Vendemmia difficile quella italiana, non solo per clima e fitopatie ma anche sul fronte della ricerca della manodopera. Nel vigneto nazionale, stimato a circa 42 milioni di ettolitri dopo un abbondante 2022, la stagione è cominciata ai primi di agosto e le aziende vitivinicole si sono ritrovate di fronte a una penuria di operai e braccianti, secondo un trend che negli ultimi anni si sta facendo sempre più pesante, e pressante. Non c'è solo l'effetto del reddito di cittadinanza – sarebbe riduttivo attribuire le ragioni di un allontanamento dai lavori agricoli a una misura che il Governo sta via via riducendo e che, a detta degli esperti, non ha impattato in modo rilevante – ma a giocare un ruolo decisivo è una combinazione di fattori che vanno dalla costante diminuzione di manodopera proveniente dagli storici Paesi fornitori nell'Unione europea, alla meccanizzazione crescente tra le imprese e alle difficoltà burocratiche collegate al Decreto flussi che, di fatto, stanno impedendo ai cittadini extra-Ue di giungere in Italia in tempo utile.
Carenza di braccianti in aumento
Dalla Sicilia al Piemonte, dal Veneto alla Puglia, la situazione è diversificata, a seconda del tipo di territorio dove si raccolgono le uve e a seconda delle Dop interessate. Difficile offrire un panorama esaustivo. Tuttavia, con Roberto Caponi, responsabile Direzione lavoro e welfare di Confagricoltura, abbiamo provato a inquadrare il problema. Il dato incontrovertibile è che la penuria di lavoratori in vendemmia è reale: “Gli italiani sono sempre meno disponibili, l'istituzione del reddito di cittadinanza ha in parte contribuito a ridurre negli anni le disponibilità; ma esiste, poi, un problema del calo degli arrivi dai territori neo-comunitari, da Polonia, Romania, Bulgaria: un trend legato al graduale sviluppo economico dei rispettivi Paesi”.
I ritardi del decreto flussi
La carenza di personale potrebbe essere soddisfatta dal Decreto flussi, ma la misura governativa è arrivata anche in questo 2023 in ritardo rispetto alle esigenze delle imprese. Dapprima, un contestato click day a marzo, poi un'integrazione a luglio. Pertanto, anche la raccolta delle uve sta subendo le conseguenze di una politica e di una burocrazia ancora non al passo coi tempi. Si parla di decine di migliaia di lavoratori. Per dirla coi numeri, il settore vitivinicolo pesa per il 20% delle assunzioni annue in agricoltura, che registra nel complesso un fabbisogno di circa 100mila operai. I 44mila autorizzati nella prima finestra di primavera, integrati (con meccanismo a scorrimento cronologico) da altri 40mila da un decreto correttivo a luglio, stanno facendo fatica a essere messi in regola per la campagna vendemmiale e, pertanto, non sono tutti immediatamente arruolabili. Colpa anche della lentezza, fa notare lo stesso Caponi, con cui i vari Consolati italiani stanno operando nella concessione dei visti di ingresso agli operai nei rispettivi Paesi di provenienza.
Il lavoro agricolo in cifre
In Italia, su oltre 1 milione di lavoratori agricoli dipendenti, sono 318.362 gli stranieri (il 32% del totale). Di questi, 104mila sono comunitari e 214mila sono non comunitari. Tra i primi, le provenienze sono da Romania (72%), Bulgaria (8%), Polonia (7%), Germania (5%), Slovacchia (4%). Tra gli extra Ue la maggior parte proviene dall'India (17%) seguita da Albania (16%), Marocco (15%), Tunisia (7%), Senegal (6%) e Pakistan (5%). Considerando le regioni italiane, la maggiore incidenza degli stranieri in agricoltura si riscontra in Emilia-Romagna, Puglia, Sicilia, Trentino Alto Adige, Veneto, Lombardia e Toscana, secondo i dati Nomisma per l'Osservatorio Eban.
L'articolo integrale è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 7 settembre 2023
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