LA PERSONA | Un artigiano nel nome del Taurasi: Michele Perillo è da sempre poco avvezzo ai riflettori o agli eventi mondani. Si sente più a suo agio nella vigna, pochi ettari vitati che cura con attenzione e sapienza antica. Nel 1999 decide che è ora di mettersi in gioco: non vende più le uve, non fa più vino sfuso ma inizia a imbottigliare: inizia da qui il mito dei Taurasi di Michele, vini che oggi escono sul mercato solo dopo almeno dieci anni dalla vendemmia. Attualmente a dargli una mano tra le botti e i filari ci sono anche i due figli, Felice, laureato in Enologia, e Nicola, agronomo.
LA VIGNA | Siamo sul limite meridionale della DOCG Taurasi tra i comuni di Castelfranci (un ettaro dietro la cantina, quattro in Contrada Baiano) e Montemarano, dove ci sono altri cinque ettari. Tutte le viti sono molto vecchie: tranne un paio di ettari di vigneti più "giovani", che vanno dai 15 ai 30 anni, il resto del vigneto è occupato da piante allevate ancora a "raggiera avellinese", impiantate dal nonno di Michele al ritorno dalla Prima Guerra Mondiale. Il Quindicianni proviene proprio da quell'ettaro alle spalle della cantina, dove il 90% delle viti sono a piede franco: insistono su un terreno molto particolare, diverso da tutti gli altri suoli aziendali: infatti i primi 20/30 centimetri sono composti da terreno sabbioso che lascia subito spazio all'arenaria compatta, praticamente roccia.
IL VINO | Il Quindicianni non esce in tutte le annate, ma solo in quelle più performanti. Proprio come la 2005 (annata con cui il Taurasi ha anche portato i primi Tre Bicchieri in casa Perillo, nell'ormai lontano 2011). Con il Quindicianni '05 abbiamo a che fare con un vino di estrema profondità già nello spettro aromatico in cui la foglia del tabacco apre la strada a erbe officinali e alloro, contornate da venature speziate di pepe nero e un ricordo lontano di cassis e rosa appassita. La bocca è impressionante per l'energia ancora in grado di sprigionare all'interno di un sorso fitto ma dal tannino perfettamente estratto e ancora arrembante. Nel finale ritornano le suggestioni percepite al naso, amplificate dalla carezza di un calibrato calore alcolico.