
Da allora le cose sono cambiate, ovviamente. Negli Stati Uniti si è iniziato a vendere intorno agli anni Settanta, e solo nei negozi e delicatessen italiani nelle grandi città abitate dalle maggiori comunità di immigrati. Adesso il business del panettone registra consumi e esportazioni per 500 milioni di euro, con Francia, Germania e Gran Bretagna come principali mercati europei, e invece Stati Uniti, Cina e Paesi mediorientali in vetta agli import extraeuropei. Nell'America suburbana e nelle località rurali (comunque rifornite da potente banda larga dove internet viaggia velocissimo) il panettone tuttavia è ancora un po' un mistero. Ma va tantissimo mangiarlo, perché in Italia si fa così.
Il panettone secondo gli States
Per stare al passo con le tendenze sui social, adesso in America è tutto un gran parlare, pubblicare e masticare panettone. Il Made in Italy mangereccio tira fortissimo su TikTok e Instagram. Non tutti oltreoceano sanno bene cosa sia il vero panettone. Se confezionato in una scatola bellissima, magari firmata Dolce e Gabbana, allora va provato. Ma quel mistero di sottofondo, quella placida ignoranza, resta. Basta leggere cosa si dice del panettone online.
Un grande muffin
Su TikTok, gli influencer che nel #panettone intuiscono un segmento di visibilità capace di fare klout, sono incuriositi, lo unboxano, lo assaggiano, lo commentano. Invece che cercarne prima storia e caratteristiche, lo associano a quello che gli è più familiare, svilendone così la nobile origine. L'abbiamo visto infatti chiamare "cupcake gigante" e "big muffin", o "come il pane ebraico, challa". Per non parlare poi di come ne pronunciano il nome.
Si dice "paneytone"
Alla lunga lista delle storpiature linguistiche delle parole nella lingua di Dante, specialmente quelle dell'universo culinario (vedi brushedda, ricada, gabagool, e via dicendo) si aggiunge anche il grande lievitato Made in Milan. Negli States la "e" finale è muta, che però cambia il tono della vocale precedente, cambiando il nome in "paneytone" (fa rima con telephone).
Non sanno distinguere un fake dal prodotto autentico
Già nel 2008 Alberto Bauli (all'epoca vice-presidente dell'Associazione delle Industrie Dolciarie Italiane, carica che ora detiene Michele Bauli) dichiarava ad un incontro alla presenza del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali che «7 americani su 10 che acquistano un panettone 'in stile italiano' stanno comprando un fake». Non è giusto, proseguiva Bauli senior, «che un prodotto con una storia culturale così ricca debba condividere lo spazio sugli scaffali con imitazioni provenienti dalle Americhe».
Il panettone è un dolce brasiliano
Con il diffondersi dell'Italian sounding l'americano medio del Tennessee cade ulteriormente in inganno. Degli oltre 30 milioni di pezzi prodotti in Sud America con nomi che sembrano italiani, ma che italiani non sono, buona parte finisce sulla tavola statunitense. Per un periodo questo ha portato a parlare di panettone come di un dolce tipico brasiliano, o peruviano: i due maggiori Paesi produttori dopo l'Italia. L'imprenditore Antonio D'Onofrio a Lima ha creato un impero con il panettone, grazie alle migliaia di immigrati piemontesi e lombardi arrivati qui dalla metà dell'Ottocento. Oggi, il marchio D'Onofrio (ora di proprietà della Nestlé) compete sul mercato internazionale contro Motta e altri grandi brand industriali, con panettoni impreziositi da pezzetti di papaya essiccata.
Sul panettone si fanno le domande più strane
Su Google cercando il termine "panettone", gli USA guidano la classifica con oltre 40,5 mila ricerche (l'Italia ne fa solo 27,1 mila). Fra le ricerche più bizzarre in lingua inglese, emerge un quadro singolare di varia umanità:
Quello che non ha mai mangiato pane: "Il panettone va mantenuto in frigo?"
Quello che non vuole peccare di appropriazione culturale: "Come si mangia il panettone in Italia?"
Quello che i 12 passi: "Il panettone contiene alcool?"
Occhio alle arterie: "Bisogna spalmare burro sul panettone?"
Curioso: "A che ora del giorno mangiano il panettone gli italiani?" La risposta "breakfast" è ancora più bislacca.
Metafisico: "Il pandoro è panettone?"
Il non-fan: "C'è chi mangia davvero il panettone?"
L'intollerante: "Esiste il panettone senza glutine e in versione ketogenica?"
Ma la ricerca più ricorrente online è: "Perché il panettone non ammuffisce?", "Perché il panettone dura così a lungo?", "Perché il panettone non va a male?". Vagli a spiegare le 30 ore di lievitazione, la percentuale di umidità tra il 4% e 12%, le uova di gallina di categoria «A» o tuorlo d'uovo, o entrambi, in quantità tali da garantire non meno del 4% in tuorlo, burro, in quantità non inferiore al 16%...
Il panettone è un regalo che si ricicla a Natale
Non che la cosa non accada anche in Italia, ma nella comunità italoamericana l'usanza di riciclare il panettone regalandolo ad altri è simbolo stesso del Natale, come si evince dalla parodia su TikTok di Guido Gaguzzi.
Forse la disinformazione è anche un po' colpa nostra
Al quesito riguardo il significato del regalare un panettone, il sito Eataly riporta: «Secondo la tradizione, gli italiani regalano questi dolci in quanto simbolo di fortuna e prosperità per il nuovo anno». Si impara sempre qualcosa di nuovo. C'è poi il negozio online (tutto italiano) che vende cibi americani "Affamati USA" che ha creato un mostro: per questo Natale ha lanciato un panettone ripieno di crema al burro d'arachidi e cioccolato, ricoperto da glassa al cioccolato con granella di noccioline. Ecco la lista degli ingredienti (in assenza di correttore ortografico) dove abbondano ingredienti strani ed esubero di parentesi:
Farina di grano, burro belga, tuorlo d'uovo, lievito madre, zucchero semolato, gocce di cioccolato 5% (fave e burro di cacao, zucchero, latte intreo in polvere, emulsionante: lecitina di soia, estratto naturale alla vaniglia, miele, emulsionanti (mono e digliceridi, degli acidi grassi, esteri poligliceridi degli acidi grassi), sale di Pirano, vaniglia Bourbon del Madagascar. Ingredienti della farcitura al burro di arachidi 20%: crema pasta bianca zucchero, olio di girasole, latte magro in polvere, burro di cacao, emulsionante: lecitina di soia, Fior di Sale Istria Piranske Soline, vaniglia pura in polvere), bagigi in crema 20%(arachidi(cultivar virginia)zucchero, sale). Ingredienti della glassa 5%: cioccolato 4%, fave di cacao, zucchero, burro di cacao, emulsionante:lecitina di soia, estratto naturale di vaniglia, zucchero semolato, glucosio, alcool.
Che esagerazione, penserete voi. Eppure nello shop online è già esaurito.