La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti questa rubrica dedicata alle donne, non tanto perché crediamo nelle quote rosa ma perché è fondamentale parlare e sensibilizzare sulla parità di genere. Ed è altrettanto fondamentale farci portavoce di donne che hanno raggiunto importanti obiettivi nel proprio settore. Qui l'intervista ad Alessandra Oddi Baglioni, imprenditrice agricola, alla guida di Confagricoltura Donna.
Intervista ad Alessandra Oddi Baglioni
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati – se ce ne sono stati - gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?
Dipende dalla fase attraversata durante il mio percorso lavorativo. Da giovane dipendente d’azienda ho pagato sulla mia pelle le scelte compiute: prima di tutto quella di aver voluto una famiglia e dei figli, che si è scontrata con il lavoro così come è ancora concepito, senza una conciliazione tra vita personale e impegni professionali. È, questa, un’antica questione ancora irrisolta. Da imprenditrice agricola, invece, non ho avuto alcun problema, addirittura non mi sono accorta dell’esistenza di disparità tra uomini e donne.
L’impresa non ha genere e gli ostacoli, che pur ci sono soprattutto in questo periodo e sono tanti, li viviamo tutti sulle nostre spalle. Durante la pandemia abbiamo capito che difficoltà di connessioni, problemi di infrastrutture materiali e immateriali riguardavano molte delle aree del nostro Paese, diventate svantaggiate anche se tecnicamente si trovano in luoghi che sembrerebbero avere tutt’altra vocazione. Per non parlare del conflitto russo ucraino e della siccità…
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Come presidente di Confagricoltura Donna mi sforzo di mantenere vivo il dibattito e l’attenzione sulle esigenze delle imprese agricole. L’universo femminile si distingue per la concretezza e, ad esempio, in occasione del recente decennale della nostra associazione, abbiamo affrontato una riflessione sulle aree svantaggiate, dove le imprese agricole condotte da donne sono molto numerose, confrontandoci con il mondo politico. Si tratta di aree agricole ad alto potenziale di sviluppo, frenate dalla mancanza di adeguate infrastrutture materiali e immateriali. Le donne, però, stanno imparando a unirsi e fare rete: non è un caso che la presenza femminile nelle società, soprattutto delle più giovani, sia fortemente cresciuta. Da imprenditrice, nella mia azienda, cerco di farmi guidare dal buon senso: capire le esigenze delle lavoratrici, cercando di non penalizzare i dipendenti uomini.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
I tempi, finalmente, potrebbero essere maturi. Il Covid ha promosso lo smart working e i webinar, che varrebbe la pena di considerare una modalità di lavoro acquisita. Certamente, come in ogni occasione, non andrebbe perso di vista il buon senso, un’arma potentissima, che andrebbe utilizzata di più e che dovrebbe guidare tutti noi, governo compreso, per permetterci di affrontare le difficoltà e trovare soluzioni realistiche ai diversi problemi.
Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.
Direi che le giovani generazioni, solitamente, sono più sensibili sui temi della parità di genere. Detto questo - anche se culturalmente non sono favorevole alle quote - ritengo possano, almeno in questa fase, essere uno strumento importante per velocizzare quello che dovrebbe essere un processo naturale, in cui andrebbe riconosciuto sempre ed esclusivamente il merito delle persone.
Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.
Quando ho iniziato a lavorare in una grande azienda in quanto donna dovevo indossare un camice nero e i colleghi maschi ne erano esentati. Se rispondevo al telefono e c’era dall’altra parte una voce maschile subito mi diceva “signorina scusi” - interrompevo - ”mi dica signorino” ed ecco che il tono immediatamente cambiava: “buon giorno dottoressa” e io: ”buon giorno a lei dottore, mi dica…”. Ne abbiamo fatta di strada, ma il cammino è ancora lungo.