Nel nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia appena varato dal Consiglio europeo c’è anche il vino, con lo stop alle spedizioni verso Mosca di bottiglie sopra i 300 euro (anche se la Commissione Ue dovrà chiarire nei prossimi giorni se per unità intende bottiglia o cassa). Un provvedimento che ha l’obiettivo di sospendere le forniture di beni di lusso agli oligarchi: da qui la scelta di indicare una soglia così alta. Poca cosa per l’Italia, visto che la misura lascia fuori grossa parte delle esportazioni dal Belpaese, primo fornitore di vino del mercato russo, davanti alla Francia, con un giro d’affari diretto di oltre 150 milioni di euro (che diventano 350 milioni se si considera la triangolazione con la Lettonia).
Le conseguenze della svalutazione del rublo
Se, quindi, questo provvedimento non mette troppo in agitazione il settore, a preoccupare è tutto il resto, come evidenzia a Tre Bicchieri il segretario generale di Unione Italiana Vini Paolo Castelletti. “In primis c’è da considerare la svalutazione del rublo” dice “che ha già perso oltre il 50% e che comporta una revisione della contrattualistica per le aziende italiane. Senza contare che, al di là di come andrà a finire il conflitto, nei prossimi mesi e anni dovremo fare i conti con una capacità di spesa molto ridotta di tutta la popolazione e gli stessi importatori russi poterebbe pretendere una riduzione dei listini. A questo bisogna aggiungere i forti rallentamenti legati al conflitto e al passaggio dei vini in Lettonia, dove da prassi vengono aggiunti i contrassegni russi, prima di mettersi in viaggio verso Mosca. Non da ultimo, pesano anche i blocchi alle banche russe, dal momento che molte aziende avevano delle fideiussioni bancarie o assicurative per coprire il rischio di credito”. La situazione è, quindi, molto complessa e il ritorno alla normalità non si annuncia per nulla dietro l’angolo. A questo quadro poco idilliaco si aggiunge, poi, la black list di prodotti da Ue e Usa che il presidente russo Putin ha annunciato per le prossime settimane. Sulla lista non si hanno al momento indiscrezioni; il rischio per il settore è che tra i beni messi al bando figuri anche il vino, fino a questo momento escluso dall’embargo - ancora in vigore - del 2014.
Chi ne pagherà le conseguenze maggiori?
“Se complessivamente il settore può sopportare i problemi legati all’area russa” risponde Castelletti “le maggiori difficoltà riguarderanno quei consorzi (vedi ad esempio Asti o Lambrusco; ndr) e quelle aziende che avevano nel mercato russo uno dei principali interlocutori o che avevano scommesso negli ultimi anni anche sull’Ucraina, una delle piazze che, insieme alla Corea del Sud, era cresciuta di più nel 2021, mettendo a segno un tondo +30%”. Tutto da rifare. E, intanto, tra le altre conseguenze della difficile situazione geopolitica c’è l’inarrestabile rialzo della bolletta energetica, del gasolio, del petrolio e dei concimi. Anche nel 2022 - su cui in molti avevano scommesso come l’anno della ripresa – ci sarà da stringere i denti.
Cia: “Troppo alto il prezzo pagato dall’agricoltura”
“L’agricoltura italiana sta già pagando un conto salato per effetto della guerra in Ucraina” ricorda Cia, riferendosi alle le speculazioni sul prezzo di grano, mais e soia e ai rialzi della bolletta energetica, del gasolio e dei concimi, che sono raddoppiati se non triplicati rispetto a un anno fa (da sola la Russia produce più di 50 milioni di tonnellate all’anno di fertilizzanti, il 13% del totale mondiale). “Per questo, non c’è più tempo da perdere” ribadisce il sindacato degli agricoltori “servono interventi urgenti da parte delle istituzioni per permettere alle aziende agricole di fronteggiare la crisi, partendo dagli incentivi alla semina di mais, anche attraverso strumenti assicurativi; al taglio delle accise sul gasolio; alla ristrutturazione dei debiti, mutui inclusi; all’introduzione di deroghe e semplificazioni sia sul fronte delle agroenergie sia su quello del recupero della potenziale produttivo; all’inclusione degli agricoltori tra i beneficiari del credito d’imposta introdotto nel decreto Sostegni-ter a favore delle imprese energivore”.
Domenica gli agricoltori italiani torneranno in piazza a dire “Basta!” insieme alle Cia di Basilicata, Calabria, Sicilia, Campania, Molise e Puglia.
a cura di Loredana Sottile
Questo articolo è stato pubblicata sul Settimanale Tre Bicchieri del 17 marzo 2022
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