Il primo studio risale al 1995, quando si scoprì che il sale può essere la perfetta controparte per il gusto amaro, ma negli ultimi mesi anche il mondo del web sta valutando l’ipotesi di aggiungere un pizzico di sale al caffè. Un hack, come si usa nel gergo dei social network, trucchetto che può aiutare a ridurre l’amaro e rendere la bevanda più equilibrata, facendone risaltare altre componenti meno sgradevoli. Alla base c’è un motivo scientifico, perché il recettore del sale è in grado di sovrastare quello dell’amaro (senza mai abusare di alcun ingrediente), e in passato c’è già stato chi aveva provato a suggerire questa dritta. Nel programma Good Eats, per esempio, il conduttore Alton Brown ha consigliato al pubblico di unire mezzo cucchiaino di sale in ogni tazza di acqua usata per preparare il caffè.
Il sale nel caffè per togliere l’amaro
Sui social se ne parla ora, ma l’accoppiata caffè e sale non è proprio nuova: in Turchia, per esempio, è tradizione che la futura sposa prepari una tazzina al marito aggiungendo un po’ di sale durante la festa prematrimoniale. Anche a Taiwan esiste una bevanda che unisce questi due elementi: un americano ghiacciato con schiuma di latte leggermente salata. Al Nord della Scandinavia molti mescolano il sale nel caffè filtro, abitudine consolidata anche in Vietnam. Non le bevande più comuni, forse, ma comunque esistenti già da tempo. Veniamo, però, ai giorni nostri e al trucchetto che spopola sui social: serve davvero? La risposta, in breve, è no. Il motivo sta nella qualità della materia prima usata: la sensazione amara è presente anche in moltissimi caffè pregiati, nei famosi specialty, ma in proporzioni, misure e sfumature per niente sgradevoli. Stiamo parlando di un sentore lieve e ben armonizzato agli altri gusti (acido e dolce): se è buono, il sapore dell’espresso non va mai coperto (né quello del caffè filtro, della moka e così via).
Perché non è necessario aggiungere nulla al caffè
La caffeina è in parte responsabile per la sensazione amara, ma parliamo di una percentuale bassissima. A rendere il caffè (e la bevanda finale) sgradevole sono i chicchi di partenza e la loro lavorazione. Intanto, partiamo dal principio: la robusta è più amara dell’arabica, ma naturalmente esistono tante tipologie di entrambe le specie (ci sono dei caffè robusta molto buoni). La gran parte della robusta utilizzata per miscele commerciali (parliamo di marchi dai grandi numeri, quelli dal gusto più “tradizionale” italiano) porta con sé delle note amare non piacevoli. E poi la tostatura: più è scura, più la percezione dell’amaro sarà accentuata. Per non parlare dei metodi di conservazione scorretti che possono portare i chicchi a irrancidire e far emergere così ancora di più la componente astringente e spiacevole. Quando ci si trova di fronte una buona tazzina, invece, non è necessario aggiungere nulla, che si tratti di zucchero o sale. È una delle battaglie portate avanti con più decisione dai baristi professionisti, che invitano i clienti a provare la bevanda in purezza. Ma si sa, alcune abitudini sono dure a morire, e la mano afferra spesso la bustina di zucchero in maniera automatica. Se la materia prima è buona, però, non serve altro. Neanche il sale.