La violenza con cui la pandemia ha colpito New York ha aperto nelle ultime settimane il dibattito sul futuro di una città che da sempre catalizza i sogni di gloria di molti. C’è chi ha parlato di una crisi senza precedenti, nonostante le prove non certo facili superate dalla metropoli statunitense nel recente passato (dallo shock dell’11 settembre alle successive crisi finanziarie). Certo, questa emergenza sanitaria ha messo la città davanti a un nemico di cui non è facile prevedere le mosse. E ancor più difficile è elaborare una strategia efficace per contrastarlo, senza penalizzare drammaticamente l’economia, le attività imprenditoriali e le relazioni sociali. Ma questo è vero in tutto il mondo. Il ritorno alla normalità è lento, e controllato da regole più stringenti che altrove, sancite di comune accordo dal sindaco Bill De Blasio e dal governatore Andrew Cuomo.
La situazione dei ristoranti a New York
Per quel che riguarda la ripresa del settore della ristorazione, per esempio, New York è indubbiamente l’esempio più esposto di una ripartenza solo parziale delle attività, che esclude in modo totale l’utilizzo degli spazi indoor, costringendo di fatto tutte le realtà sprovviste di dehors a restare chiuse. Fino a data da destinarsi. Questa situazione ha stimolato da un lato la creatività degli esercenti, che beneficiando di nuovi spazi pedonali messi a disposizione dall’amministrazione un po’ in tutta la città, stanno dando vita a giardini urbani e dehors di grande fascino, colorando le notti di Manhattan e di Brooklyn. Restano però vive tutte le difficoltà e i timori per il futuro prossimo.
Arriva l’autunno. Come fare senza spazi indoor?
Operare nel rispetto di tutte le norme - compresa l’impossibilità di somministrare alcolici, se l’ordine non è accompagnato dalla richiesta di cibo, per scongiurare il più possibile gli assembramenti all’aperto - non è semplice: sanzioni e revoche temporanee della licenza continuano a essere elevate. Ma è soprattutto il divieto perdurante sull’utilizzo degli spazi indoor a preoccupare i ristoratori della città. Tra un paio di mesi – ma forse anche prima – la bella stagione lascerà il posto a temperature più rigide, e difficilmente sarà possibile far accomodare i clienti all’aperto. Questo, di fatto, significherebbe un nuovo lockdown per i ristoranti di New York. Non lo nasconde nelle sue ultime dichiarazioni Bill De Blasio: al momento, ha spiegato in conferenza il sindaco della città, non esiste un piano preciso per autorizzare la riapertura degli spazi al chiuso, che potrebbe addirittura slittare al 2021, quando la pandemia dovrebbe essere sotto controllo. Dichiarazioni che hanno suscitato preoccupazione e rabbia degli addetti ai lavori, sebbene il portavoce del sindaco si sia premurato di stemperare i toni, specificando che presto arriveranno indicazioni più precise per ristoranti, teatri, cinema.
La protesta dei ristoratori
Questo non ha fermato la protesta dei ristoratori, che chiedono un ripristino almeno parziale (metà della capienza abituale potrebbe essere un buon compromesso) dei locali indoor, come già avvenuto in altre città dello Stato, e in generale in buona parte delle grandi città del mondo. Delle 25mila attività di ristorazione registrate a New York, circa 10mila hanno fatto richiesta per usufruire di spazi all’aperto, ma questo non garantirà a lungo la sostenibilità economica, tanto più in vista dell’autunno. E nel frattempo il 60% degli addetti ai lavori dell’industria della ristorazione newyorkese continua a restare senza lavoro. Mentre nel mese di luglio, oltre l’80% delle attività non è stata in grado di pagare per intero il canone d’affitto dei locali. Questo pone le basi per la class action che un gruppo di ristoratori sempre più numeroso ha deciso di intentare contro l’amministrazione. La richiesta? Ottenere un piano d’azione più definito di quello che potrà succedere nei prossimi mesi. Al momento, la risposta del sindaco non sembra soddisfare le attese: “Abbiamo visto come nel resto del mondo e in alcune città degli Stati Uniti la riapertura dei ristoranti indoor abbia determinato un ritorno del contagio, non possiamo commettere gli errori degli altri. Dunque al momento non c’è un piano. Non è il momento di riaprire: non dico che sia impossibile, ma non abbiamo intenzione di autorizzare la ripresa a breve termine”.
a cura di Livia Montagnoli