“All'Hôtel de Paris ci sono stato 3 anni, dal '92 al '95, con Ducasse. Tornare in quella stessa struttura, accanto al Louis XV, è bellissimo”. Andrea Berton racconta con un po’ di amarcord il nuovissimo temporary restaurant che si appresta a inaugurare a Montecarlo, dal 23 dicembre fino al 3 gennaio. Siamo in effetti in uno dei luoghi di culto dell'alta ristorazione. Menu alla carta (tra signature tratti dal menu brodi, il “suo” risotto alla milanese, piatti pensati per l'occasione) e tre menu degustazione per i giorni di festa, il 24 e 25 e 31 dicembre. “Mi ha contattato Ivan Artolli, il Direttore Generale dell'hotel, proponendomi di firmare la proposta gastronomica delle feste in uno dei ristoranti della struttura. Per me è un onore e una responsabilità tornare in quel luogo”. In un momento, tra l'altro, in cui in Italia la ristorazione è sotto il fuoco incrociato dei divieti delle norme anti Covid. Un panorama che Berton non esita a definire un disastro, dopo più di un mese di chiusura arrivata da un giorno all'altro che li ha colti con i frigoriferi pieni di merce (poi donata in beneficenza): “abbiamo riaperto domenica scorsa, e stiamo lavorando, anche se al 50%: siamo sui 30-35 coperti a pranzo. I giorni di Natale e quelli subito dopo siamo pieni. Stare aperti ci permetterebbe di pagare le spese, e ci darebbe una boccata di ossigeno”. Che potrebbe essere spazzata via dall'ultima tornata di divieti.
Montecarlo vs Italia. Le norme anti Covid
Anche Monaco, come il resto del mondo, sta fronteggiando l'emergenza Covid: “ma lì le restrizioni sono meno rigide, i ristoranti sono aperti, si può pranzare fino alle 15 e cenare fino alle 21.30. Dopo questi orari nei locali non ci può essere più nessuno”. La situazione generale? “Le persone sono molto attente a seguire le norme, tutti portano la mascherina e rispettano il distanziamento e le altre indicazioni”. Dunque si vive uno stato di allerta meno drammatico? “Ho notato una situazione che definirei di convivenza con il virus. Ci sono delle norme, si fanno controlli e chi rispetta tutti i parametri può stare aperto e lavorare. Così” aggiunge “dovrebbe essere. Da noi invece si preferisce chiudere tutti e tutto, omologare nei divieti anche i tanti che rispettano tutte le regole e si sono adeguati alle misure sanitarie”. Con la beffa e il danno del balletto delle chiusure, come nelle zone rosse: “non si può chiudere per un periodo indefinito, riaprire per 3 giorni e poi chiudere di nuovo, all'improvviso. La task force dovrebbe confrontarsi con un rappresentante del mondo della ristorazione che spieghi come funzionano le cose, che faccia capire - per esempio - che queste chiusure aggiungono difficoltà e spese a quelle già esistenti”. Perché significa perdere soldi, materia prima, sostenere oneri per rimettere in marcia una macchina imponente, anche a motori spenti. Quanto costa una azienda come quella di Berton? “5mila euro al giorno”.
Sostegno alle attività: sono sufficienti?
I ristori, là dove ci sono, non sono assolutamente sufficienti per mantenere in vita le attività. “Non dico di fare come in Germania, dove è stato dato il 70% delle perdite a fondo perduto, ma almeno il 40 o 50% è indispensabile. E a fondo perduto, altrimenti è inutile. Un prestito, pure se a un interesse favorevole, comunque poi bisogna restituirlo; e torniamo allo stesso punto di prima”. Fa i conti velocemente, Andrea Berton. “Un'azienda che nel 2019 ha fatturato 3 milioni di euro e nel 2020 la metà, cosa può farci con 40 o 50mila euro? Ci deve essere un fondo perduto sostanzioso che permetta non di guadagnare ma di pagare i costi gestionali e le spese. A noi sono arrivati 45mila euro. Bene, ma cosa ci faccio? Ho 60mila euro al mese solo di costi del personale”. Consapevole che la stessa difficoltà investe tutti i settori - “ma io parlo per il mio, quello che conosco” - e consapevole che manchino forse i fondi per un sostegno maggiore alle aziende. “Ma” aggiunge “se i soldi non ci sono, deve trovarli chi è lì proprio per questo”. Senza sconti: la politica deve affrontare le emergenze, risolvere i problemi, amministrare e consentire la ripresa, pena il rischio di una débâcle “Un danno gravissimo per il nostro sistema” continua Berton. “Vedremo, nei prossimi mesi, quante attività chiuderanno”.
Singole iniziative
I ristoranti possono fare qualcosa, se gli è consentito, cercando soluzioni individuali, come è stato per i dinner bond, che Andrea Berton – come molti suoi colleghi – ha messo in vendita durante il primo e il secondo lockdown. Si tratta di voucher particolarmente convenienti, con i quali acquistare in anticipo una cena o un pranzo da consumare quando sarà consentito (entro giugno 2021), sostenendo così le attività. Per lui il riscontro è stato imponente: oltre 1000 voucher venduti solo al primo lockdown, “devo ringraziare i miei clienti che stanno credendo in noi, acquistando i bond mentre siamo chiusi, ci danno fiducia in un momento pieno di incertezze, una cosa di cui sono riconoscente”. E mentre ancora pesano le incognite sul prossimo futuro si appresta a mettere in moto il piano B. “Pensavamo di stare aperti per il pranzo di Natale, ma stiamo già pensando a come adattare il menu per il delivery, come faremo per il Capodanno”. In attesa, certo, di tempi migliori.
Berton – Milano – via Mike Bongiorno 13 – 02 67075801- https://www.ristoranteberton.com/
Hôtel de Paris - Monaco - Place du Casino - +377 98 06 30 00 - https://www.montecarlosbm.com/it/hotel-monaco/hotel-paris-monte-carlo
a cura di Antonella De Santis