Parte in quarta il nuovo Lab 2021 di Uliassi. Piede pesante sul pedale a via ad andare: da zero a 100 in pochi secondi per tracciare subito i contorni di un menu che va a tutta birra, inizia con tre piatti potentissimi e prosegue senza mai perdere il controllo. Del resto, come dice Mauro Uliassi, “ogni lab, come le persone, è frutto di quello di prima, ma con anno di più”. Che nel caso di Uliassi significa riflessione, esperienza, esercizio e grande lucidità.
La costruzione del Lab 2021
“Ogni volta che facciamo un Lab prendiamo in esame i 5 sensi, e ogni piatto è studiato per arrivare in bocca con una scansione di elementi”: deve essere appetibile già alla vista, deve solleticare il tatto con diverse densità “che impongono velocità e intensità di masticazione diverse: è una cosa che eccita la mente”. Poi c'è il suono, “la musicalità” la chiama lui. Nel gusto trovi gli elementi fondamentali – acido amaro dolce salato – “devono stare in equilibrio tra di loro, spingendone in avanti ogni volta uno diverso, ma sempre con un bilanciamento che invita a procedere e permette di andare al piatto successivo”.
Infine c'è l'olfatto: “stabilisce nel tempo e nel luogo cosa stai mangiando”. È quello che registra la dimensione emozionale dell'assaggio che ti riporta alla memoria sensazioni passate, episodi, scene vissute. In qualche modo sintonizza l'esperienza gastronomica con quella personale: “quando assaggi qualcosa la fai tua, perché entra in dialogo con il tuo mondo”, è quel cortocircuito tra quel che mangi e il tuo vissuto, una cosa potente perché involontaria “l'olfatto non lo controlli” commenta “e, come cuoco, cerchi quella roba lì”. Come cuoco sai che tutti sono stati una volta in montagna, tutti sanno cosa è l'odore del mare, quello del porto, della campagna dopo la pioggia. Tutti hanno un patrimonio di memorie emotive che passano attraverso quell'archivio arcaico che è l'olfatto.
Mai innamorarsi di un piatto
“Il rischio maggiore? È di innamorarsi di quello che uno fa” ammette “non riuscire a mollare qualcosa, non capire che bisogna cambiarlo o aggiustarlo”. Lo dice mentre ti spiega che quest'anno sono abbastanza tranquilli: la pandemia ha imposto bruschi rallentamenti e un ritmo sospeso, a dilatare nel tempo, anche mentale, la costruzione del Lab. Frutto del lavoro di concerto di 8 persone (Mauro Paolini, Luciano Serritelli, Michele Rocchi, Yuri Raggini, Andrea Merloni, la new entry Mattia Colacicco e il pasticcere Mattia Casabianca) riuniti insieme, mattina e sera, per 40 lunghi giorni a studiare fino a definire piatti e sequenze. "Abbiamo fatto 4 sessioni di degustazioni complete coinvolgendo anche la sala oltre che i cuochi" racconta Mauro. Quella sala che è l'altra metà del cielo nell'universo Uliassi: Catia Ivano e Filippo - "senza di loro non potrei mettere in piedi nulla. Quest'anno" conclude "hanno partecipato tutti al perfezionamento del Lab". Che è una montagna russa che sembra vivere di soli picchi, se non per un passaggio solo apparentemente rilassante: quella pasta al pomodoro che pare un memoir, ti porta per mano in un posto che credi di conoscere da sempre e invece ti stupisce ancora un po', ma in modo quieto. Per rifiatare un po' prima dell'ultimo sprint.
Perché il Lab 2021 segna un'infilata di piatti che dà il capogiro, ti spinge verso il ciglio senza mai farti cadere giù, felice contrappasso della quiete immobile della spiaggia che sta lì davanti, con quell'azzurro irreale che solo Ettore Spalletti sapeva raccontare così bene. Tutto allora pare trovare il giusto posto in quel quadro.
Lo abbiamo assaggiato questo menu del 2021: questa sfida a cercare il punto di equilibrio tra sapori drittissimi che non si mescolano mai. Piuttosto si passano la palla, spostando il baricentro sempre un po' più in là, nel frugare panorami non completamente inesplorati ma sempre più profondi. Come se si chiedesse, costantemente: Si può fare ancora di più? Lo sapremo con il prossimo Lab, "che è il frutto di quello di oggi, ma con un anno di più".
L'eleganza del riccio
Riccio dell'alto Adriatico con succo limone - “ridotto al Rotovac a 24 gradi per lasciare integre le caratteristiche organolettiche” - polveri di salvia sclarea, limone bruciato e levistico. Da raccogliere con il cucchiaio piatto per avere di volta in volta le varie componenti: le note agrumate amare acide, “tutte le sfumature di sapori che rimpallano con la parte iodata e fenica dei ricci”. Un piatto che appena arriva invade la scena con il suo corredo aromatico potente, non banale. E poi c'è il riccio a fare la sua parte, con la cremosità dolce. È una specie di realtà aumentata: riempie completamente la bocca, in ogni parte del palato e della lingua ci sono sollecitazioni che accompagnano con grande forza al piatto successivo, “in modo che si crei una successione”.
Gambero rosso, cervella di gambero, zenzero, arancia e cannella
Il gambero crudo è poggiato su una salsa preparata con testa di gamberi rossi, buccia di arancio, zenzero e cannella, che disegna il piatto come un centrino antico, poi c'è la testa del gambero, da gustare per ultima. Si parte con la coda, raccogliendo la salsa che è prorompente, non grassa ma piena, dritta, pungente nella sua intensità. La nota vincente qui è la sapidità incastrata nella nota acida, profondissima ma luminosa. Completa la quinoa fritta “per dargli musicalità”.
Ostrica, rafano, ciliegie, rognone di pecora, maionese di uova di coregone
Un piatto hardcore, per il rognone di pecora appena scottato, ma anche per la consistenza molle dell'ostrica e per la salsa suadente. A dare nerbo arrivano in soccorso le ciliegie ghiacciate: quel freddo improvviso, quella polpa bella soda che impone un ritmo diverso nella masticazione, completano il piatto le erbe che donano note spigolose.
Sogliola al vapore, lattughina, bergamotto
L'Omaggio a Piergiorgio Parini è una eredità del 2020. Avete presente il tipico piatto dei bambini? Ecco, dimenticatelo. La sogliola al vapore di mauro Uliassi è una bomba: la parte vegetale esplode insieme al bergamotto; l'agrume indica la strada, le mandorle fanno rallentare il ritmo per un attimo, trattenendo l'attenzione ancora un po'.
Lumache ed erbe di sabbia
Finocchio marino, asparagi di mare, kalanchoe (una pianta grassa) ficoide glaciale. “Le lumache si trovano anche qui, sulla spiaggia” spiega, e aggiunge “ovviamente non usiamo quelle, lavoriamo quelle di allevamento di Cherasco”. Le lumache di terra sono una presenza familiare nella cucina di Uliassi, proprio perché legate alla tradizione locale. Quest'anno le inserisce in un panorama aromatico marino: quel che arriva al naso, ancor prima che alla bocca, è la nota salmastra data dagli elementi vegetali. Come fosse in un campo a un passo dal mare, insomma, con una serie di rimandi mimetici che definiscono il quadro: la schiumetta di mare (realizzata con salsa di ostrica), che fa un po' bava di lumaca e una salsa molto decisa, che ricorda le erbe macerate che si trovano in campagna dopo la pioggia. Con lo slancio agrumato e tosto del ficoide.
Seppie sporche, fegato di seppia, cipolla di Cannara foglie di cappero
Le seppioline sono arrostite sporche – altro must di Uliassi - con fegato di seppia, foglie di capperi, cipolle. Qui si gioca tra il profumo intenso, profondo, di arrostitura e di fondo, e le foglie di cappero tenaci animate da una salamoia decisa. A dinamizzare il morso i piccoli capperi e altre foglie di borragine. A condire il tutto una salsa intensa, quasi un fondo di cottura che si fa sentire sul palato e sulle labbra.
Pasta al pomodoro alla Hilde
Hile è Hilde Soliani, personaggio originale, naso sopraffino, creatrice di profumi, grande gourmet. È a lei che Uliassi si è rivolto quando ha deciso di fare la sua versione della pasta al pomodoro. Uno di quei piatti della memoria che tanto hanno sollecitato i grandi chef (da Fulvio Pierangelini a Peppe Guida, da Niko Romito ad Alfonso Iaccarino). Per via di quel legame emotivo fortissimo, per il valore identitario, la semplicità disarmante. Rappresenta un po' la ricostruzione di un archetipo.
In questo caso, però, non è il rosso del pomodoro a solleticare la fantasia di Uliassi, ma la sua parte verde: la pianta, le foglie, e quel profumo che si sente quando lo raccogli. Quell'aroma così familiare ma ancora trascurato. “Volevo quella parte lì del pomodoro, non riuscivo a ottenerla: ci sono stato dietro un sacco di tempo”. Poi l'intuizione di Hilde: le foglie del pomodoro hanno la stessa molecola della foglia di fico. E allora ha usato quelle per ottenere quel corredo aromatico che continuava a sfuggirgli: “le ho messe in infusione nel burro per un'ora a 60 gradi, per tirare fuori l'aroma”, e poi ha usato quel burro per passare la pasta in padella regalando anche un rimando dolce, rassicurante. La salsa è semplice: pomodori del piennolo tenuti in forno per due ore a 100 gradi poi passati al setaccio per ottenere una passata setosa, densa, appena profumata con aglio e basilico e poggiata sulla pasta di Pietro Massi - “un tempo nelle case la pasta non si mantecava mica” - dalla cottura gagliarda. Improvvisamente la corsa pare rallentare un poco, senza per questo perdere aderenza: è la pasta al pomodoro, il piatto d'affezione per eccellenza che porta verso panorami più familiari, che rassicura ma non troppo, “il rischio era di risultare eccessivamente semplice”. E invece no, quel che immagini che sia, eppure è diverso: una terza via tra prevedibile e inaspettato che ti mette in movimento. E prepara per l'ultimo sprint.
Spaghetti, nero di olive ai carboni, eucalipto, friggitelli, polvere di friggitelli
Di nuovo una pasta (sempre di Massi) con un cottura tenuta molto indietro e di nuovo un condimento appoggiato sopra, rafforzato dall'invito a non mescolare gli spaghetti “ma mangiarli come viene, per esaltare la varietà dei sapori e lasciare che il piatto sia dinamico” perché, aggiunge “una volta che è mantecata, una pasta è tutta uguale, non dà velocità e input diversi a ogni boccone”. Invece l'obiettivo è fare di questo piatto un veicolo di sapori primordiali che si rubano la scena con vigore: l'amaro (amarissimo) del nero di olive, il dolce dei friggitelli, il balsamico dell'eucalipto e la conclusione con le olive tostate in padella. Tutte cose che abbiamo già nella testa di cui l'alimento iconico della cucina italiana diventa ingrediente ausiliario.
Colombaccio, rancido di prosciutto marchigiano, paparica affumicata, peperoni cruschi
La musica del crusco, il richiamo emotivo del rancido di prosciutto, la cottura (perfetta) del colombaccio abbracciati dalla salsa che spinge - e spinge tanto – dell'umeboshi. Tutto converge verso una profondità tutta terrena.
Senigallia Brest
Dopo il passaggio rinfrescante del predessert - granita al limone con chartreuse (foto in alto) - si abbassano i giri prima di scendere dall'ottovolante: elegante e leggerissimo il (quasi) classico bignè con chantilly alla vaniglia, ciliegie selvatiche, e il tocco delle olive nere caramellate.
Uliassi – Senigallia (AN) – Banchina di Levante, 6 – 071 65463 – www.uliassi.it
a cura di Antonella De Santis