La Dop Economy tiene duro, superando l’annus horribilis - il 2020 - quando è riuscita a registrare 16,6 miliardi di euro alla produzione, pari al 19% del fatturato totale dell’agroalimentare italiano, ed è riuscita a contenere le perdite al -2%. È quanto è emerso dal XIX Rapporto Ismea-Qualivita sul settore italiano dei prodotti Dop e Igp, che ha anche evidenziato come l’export continui a tenere, nonostante tutto: 9,5 miliardi di euro (-0,1%), pari al 20% delle esportazioni nazionali di settore, con l’Ue che compensa le battute d’arresto dell’extra Ue.
Dop Igp e la resistenza alla pandemia
“La coesione delle filiere, la garanzia di sicurezza per i consumatori e la capacità di dialogo con le istituzioni hanno rappresentato punti di forza per la tenuta del settore in risposta alle difficoltà emerse durante la prima fase del Covid” ha evidenziato Cesare Mazzetti, presidente della Fondazione Qualivita.“Tra le azioni di risposta alla pandemia che hanno sortito gli effetti sperati” mette in evidenza il direttore generale Qualivita Mauro Rosati “ci sono stati il pegno rotativo esteso a tutti i prodotti Dop e Igp; il fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti e il fondo per la ristorazione da 600 milioni di euro”.
La sfida per il futuro di Dop e Igp
Il futuro? Si giocherà su alcuni fattori chiave: “La riscoperta delle filiera corta” spiega Rosati “dal momento che la pandemia ha messo in crisi il sistema globalizzato, e il passaggio dalla fase di sviluppo a quella di progresso, dove dovrà esserci una maggiore attenzione ai consumatori e alla sostenibilità”. “Non v’è dubbio” sottolinea il direttore generale Ismea Maria Chiara Zaganelli “che la partita del post pandemia si giocherà anche per le Ig sulla capacità di rendere resilienti filiere e aziende, con strategie produttive, distributive e commerciali integrate sul territorio e di incorporare una diffusa cultura della sostenibilità di prodotti e territori”.
Lo sprint dell’ortofrutticolo
Ma vediamo come è andato il 2020 per i singoli comparti. Tra i prodotti che hanno pesato maggiormente all’interno del paniere food ci sono i formaggi, con una quota del 57% e un valore alla produzione di 4,2 miliardi di euro (-7,8%). A seguire i prodotti a base di carne (1,9 miliardi di euro e un peso del 26%) e gli ortofrutticoli (404 milioni), che per il 2020 presentano valori in forte crescita grazie alla maggiore richiesta di mele, frutta a guscio e agrumi. Interessante, il rinnovato interesse verso l’arancia di Sicilia, legata soprattutto alla spinta che la pandemia ha dato in direzione del benessere e dell’assunzione della vitamina C.
Capitolo a parte merita il vino che nel 2020 registra un valore alla produzione pressoché stabile: 3,2 miliardi di euro per le Ig e 9,3 miliardi per le Dop. In frenata l’export a 5,6 miliardi di euro (-1,3%): risentono degli effetti della pandemia soprattutto i mercati extra Ue (-4,3%), mentre cresce l’export in Ue (+4,1%) con incrementi a doppia cifra per i Paesi scandinavi e del Nord Europa. Da segnalare la forte crescita delle vendite in Gdo che hanno segnato un ammirevole +8,5%,
La classifica territoriale: cresce il Sud, ma domina il Nord
A livello di impatto economico sul territorio, se la crescita principale riguarda il Sud e le isole (+7,5%), è ancora il Nord Italia a trainare. Nella top 5 delle regioni figurano, infatti, Veneto (3,7 miliardi di euro), Emilia-Romagna (3,3 miliardi), Lombardia (2,1 miliardi), Piemonte (1,4 miliardi) e Toscana (1,15 miliardi). Parlano nordico anche le prime tre province della classifica: Treviso, Parma e Verona, che presentano valori superiori al miliardo di euro. Ma bisogna tener conto che tutte le regioni e le province hanno ormai una ricaduta economica dovuta alle filiere dei prodotti Dop e Igp. Ed è questa varietà il punto di forza del sistema italiano.
Rischio commodity. Patuanelli: “Tuteliamo la diversità”
“La differenziazione, insieme a innovazione e organizzazione, è la leva del successo dell’agroalimentare italiano” è il commento del presidente Ismea Angelo Frascarelli, che insiste sull’importanza della differenziazione: “è necessario che la filiera agroalimentare affronti la questione con ancora più impegno rispetto al passato, orientando i propri sforzi per uscire dalla logica delle commodity e fare della distintività l’elemento cardine delle strategie produttive e commerciali”. Dello stesso avviso il ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli che, intervenendo alla presentazione del Rapporto, ha messo in evidenza l’originalità italiana all’interno del sistema comunitario: “Ci aspetta un anno impegnativo a livello europeo” ha detto “È necessario salvaguardare e tutelare l’intero sistema produttivo dai rischi che possono generare l’omologazione alimentare, i sistemi di etichettatura fuorvianti come il Nutriscore, le fake news, i tentativi di imitazione sia su mercati comunitari che su quelli terzi”. Sono principalmente tre le problematiche da affrontare nei prossimi mesi: la riforma del regolamento Dop-Igp, con la proposta di trasferire l'intero capitolo della qualità alimentare all'ufficio per la proprietà intellettuale; il Cancer Plan (di cui si aspettano i risultati della seduta plenaria) e più in generale le politiche proibizionistiche; l’etichettatura con l’utilizzo del Nutriscore per il food e per il vino. Su quest’ultimo punto Patuanelli ha spiegato come il consumatore oggi voglia sapere cosa (mangi), ma anche il dove e il come. “Ben vengano, quindi, più informazioni” ha detto “ma non camuffate da un mero condizionamento del consumatore attraverso sistemi come il Nutriscore. Da parte del Mipaaf” ha concluso “c’è impegno assoluto sulla difesa della qualità”.
a cura di Loredana Sottile