"Cosa manca a Roma? Un vero pub britannico". La Capitale vista con gli occhi di una giornalista del Guardian

9 Nov 2023, 16:46 | a cura di
Il suo sogno era scrivere, il suo grande amore il cibo, il resto ormai è storia per i lettori del Guardian. Con la sua rubrica, Rachel Roddy racconta l’Italia agli inglesi, direttamente dalla sua cucina a Testaccio


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Il cibo italiano non esiste, e nemmeno quello inglese. O meglio, nessuno dei due esiste senza l’altro, nessuna cucina si regge da sola, “è tutto integrato, la gastronomia è globale, le culture si intersecano e va bene così”. E per fortuna, altrimenti non avremmo la fortuna di leggere Rachel Roddy, autrice britannica da 18 anni trapiantata in Italia, che con la sua rubrica “A Kitchen in Rome” sul Guardian offre uno sguardo sincero della tavola tricolore.

A Kitchen in Rome

Ricette, ma soprattutto storie, “la mia è una rubrica narrativa, non mi definirei un’esperta di cibo anche se è sempre stato un elemento importante nella mia vita”. Soprattutto grazie alla nonna, che gestiva un pub a Manchester, “un locale tipicamente del Nord dell’Inghilterra, di quelli come non ce ne sono più ormai”. A Roma ci finisce senza un reale motivo e poi ci resta per il suo compagno siciliano, per il cibo, ma prima di tutto per la scrittura. Un’avventura che comincia nel 2006 con il suo blog, e poi con l’appuntamento sul Guardian, "il quotidiano che ho sempre letto", che va avanti ancora adesso. La sua penna, unita a una rara attenzione per i dettagli, ha conquistato ben presto anche le case editrici, e attualmente Rachel sta lavorando al suo quarto libro.

La bellezza dei pub inglesi (e delle patate)

Nel tempo ha collaborato con riviste italiane come Internazionale e L'Integrale, e intanto il suo approccio alla cucina è cambiato, “bisogna andare oltre gli stereotipi, prendere il buono e il bello che c’è. Ho iniziato ad apprezzare veramente la tavola italiana quando ho superato quella sensazione di stupore iniziale”. E così ha potuto rivalutare anche la cucina britannica: "Prendiamo le verdure, per esempio. I pomodori sono stupendi, ma amo la tradizione dei tuberi che c'è nel Regno Unito… carote, pastinache, porriNiente mi rende più felice delle patate al forno, forse solo le mele”.

Sono quasi vent’anni che Rachel ha scelto Testaccio come suo quartiere del cuore, “autentico e tradizionale, mi ha stregata da subito” ma un po’ di nostalgia di casa è inevitabile. Cosa manca a Roma? Certamente, un vero pub britannico, "con quell'atmosfera unica al mondo, senza contare la cucina, che in alcuni pub di campagna raggiunge livelli straordinari”. Non esiste un corrispettivo italiano del pub, “ciò che più si avvicina sono le trattorie, la prima volta che vi ho messo piede mi sono risentita finalmente a casa”.

Roma, a passo lento e deciso

Nella sua Testaccio una tra tutte è la trattoria del cuore, Piatto Romano, “una cucina golosa che negli anni si è evoluta pur mantenendo il carattere genuino degli inizi”. Ecco, è questo l’aspetto della Capitale che più di tutti affascina l’autrice, “Roma ci mette tanto a cambiare ma poi, quando lo fa, è per sempre”. È così, anche se noi romani a volte tendiamo a dimenticarlo: negli ultimi anni la città si è dimostrata sempre più capace di accogliere ogni tendenza, comprenderla e restituirla al pubblico in una serie di format diversi. Lo ha fatto a modo suo, certo, con quel ritardo a cui forse ormai ci siamo un po’ tutti abituati. Ma poi, quando la svolta arriva, è netta.

Rubrica di Rachel Roddy sul Guardian

Un format che funzioni (e che resti)

Basti pensare alla rivoluzione dei vini naturali, che specialmente in zona Sud ha portato una serie di proposte nuove e sempre azzeccate, oppure al mondo dei caffè specialty che si fa sempre più composito, con insegne promettenti, nate con l'intento di restare. Al contrario di quanto accade in altre città: “Prendiamo Londra, per esempio. Si trova di tutto lì, è vero, qualsiasi formula più innovativa, ma poi sono pochi i locali che resistono, non è un’innovazione stabile". Roma, dal canto suo, procede a passo lento ma deciso, “e questo è apprezzabile”.

Un esempio perfetto per raccontare questo fenomeno secondo Rachel è Sinosteria, “un ristorante di cucina cinese con una selezione straordinaria di vini italiani, in particolare dall’Abruzzo, con un’attenzione al naturale e poi una grandissima cura nella scelta dei caffè”. Format più ibrido - e riuscito - non ce n’è. Il luogo preferito oltre a Roma? “Sono molto legata alla Sicilia ma a stupirmi davvero è stato il Piemonte, una terra incredibile che ha tanto da offrire. Il prossimo viaggio sarà in Friuli, sto leggendo molto al riguardo e sono certa che non mi deluderà”.

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