La storia di Burgez, che punta all’Italia
A Roma, gli hamburger di Burgez sono arrivati per la prima volta l’estate scorsa, in un momento di breve tregua dalla pandemia, con un ritardo di mesi sulla data prevista in origine. Non proprio il periodo ideale per scalare un nuovo mercato, seppur con le spalle coperte dal successo consolidato sulla piazza milanese. Nel 2015, Simone Ciaruffoli battezzava il marchio mutuando il modello di fast food di qualità di Shake Shack, catena di fondazione newyorkese oggi diffusa in tutti gli Stati Uniti e quotata a Wall Street. Un caso di imprenditoria intelligente, oggi presente con otto punti vendita a Milano, uno a Torino, uno a Roma (il secondo, a Prati, inaugurerà ad aprile). Seguiranno, sempre ad aprile, Como e Bergamo, ma il 2021 vedrà concretizzarsi una vera e propria espansione su scala nazionale, limitata, per ora al Nord e Centro Italia, da Genova a Verona, passando per Varese, Brescia, Bologna, Firenze: “Sarà l’anno più importante per l’espansione di Burgez, con undici nuove aperture. Finora, in cinque anni di storia, ne abbiamo sommate 10”, spiega Ciaruffoli.
Il merito spetta in primis alla qualità dell’offerta, sin dalla selezione della materia prima, ma anche a un’efficace – e tagliente – strategia di marketing e comunicazione (curata dall’agenzia Upper Beast Side, di cui Ciaruffoli è fondatore e direttore creativo), come dimostra pure l’ultima trovata del gruppo che, per lanciare la recentissima apertura a Monza, ha “riesumato” il logo di Burghy in una riuscita operazione nostalgia. All’importanza di saper comunicare il proprio prodotto – finanche facendosi dei nemici per certe campagne arrembanti – Ciaruffoli ha anche dedicato un libro (Marketing Luther King, il tuo prodotto è la storia che sai raccontare) pubblicato l’estate scorsa, seguito in autunno dall’uscita per Mondadori de Il Vangelo secondo Burgez, con sottotitolo esplicativo: ‘Tutto quello che non vi hanno mai detto sul fast food più scorretto e amato del mondo’.
Burgez a Roma. C’è sempre la fila
Con queste premesse, al motto di Try not to come back if you can (“prova a non tornare, se ci riesci”), dunque, Burgez sembra aver espugnato anche Roma, dove il primo e unico locale della catena in città ha inaugurato ad agosto 2020 al rione Monti. In via Leonina, il fast food è aperto tutti i giorni, in un quartiere centralissimo che - spariti i turisti, gli studenti e i romani che ne affollavano vicoli e piazzette fino a tarda sera – è oggi pressoché deserto, tornato a vivere unicamente nella sua resiliente dimensione residenziale. Ma è proprio Burgez a rompere le righe: attualmente aperto solo per asporto e delivery, come le restrizioni comandano, il punto vendita fa il pieno di ordini e consegne a domicilio (con Uber Eats, Deliveroo e Glovo), come dimostra la costante presenza di un gran numero di rider e avventori in attesa di un panino take away fuori dal locale, a ogni ora del giorno, confermata dalle foto che si avvicendano sulla pagina Instagram di Burgez, da sempre centrata sugli scatti dei clienti, i migliori testimoni (e testimonial) dell’affezione al brand.
La scommessa su take away e delivery
Come interpretare l’evidente riscontro visivo, dati alla mano? “A Roma il riscontro ha superato le nostre aspettative, anche se non si tratta di un unicum: nel locale di Monza appena aperto, nel primo giorno di apertura abbiamo raccolto una fila di duecento metri. Sicuramente, però, nella Capitale abbiamo intenzione di investire: dopo il locale in procinto di aprire in via Candia, l’idea è quella di eguagliare Milano, fino ad avere otto punti vendita in città, forse di più”. Il 2020 di Burgez, del resto, ha portato segnali positivi, nonostante la pandemia: “Abbiamo chiuso con un bilancio superiore del 62% rispetto al 2019. Come me lo spiego? A premiarci è la formula del fast food di qualità, ma anche l’impostazione che abbiamo dato ai locali sin dall’inizio: cucine grandi e sale piccolissime, per puntare soprattutto su take away e delivery. Già nel 2017, a Milano, abbiamo aperto un Burgez go, solo per asporto e delivery: pensavamo fosse il futuro, e in questa situazione non siamo stati presi alla sprovvista”. Senza contare la possibilità di ridurre le spese di gestione, affitto, personale: “Questo ci ha portato a soffrire meno. E presto riprenderemo l’idea del Burgez go, a partire da Brescia: è una formula che si presta alle aperture in centro città, dove gli affitti sono altissimi”. Fatto sta che nell’ultimo anno Burgez, dati alla mano, “a Milano è stato secondo solo a McDonald’s per traffico di consegne a domicilio. Dopo di noi ci sono Burger King, KFC e Old Wild West”.
Per tornare a Roma, però, non è tutto oro quel che luccica: “Propria l’alta affluenza ci sta creando qualche problema, abbiamo destato l’attenzione dei ‘vicini’, riceviamo molti controlli dai vigili. Ecco perché presto chiuderemo per una decina di giorni: facciamo calmare le acque, e approfittiamo per ripensare la cucina, rendendola ancora più efficiente per supportare la mole di richieste. Siamo ottimisti per natura, ma non ci aspettavamo questo successo”.
Il futuro di Burgez
Il futuro di Burgez, dunque, è affidato a due strategie di crescita parallele: “L’espansione della catena, per ora solo in Italia, perché finché puoi pescare nel tuo mare conviene farlo lì. Cercare a tutti i costi la via dell’estero è un modo per extravalutare l’azienda: i costi sono più alti, se i risultati non arrivano è solo questione di ego”; e una nuova apertura verso il canale della Gdo. Da qualche tempo, Burgez ha iniziato a vendere i prodotti utilizzati per comporre i suoi panini: le salse, il pane, persino un kit Just make it, con tutti gli ingredienti da assemblare in casa. “Mi piace dire che siamo open source, moderni anche in questo. Vendiamo i prodotti nei nostri locali, ma con le salse siamo già entrati in alcuni supermercati di Milano, e l’obiettivo è quello di arrivare da Esselunga”.
Burgez - Roma - via Leonina, 82 - www.burgez.com
a cura di Livia Montagnoli