Qualcosa nel tempo si è perso, qualcos'altro è stato (ri)conquistato. Quel che non è cambiato, però, è lo spirito. Nell'edizione 2021 di Spessore, il “campo base” diventa un'attitudine: smontate le tende che ospitavano l'accampamento del 2019, e dopo l'edizione itinerante del 2020, i cuochi hanno trovato riparo (e ombra) nella cucina allestita sotto il porticato di Villa Torlonia, a San Mauro Pascoli, che – dice la sindaca Luciana Garbuglia– fino al 1950 era un'importante azienda agricola. In quella Romagna - “gentile e sgarbata” - in cui la manifestazione ha avuto inizio quasi 10 anni fa, nel 2013 per volere di Stefania e Fausto Fratti negli spazi del Povero Diavolo di Torriana. All'epoca i numeri erano diversi: meno coperti (adesso sono 130 gli ospiti di ogni cena), più giorni e più piatti per ogni cuoco. La voglia di condividere, improvvisare, giocare è rimasta la stessa. “Per me Spessore è la vacanza, quel che vorremmo tutti fare” introduce Corrado Assenza (Caffè Sicilia, Noto), veterano e grande saggio dell'evento (e non solo di questo). “Le giornate in cucina sono interminabili. Arrivi qui e trovi una comunità che ama confrontarsi”. Tanto più quest'anno: “possiamo raccontarci, dire cosa sono stati questi mesi, quello che abbiamo passato”. Fianco a fianco, a lavorare e alimentare questo fermento, “un lievito madre” lo chiama Assenza, e non perde l'occasione per indicare la strada di una ripartenza che si annida nei piccoli luoghi che avrebbero bisogno di maggiore cura, fucina – come sono – di talenti e cultura. Ora, tanti di questi talenti si ritrovano qui, senza protagonismi né esibizioni, ma solo con la voglia di cucinare insieme.
21 piatti senza autore. Spessore
“Detto le regole del gioco ai cuochi che hanno accettato di giocare con noi” fa Giuseppe Iannotti (Kresios, Telese Terme). Storico attore di questa manifestazione, è il maestro concertatore dell'edizione 2021. Spiega: “ci sono 21 piatti, e nessuno viene firmato” a sottolineare lo spirito corale che muove questo evento. Vera jam session gastronomica, dove ogni solista cede il passo al successivo, senza che nessuno svetti sull'altro e senza che nessuno possa ricevere più applausi degli altri. Si sta, e si sta insieme. “Spessore non è di nessuno” fa Riccardo Agostini (Il Piastrino, Pennabilli) “Spessore è dei cuochi”. Quei cuochi che non rinunciano all'appuntamento: “è così stancante che ogni anno penso di rinunciare” fa Christian Milone (Trattoria Zappatori, Pinerolo) “poi ogni anno non posso non essere qui. Fintanto che sono qui, penso che sto facendo bene il mio lavoro”. E lo dice a ragion veduta, dato che - come il maestro Assenza, Iannotti e pochi altri, non ha mancato un'edizione. E poi aggiunge: “quando penso che ho avuto una buona idea, mi guardo intorno, vedo cosa stanno facendo gli altri, e mi chiedo che ci sto a fare io qui”.
La cucina e le materie prime
La cucina? 30 metri per 5 di strumenti e banchi da lavoro a disposizione dei cuochi, più di 20 ogni giorno che lavorano in contemporanea operosità. Qualcuno è con un aiuto, i più – però - sono da soli, sapendo di poter contare sulla collaborazione dei colleghi e di qualche extra di rango. Ci sono chili e chili di ciliegie da snocciolare? C'è Mateja Gravner che corre in soccorso di Corrado Assenza, insieme a lei anche Rosario Maltese (Modica, Ragusa) e Azzurra Gasperini, ma poi a un certo punto una mano arriva anche da Riccardo Agostini del Piastrino.
La regola è di arrivare armati soltanto dei propri coltelli, nulla di già preparato, niente basi, niente prodotti già lavorati o cotture avviate. Al massimo si porti un ingrediente in più da mettere a disposizione degli altri compagni di gioco: è il caso delle alghe rosse di Gianfranco Pascucci (Pascucci al Porticciolo, Fiumicino), le userà Simone Bonini. Poi c'è Silver Succi (Il giardino di Silver, Rimini) che porta le sue piantine aromatiche, qualcuno chiede se c'è della salvia, c'è chi va in campagna a cercare un po' di erbe, c'è anche un albero di gelsi. In giornata si accende la griglia e a turno si arrostisce. Tanti i fuochisti, tra gli altri Lorenzo Ruta (Taverna Migliore, Ragusa) ed Enrico Recanati (Andreina, Loreto).
I due atti di Spessore
È una magia in due atti, quella che si compie ogni giorno, e che vive di due momenti focali: al mattino, quando i cuochi scelgono i loro ingredienti tra quelli a disposizione, e la sera, quando si va in tavola. In mezzo c'è di tutto: istinto, racconto, tecnica, creatività, improvvisazione, lavoro, tanto lavoro, caldo e fatica. Il punto di partenza è la scelta delle materie prime. C'è un solo scarico, il primo giorno, quindi la seconda sessione ha un paniere più ridotto: bisogna gestire bene le risorse a disposizione, perché nulla deve avanzare o andare sprecato, ma bisogna pensare anche agli altri.
Con il proprio bottino ogni cuoco si mette all'opera. Niente è preparato o pensato prima, tutto si gioca all'impronta, tra ragionamenti, prove (poche: il tempo stringe), messa a punto delle ricette e dell'impiattamento, deciso all'ultimo - “prova piatti alle 7”. Con qualche contrattazione, per bilanciare le corse e non trovarsi con tanti antipasti e pochi secondi. “Qualcuno pensi a un ripieno” fa Giuseppe Iannotti, a suggerire una pasta fresca (la sfoglia è preparata live da Carla Zanni e Tina Moretti, La piada e la pasta del Montefeltro) al posto, magari, di un risotto: “un piatto che ti fa perdere 10 minuti ti fa sballare tutto quanto e poi non recuperi più” spiega.
È lui che, penna alla mano, detta i tempi. Comincia con il chiedere i piatti: sono passate da poco le 10.30, in molti ancora non hanno idea: la stampa del menu ci sarà 6 ore dopo, poco prima dell'inizio della cena, il secondo atto di Spessore, la seconda magia. Ma intanto testa bassa e pedalare. Ci sono le cepole da sfilettare: sottili come fettucce, ci vuole abilità e pazienza, finiranno su uno spiedo avvicinate a una crema di agnello crudo, con il filo conduttore dell'affumicatura. E poi i cetrioli: arrostiti, poi fritti interi e infine marinati nella soia, si abbinano al suro. E le carote, per una sorprendente tartare con pesche, pompelmo e fiori di mirabolano, ci vorrà un'intera giornata per ridurle tutte in brunoise. “Ogni tanto qualcuno 'va in merda', ma" racconta Milone “capita in momenti diversi, per fortuna, così gli altri possono andare in soccorso”.
Sono ricette a mano libera, elaborate all'impronta e magari modificate in corso d'opera: è il caso di un cefalo, pensato crudo, provato cotto e infine servito crudo, come pensato a inizio giornata. Diventa una tartare avvolta in coste e completata con una salsa amara. Mentre il grasso cubettato va a completare i ravioli di cozze e a dare senso compiuto al concetto di non spreco e un imprevedibile equilibrio al piatto.
Gli ingredienti si rincorrono, raccontando le personalità di chi li lavora: è il caso del coniglio nella seconda sera – con patate e pompelmo o ciliegie e granchio – si inventano calembour, come il gioco tra piadina e dim sum che unisce Romagna e Giappone, e si pescano ingredienti là dove non ci sono: il nasturzio per un raviolo di fegatini che pare non finire mai o il fico che regala note amaricanti al raviolo di melone, burro e salvia che pare strizzare l'occhio ai tortelli di zucca.
L'importanza del servizio. Il secondo atto di Spessore
Al pass Iannotti detta i tempi di un servizio ad alto tasso di difficoltà: bisogna far uscire, ogni sera, più di 2 in circa un'ora e mezzo. Il ritmo è incalzante, i minuti scorrono veloci, i piatti si inseguono. 130 persone ai tavoli, 40 circa nelle cucine, e un margine di inciampo altissimo. “Pizza 30 minuti, abbiam detto” si sente annunciare, e poi così, a comporre il mosaico della serata. L'ordine di uscita dei piatti lo decide Iannotti in base al tipo di pietanza, agli ingredienti, alle caratteristiche dei piatti ma anche dallo stile personale di ogni cuoco: “conosco come lavora ognuno” spiega Iannotti.
“Meglio fare qualcosa di meno, per non toppare tutto” qualcuno spiega, ma nonostante questo bisogna mettere in conto che qualcosa non vada come immaginato: se una preparazione richiede anche solo 5 minuti più del previsto, è un problema. Vincono le brevi cotture, o quelle molto lunghe, in cui si è giocato d'anticipo. Ma l'epic fall è dietro l'angolo, perché non si può contare su alcuna prova: sono piatti mai fatti né assaggiati prima. Non c'è tempo di pensarci troppo: arrivano gli ospiti e comincia il secondo atto. È il momento del Chi è di scena. Qualche parola ancora e poi si parte: “Benvenuti a casa nostra. Benvenuti a Spessore”.
a cura di Antonella De Santis
foto Andrea Di Lorenzo