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Gli alimenti più semplici, così come i delicati equilibri delle più elaborate ricette, sono in primo luogo una questione di chimica. Si tratta di un concetto da accettare, in quanto base insostituibile per avvicinarsi o addentrarsi più profondamente nel mondo della cucina: demonizzare il termine “chimica” non porta molto lontano, sebbene sia ormai un luogo comune criticare o quanto meno raccomandare una forte dose di attenzione nei confronti degli additivi chimici. Evitarli non è la strada migliore, perché, appunto, quando si fa cucina, inevitabilmente si fa chimica: da qui, emerge chiaramente l’importanza di riconoscere i principali additivi e, tra questi, saper evidenziare quelli necessari, da dosare e usare soltanto secondo le autentiche necessità del piatto che si intende creare.
MOCA ed EFSA
Vale la pena ribadire la premessa: non si può escludere la chimica dall’arte culinaria. Ogni ingrediente, infatti, è un insieme di molecole che entra in contatto con imballaggi e macchinari, senza contare agenti atmosferici e manipolatori di varia natura. Lasciando libera l’immaginazione, anche gli chef meno ferrati in chimica possono rendersi conto di come le molecole di un imballaggio, ad esempio, possano lasciare la loro traccia su un particolare alimento, o, ancora, di come certe reazioni possano alterare la qualità di un prodotto alimentare. Si tratta di fenomeni estremamente comuni, che è tuttavia compito di aziende e consumatori, a vario titolo, cercare di contenere, per il benessere di tutti, al di là dunque del successo di una ricetta.
Logica conseguenza, dunque, è di porre particolare attenzione a tutti i MOCA, ossia a tutti qui materiali che, per una ragione o per l’altra, sono pensati per entrare in contatto con gli alimenti e su cui, per necessità chimica, potrebbero far migrare sostanze di varia natura. Non bisogna creare allarmismi di alcun tipo, perché è evidente che impedire completamente compromissioni di qualsiasi natura è pressocché impossibile: tuttavia, tenere sotto controllo i MOCA mediante le direttive dell’EFSA, ossia l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, è certamente un obiettivo desiderabile.
Non a caso, tutto quello che in Europa ha a che fare con allergeni, OGM e additivi alimentari passa attraverso un parere dell’EFSA, su cui poi si basano le disposizioni a livello di Unione Europea. Com’è ovvio, però, anche il consumatore che, a qualsiasi titolo, si sta avvicinando a determinati prodotti alimentari, ha il diritto e la responsabilità di riconoscere il significato di alcuni termini e codici, soprattutto se sulla presenza e l’assenza dei corrispondenti additivi chimici si dibatte tanto, al punto da dimenticare che tutto il mondo, in fondo, è una questione di chimica.
Gli additivi sulle etichette
Si tratta di un’abitudine ormai sempre più radicata: leggere le etichette dei prodotti alimentari è un passo essenziale per conoscere al meglio il prodotto e svelare l’esistenza di particolari additivi. Gli additivi in questione possono essere naturali o, al contrario, frutto di sintesi in laboratorio: in nessun caso possono essere presenti in una percentuale tale da danneggiare il consumatore, che oggi è sempre più preparato sulla loro funzione e sul loro utilizzo da parte delle aziende.
Alcuni additivi, ad esempio, sono molto comuni, come gli addensanti nel campo delle creme alla nocciola o delle salse e dei gelati: si tratta di una classe di additivi pensata appositamente per migliorare la spalmabilità di questi prodotti, agendo sulla loro consistenza e rendendoli più cremosi. Un altro valido esempio è costituito dai correttori di acidità, utilizzati per rendere più aspro il sapore di certi alimenti. Estremamente diffusi, e spesso demonizzati, sono poi i conservanti, la cui funzione è proprio quella di rallentare il processo di deterioramento del prodotto alimentare.
Vale la pena ricordare che esistono additivi che si prestano anche ad applicazioni estranee al processo alimentare. Un esempio su tutti è offerto dal glicerolo, o glicerina vegetale: l’additivo in questione è riconoscibile sulle etichette alimentari grazie al codice E422, ma si può trovare anche nei liquidi per sigarette elettroniche, per aromatizzarli, come si può notare sul sito di Svapocafe che riporta gli ingredienti dei liquidi. Additivi più specifici, infine, possono appartenere alla vasta categoria degli aromatizzanti: questi elementi, spesso sintetizzati in laboratorio chimico, sono pensati appositamente per restituire un sapore o uno specifico aroma a un alimento che, normalmente, non possiederebbe quella particolare caratteristica.
Così, tra edulcoranti, coloranti e esaltatori di sapidità, si allunga la lista di tutti quei prodotti chimici che, ormai a vario titolo, sono entrati di diritto tra gli additivi più noti. Le raccomandazioni e le linee guida dell’EFSA saranno sempre preziose per capire come trattare gli alimenti, soprattutto in relazione ai MOCA adoperati per il loro trattamento, ma ciò che più conta è rendersi conto che non si può pensare alla cucina senza mettere ricette e preparazioni in termini di elementi e processi chimici: additivi e reazioni chimiche sono inevitabili, e per questo è necessaria una sempre maggiore consapevolezza da parte di tutti gli agenti della filiera alimentare, dalla produzione al consumo.