1961-2021. Rinascere due volte
1961-2021. Sono passati sessant’anni dalla nascita del primo Franciacorta, in casa Berlucchi, grazie all’intuizione di Franco Ziliani, che proprio quest’anno festeggia i suoi primi novant’anni e all’epoca immaginò di creare ex novo una categoria di vini inedita, che avrebbe fatto la fortuna nel mondo dei vigneti coltivati a sud del lago d’Iseo. L’inizio di una grande avventura, allora, nell’Italia del boom economico e della ripresa dal Dopoguerra. E la visione illuminata di un produttore bresciano tenace, pronto a sfidare il mercato consapevole delle potenzialità del suo territorio, la Franciacorta, dove la viticoltura si pratica da tempo immemore, ma solo negli ultimi sessant’anni, anche per merito della famiglia Ziliani, è diventata zona vinicola di riferimento per la produzione di metodo classico in Italia. Oggi, in questo 2021 che lentamente ci introduce verso un ritorno alla normalità, simbolicamente Berlucchi celebra un nuovo inizio.
O meglio un’evoluzione consapevole della storia che sta alle spalle, celebrata peraltro, con un doveroso tributo al fondatore dell’azienda, da una bottiglia in edizione speciale Franco Ziliani, “tiratura” limitata in Magnum di un Franciacorta Nature, a base Pinot Noir ricavato dai migliori vigneti di proprietà, con 96 mesi sui lieviti. Un vino da collezionisti.
Certezze e priorità della ripartenza
Ma il Dopopandemia, in casa Berlucchi, si configura come un percorso concreto di azione sul territorio a partire dalla grande fiducia nei propri mezzi e nel valore esemplare delle buone pratiche. Proprio l’anno horribilis appena affrontato porta infatti in azienda nuove consapevolezze. Innanzitutto i riconoscimenti, molteplici, che arrivano dal mondo della critica internazionale a certificare la qualità del prodotto: per Wine Spectator, il Palazzo Lana Extreme 2009 – vino di vertice sella gamma - vale 93 punti, massimo mai raggiunto da un Franciacorta. Poi – e questo, vedremo più avanti, in casa Ziliani è fondamentale – l’apprezzamento crescente dei consumatori italiani: un sondaggio di Wine Intelligence pone la Guido Berlucchi sul podio dei primi tre brand di vino più riconosciuti e apprezzati sul mercato italiano. Non a caso, il 2020, si è chiuso con una crescita del 4% a volume, pur in un anno così drammatico. Ma soprattutto, la conferma che la strada intrapresa verso gli obiettivi si sostenibilità ambientale e sociale dell’azienda deve diventare priorità al cospetto di un mondo che esige un cambiamento perché di rinascita si possa davvero parlare con speranza. Nel 2019, l’azienda ha pubblicato il suo primo Report di Sostenibilità, sviluppato con EY Sustainabilty e la consulenza di Lifegate; e il prossimo autunno sarà divulgata la seconda edizione del documento, relativa al 2020. Di tutto questo abbiamo parlato con Arturo Ziliani, che con i fratelli Cristina e Paolo ha raccolto il testimone di papà Franco, comunque indomito nel presentarsi ogni giorno in azienda, come testimoniano riconoscenti i suoi figli.
Come si proietta verso il futuro un’azienda che deve difendere oltre 60 anni di storia? Il punto di equilibrio qual è?
Quest’anno raggiungiamo un traguardo importante, ma dobbiamo considerarlo come un punto di partenza per un periodo futuro che sarà molto importante per l’azienda, per la Franciacorta tutta, e per l’intero settore enologico. Sentiamo anche il peso di una responsabilità che ci rende fieri di essere ambasciatori della Franciacorta: sul territorio abbiamo a che fare con una settantina di piccoli viticoltori piccoli che ci forniscono le uve, per noi è importante valorizzare e tutelare l’economia del territorio.
Dunque il futuro di Berlucchi ragiona sul futuro di un intero territorio.
Siamo rappresentati da un Consorzio che lavora bene, con serietà, e cerca di tenere insieme e sintetizzare tutte le idee dei diversi produttori. Questo è fondamentale per dare valore al brand Franciacorta, per identificarlo come un vino unico nel suo genere, perché possa per esempio arrivare a essere presente sulle carte dei ristoranti internazionali come categoria apprezzata e riconosciuta, al pari dello Champagne. Ci vorranno ancora un po’ di anni, i francesi ci hanno messo secoli. Il nostro è un settore che ha bisogno di generazioni per crescere.
Come avete affrontato questo periodo?
L’anno scorso eravamo preoccupati, in primis per la situazione sanitaria. Ma abbiamo lavorato bene, proteggendo i nostri collaboratori, mettendo in atto tutti i protocolli di sicurezza, pur non fermando mai il lavoro in campagna, perché quello non può essere messo in pausa.
E nel frattempo i consumatori vi hanno premiato
L’anno si è chiuso inaspettatamente in modo molto positivo, grazie alla forza del brand Berlucchi, considerato la bollicina per festeggiare in famiglia, nel momento in cui tutti cercavano un po’ di conforto e spensieratezza in casa. Noi abbiamo sempre puntato su questa comunicazione: non siamo solo per occasioni importanti. E con il canale della ristorazione fermo, la nostra buona presenza in Gdo ci ha salvato. La multicanalità è un fattore importante.
Parliamo di sostenibilità, termine spesso abusato. Cosa significa per voi?
Nel 2019 abbiamo voluto stilare un report sulla sostenibilità proprio per dare concretezza a un lavoro avviato molti anni fa. Dal 2016 abbiamo la certificazione biologica, e nel tempo abbiamo portato molti nostri fornitori ad abbracciare la nostra filosofia. Però tutto questo dev’essere misurato e scritto nero su bianco, per pianificare una strategia in modo più strutturato. I temi sono molteplici, dal risparmio dell’acqua e dell’energia al rispetto per il lavoro dei nostri collaboratori.
E come lavorate, quindi, oggi, a partire dal report?
Ci stiamo facendo aiutare da uno specialista interno per portare l’azienda verso un percorso di sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica, costituendo anche comitati interni con le persone che lavorano in azienda, nei diversi ambiti, per trasferire questi concetti ai nostri collaboratori e agli stakeholder della Franciacorta. Il 1961, con Guido Berlucchi e Franco Ziliani, è stato un anno di rottura. Oggi pensiamo sia venuto il momento di rigenerare ulteriormente il lavoro, per salvaguardare il territorio.
Ma il mondo cambierà davvero? E il settore del vino?
Le due cose sono correlate: il mondo del vino cambierà perché cambierà il mondo. Sta cambiando la mentalità, basti pensare ai nuovi ministeri dedicati alla transizione ecologica e digitale: sono percorsi importanti, che influenzeranno la filiera produttiva di tutti i settori. E la tecnologia digitale giocherà sempre più un ruolo essenziale nell’avvicinare le aziende al consumatore finale.
E per quel che riguarda l’innovazione in campo?
Ora siamo concentrati sulla sperimentazione di nuovi strumenti, che possano, per esempio, aiutare anche l’agricoltura convenzionale. Penso alla fisica, e nello specifico agli ultravioletti: si possono curare i vigneti attraverso la luce UV, senza ricorso alla chimica. È un progresso continuo.