La crisi sanitaria derivante dal diffuso contagio del Coronavirus si aggrava giorno dopo giorno e il Governo corre (o rincorre) ai ripari con un susseguirsi incessante di decretazione d'urgenza. Il nuovo decreto, pubblicato tra alcune peripezie nel cuore della notte tra il giorno 7 e il giorno 8 marzo 2020 prevede delle misure dure, delle sanzioni piuttosto incerte e delle conseguenze ancora più gravi per il settore dell'ospitalità e della ristorazione. Un ulteriore decreto poi, promulgato nella serata del giorno 9 marzo 2020 (in Gazzetta nella notte e in vigore dal mattino del 10), ha allargato ulteriormente queste misure in prima battuta previste per la zona rossa a tutto il territorio nazionale: oltre 60 milioni di persone sono poste in lockdown almeno fino al 3 aprile.
Lo spirito del decreto è - correttamente - ridurre il più possibile le occasioni di contatto tra persona e persona. In questo senso vanno i limiti alla mobilità tra città e città, tra regione e regione e all'interno della stessa città: non ci si deve spostare e dunque bisogna eliminare le occasioni per spostarsi. Ecco perché ad esempio si chiudono sale da ballo, tutte le attività sportive di ogni ordine, discoteche e musei e, con una visione un po' superata, quelli che l'esecutivo continua a chiamare "pub".
Coronavirus: ristoranti aperti solo fino alle 18
Dapprincipio le misure erano pensate solo per l'area più colpita dal virus. E dunque la Lombardia, mezza Emilia Romagna (Piacenza, Parma, Reggio, Rimini, Modena), mezzo Veneto (Padova, Treviso, Venezia), mezzo Piemonte (Asti, Novara, Vercelli, Verbano Cusio Ossola) e il nord delle Marche (Pesaro e Urbino). Dopodiché il Governo ha deciso a far data dal mattino del 10 marzo di giocare d'anticipo e estendere i duri provvedimenti a tutta Italia. Nell'intera nazionale tra le altre restrizioni ci sarà quella, inedita, del divieto di andare a cena fuori. Bar e ristoranti dovranno chiudere alle 18. Un autentico coprifuoco richiesto dal Ministero della Salute e dal Comitato Tecnico Scientifico che sta seguendo l'evolversi del contagio. La lettera n dell'articolo 1 del dispositivo (poi allargato a tutto il territorio nazionale) firmato dal Presidente Conte così recita e non lascia molto spazio ad interpretazioni: "sono consentite le attività di ristorazione e bar dalle 6 alle 18". Hanno pesato, con ogni probabilità, le immagini di assembramenti oggi totalmente fuori luogo viste le prescrizioni sanitarie nell'area ad esempio dei Navigli di Milano o le grandi folle in montagna tra rifugi ed impianti di risalita: non a caso tutta l'impiantistica sciistica è stata chiusa.
Chiusi a cena i grandi ristoranti italiani
Tornando alla ristorazione, migliaia e migliaia di esercizi tra cui alcuni ristoranti famosi in tutto il mondo (non si potrà andare a cena da Bottura, da Alajmo, da Vittorio e in tutte le insegne di Milano e di Venezia e, a partire dal giorno 10 marzo, anche di Roma, Firenze, Napoli, Bologna, Torino e di tutto il resto d'Italia) resteranno chiusi a cena. Una débacle che mette a durissima prova l'intero settore, che pone seri dubbi sulla continuità aziendale di tantissime società e che rischia di spazzare via nel breve volgere di qualche settimana una intera industria d'eccellenza unica al mondo. Come un meteorite. Il Governo dovrà lavorare di fino con incentivi e investimenti per risollevare il comparto quando l'emergenza sarà superata. Anche per il fatto che per ora le restrizioni sono previste fino al 3 aprile, ma occorre una dose sconsiderata di ottimismo per pensare davvero che tra un mese tutto sarà sistemato anche perché le scelte dell'esecutivo (al di là di quelle sulla ristorazione) appaiono andare nella direzione corretta ma senza la dovuta decisione e i controlli ferrei che sarebbero necessari e che abbiamo visto in Cina in presenza di un problema simile. Alle volte il dente va strappato via di netto, senza cincischiare in modo che vi sia un dolore acuto ma rapidissimo e poi si possa procedere a suturare prolungare la tortura pur di evitare strappi radicali in questo caso non è probabilmente la strada corretta. Anche sui ristoranti la scelta appare ambigua: o si va nella direzione di un lockdown e si chiude tutto finché serve, oppure appare complicato fare distinzioni tra il pranzo e la cena. Ma al di là di tutto, la realtà è che i tecnici consulenti di Palazzo Chigi e del Ministero della Sanità vogliono far sì che la gente stia più tempo possibile in casa. Questa appare l'unica strada per mitigare il contagio, salvare vite umane, evitare per quanto possible il tilt del sistema sanitario e porre le condizioni per una ripartenza nella seconda metà dell'anno. Dunque la chiusura degli esercizi alla sera è un metodo doloroso ma efficace.
Al ristorante solo a pranzo. I grandi chiuderanno?
In tutta Italia - ferme restando le disposizioni sul distanziamento tra persona e persona la cui inosservanza rischia di far sospendere la licenza - resta comunque l'opportunità o meglio l'eventualità di andare a pranzo fuori sebbene con dei significativi limiti. Infatti le indicazioni implicite ed esplicite del dispositivo sono chiare: stare-a-casa! Ma andare a pranzo fuori non è vietato a patto che si resti in zona: gli spostamenti all'interno dei territori devono essere giustificati da "comprovate esigenze" lavorative o di emergenza personale. Significa, insomma, che non ci si può muovere da una città all'altra per motivi di piacere o di svago: per i pranzi fuori occorre restare nel proprio comune. Vista questa circostanza è facile prevedere che molti ristoranti di alto livello saranno spinti alla sospensione dell'attività come hanno già annunciato realtà come L'Osteria Francescana di Massimo Bottura o il Dina di Alberto Gipponi: impensabile stare aperti senza la cena e con il pranzo limitato ai cittadini che abitano in zona. Le conseguenze sul lato imprenditoriale e occupazione possono avvicinarsi alla calamità in assenza di aiuti, supporti e incentivi da strutturare immediatamente finita l'emergenza.
La necessità di uno sforzo creativo
Per i ristoranti meno pretenziosi comunque qualche speranza di poter lavorare in questo duro mese forse c'è. Oltre al pranzo, non è poi vietato organizzarsi per la cena pur stando chiusi. Un po' come ha fatto la Irina Trattoria sui Colli Bolognesi riciclandosi sull'asporto, in una storia che abbiamo raccontato in questi giorni durante i quali ci sembra di vivere dentro la beffarda scenografia di un orribile film che però altro non è che la atroce realtà. Sull'asporto comunque le regole dovrebbero essere meno strette: ordinare da casa direttamente dal proprio ristorante preferito sembra essere ancora consentito. "Le misure possono sembrare pesanti" ha dichiarato dopo la conferenza stampa del Primo Ministro Conte la Ministra dell'Agricoltura Teresa Bellanova "ma prima decidiamo di seguirle nel modo più rigoroso possibile, prima saremo fuori da questa crisi"
Se ne uscirà fuori presto e bisogna farsi trovare pronti, scevri di tristezza e depressione. Come abbiamo già detto, questo per i ristoranti è il tempo delle piccole soluzioni creative per mantenere un'empatia con i clienti. Alla fine della crisi ciascuno avrà un grandissimo bisogno dell'altro.
a cura di Massimiliano Tonelli