La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti questa rubrica dedicata alle donne, non tanto perché crediamo nelle quote rosa ma perché è fondamentale parlare e sensibilizzare sulla parità di genere. Ed è altrettanto fondamentale farci portavoce di donne che hanno raggiunto importanti obiettivi nel proprio settore. Qui l'intervista a Marcella Mallen, presidente AsviS.
Intervista a Marcella Mallen
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati – se ce ne sono stati - gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?
Avrei desiderato poter contare su un orario più flessibile legato non solo alla maternità ma alle esigenze della intera vita familiare e sociale, in cambio di una misurazione dei risultati effettivamente raggiunti. Le carriere, in tutti i contesti lavorativi, continuano ancora oggi a richiedere alti investimenti di tempo: orari senza limite anche quando non serve, riunioni fissate oltre il normale orario di lavoro, impegni che spesso le donne non si possono permettere, al contrario degli uomini. Il problema non è tanto quello di aiutare le donne per accedere alle stesse opportunità che hanno gli uomini, quanto quello di costruire un nuovo equilibrio tra vita e lavoro sia per gli uomini sia per le donne. Sul piano manageriale questo equilibrio passa dalla capacità di individuare criteri “flessibili” e “sostenibili” su cui riprogettare gli strumenti di gestione e di sviluppo.
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Credo che un sistema di valorizzazione basato sulle competenze e sui meriti, attraverso una valutazione fatta per obiettivi, possa essere una delle chiavi per facilitare il mondo femminile. A mio avviso occorre adottare una logica di gestione positiva della diversità, in grado di accogliere le differenze anziché perseguire le eguaglianze. Bisogna poi investire in servizi e welfare per assicurare alle donne e agli uomini un equilibrio di vita effettivo e sostenibile. In questo, l’Agenda 2030 è da considerarsi come una grande architettura su cui costruire l’empowerment delle donne. Nell’ASviS seguiamo la questione sia in maniera trasversale e sia nello specifico, tramite il lavoro del gruppo dedicato al quinto degli SDGS, proprio quello sulla parità di genere. Se guardo al passato, nel corso della mia esperienza lavorativa ho tagliato molte prassi e rituali che ritenevo obsoleti e inutili e ho messo a disposizione, senza riserve, ciò che sapevo fare meglio: la gestione per progetti, il coinvolgimento, l’innovazione nei linguaggi, l’apertura verso l’esterno. A volte non del tutto capita, ma comunque sempre sostenuta e riconosciuta per la diversità. Diciamo che sono stata un elemento di discontinuità, una specie di apripista che ha generato cambiamenti profondi all’interno della comunità manageriale.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
Tra le leve per sviluppare nel Paese politiche di empowerment c’è senz’altro quella di sensibilizzare tutte le sedi della formazione per facilitare l’accesso delle ragazze alle competenze stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e in generale alle Ict (tecnologie dell'informazione e della comunicazione). L’ambito tecnologico non è, come si pensa generalmente, appannaggio del mindset maschile. Al contrario, potrebbe beneficiare dello sguardo femminile, spesso meno binario e più olistico di quello maschile. Occorre quindi favorire nelle donne una maggiore comprensione, sensibilità e senso critico nei confronti della tecnologia e, al contempo, allargare nel digitale la prospettiva ad aspetti culturali, valoriali e comportamentali, determinanti nella riconfigurazione dei modelli di relazione e condivisione. Tutto ciò anche tenendo conto delle importanti risorse che arriveranno dal Pnrr sul tema dell’innovazione, e dall’utilizzo del Fondo per l’imprenditoria femminile costituito presso il Mise.
Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.
Il primo passo è continuare a misurare il gap attraverso indicatori e dati affidabili per migliorare la comprensione del fenomeno. Sono anche favorevole a misure come le quote di genere, introdotte dalla legge Golfo-Mosca, intese a riequilibrare sul piano di genere i modelli di governance nelle società quotate. Ritengo poi indispensabile estendere nel nostro Paese ad almeno due mesi il congedo obbligatorio di paternità. Credo inoltre siano da cogliere le proposte emerse all’ultimo W20, il gruppo di lavoro della società civile sull’empowerment femminile, che riguardano sia il rifiuto dell’ottica dell’inclusione - come se le donne fossero una categoria a parte e non la metà dell’umanità - sia l’invito a stringere alleanze con gli uomini per dare una spallata decisiva al divario di genere.
Penso, comunque, che la vera sfida sia quella di riuscire ad abbattere una resistenza culturale profonda, basata su stereotipi e pregiudizi radicati. Per farlo serve investire sull’educazione e la formazione, promuovendo una più matura attenzione e più ampia apertura ai temi della diversità. Solo così sarà possibile considerare i diritti delle donne e il divario di genere non più una questione femminile ma una questione che riguarda il futuro e il benessere dell’intera società.
Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.
Ero vicina alla soglia degli “anta” quando il mio capo, una persona visionaria e di grande spessore umano ed etico, mi lanciò la sfida di lasciare la mia zona comfort all’ufficio legale per diventare responsabile del personale. Gli dissi che avrebbe potuto trovare competenze più mature, che non lo avevo mai fatto, e mi rispose: “è proprio per questo che te lo propongo, perché so che ce la puoi fare”. Un’esperienza che mi ha trasformato e mi ha insegnato molto: imparare a imparare, uscire dall’iperspecializzazione per diventare una manager ibrida con una visione multidisciplinare dell’organizzazione, affinare la capacità di ascolto e l’empatia. Un esempio di come a volte una “spinta gentile” abbia il potere di aiutare a superare un pensiero auto-limitante femminile aprendo nuove opportunità.
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