Controllo delle produzioni, stop ai nuovi impianti, rispetto dei disciplinari. Il Centro Nord vitivinicolo sa bene che quest'anno non è possibile replicare una raccolta abbondante ai livelli del 2018. Ne è consapevole soprattutto la locomotiva Veneto e le sue grandi Doc, alla vigilia del raccolto 2019. Di fatto, il potenziale italiano sta tornando ad aumentare sensibilmente, con l'ingresso in produzione di nuovi vigneti, dal Prosecco Doc al Pinot grigio, che fino a pochi anni fa avevano fatto ampie scorte di diritti dal Mezzogiorno.
Il 2018, a livello nazionale, ha segnato la terza crescita consecutiva (a 658 mila ettari: dati Agea) dopo il minimo storico del 2015 (638 mila ettari). Ma il mercato, a fronte di giacenze sopra le medie, sta soffrendo di sovrabbondanza. Ed ecco che le pericolose oscillazioni di prezzo che, dopo i vini comuni e le Igt, stanno interessando anche alcune Doc (storicamente meno influenzate da queste dinamiche), hanno posto la filiera nazionale davanti a una scelta: ripensare le modalità con cui è opportuno stare sul mercato e adottare meccanismi regolatori per garantire, a tutti i livelli della catena, una remuneratività tale da non rendere antieconomico il lavoro dell'impresa. È questa la percezione che si ricava da questa seconda parte del sondaggio pre-vendemmia (qui la prima parte, dedicata al Centro-Sud). Un clima di preoccupazione misto a un certo ottimismo per l'alta qualità dell'annata, che per alcuni areali potrebbe farsi ricordare. Le piogge di inverno e primavera hanno nutrito i terreni che non stanno temendo il caldo estivo. Condizioni che, se non cambieranno, potrebbero regalare delle soddisfazioni ai produttori italiani.
Un quadro più completo si avrà mercoledì 4 settembre 2019 nella sede del Ministero delle Politiche Agricole, Ambientali, Forestali e del Turismo. In quell'occasione, e per la prima volta, Unione Italiana Vini, Assoenologi e ISME uniscono le rispettive forze e competenze con l’obiettivo di fornire un quadro ancor più completo e dettagliato relativamente alle previsioni vendemmiali. Ma intanto continuiamo il nostro sondaggio.
La vendemmia 2019 in Spagna
Prime previsioni anche per la Spagna che, a causa della scarsa piovosità di questo 2019, tornerà a volumi vicini alle medie storiche. Secondo le stime delle organizzazioni agricole e agroalimentari iberiche, il raccolto delle uve consentirà una produzione tra i 40 e i 44 milioni di ettolitri di vino. Un ritorno alla normalità, che significherebbe un forte ridimensionamento rispetto allo scorso anno. La raccolta si concentrerà intorno al 10 settembre.
Vendemmia 2019. Piemonte
Tra i viticoltori dell'Alto Piemonte il clima è particolarmente positivo. Il consorzio di tutela, presieduto da Lorella Zoppis, definisce finora il 2019 come “annata dei record”: col più precoce germogliamento con conseguente grande diversità nei tempi tra le varie aree produttive, col record di freddo (3 gradi a inizio maggio) e il record di caldo con quasi 40 a fine giugno. “Le produzioni paiono su livelli quantitativamente medi, in alcuni casi ridotti e sicuramente inferiori allo scorso anno. Le uve sono quasi ovunque sane e soprattutto i Nebbioli si presentano con grappoli compatti e omogenei”, fa sapere Zoppis, sottolineando come i vigneti stiano resistendo bene alla siccità, con un apparato vegetativo in grado di assecondare “livelli di maturazione di assoluta qualità”.
Più a sud, tra le Colline Unesco, come racconta Filippo Mobrici, presidente del consorzio Barbera d'Asti e vini del Monferrato, si registra una “perfetta sanità delle uve, con fasi di maturazione in ritardo di dieci giorni, e precipitazioni utili a superare lo stress idrico. Nel complesso” sottolinea “le quantità saranno inferiori sul 2018”, quando furono prodotti, tra tutte le Doc, 609 mila ettolitri di vino. Il mercato del primo semestre segna +8% alla voce imbottigliamenti e vendite. Numeri certamente positivi ma condizionati dalle vendite di partite di vino a minor costo: “Di fronte a questa situazione il messaggio deve essere chiaro” ammonisce Mobrici: “Occorre fare attenzione agli eccessi produttivi, alla speculazione”.
Alla corte del re dei vini piemontesi, il Barolo, l'annata è stata discontinua, con freddo e piogge a maggio e caldo intenso a giugno. “La situazione si è poi allineata con lo scorso anno, è arrivata la pioggia, ma non registriamo problemi fitosanitari. La qualità è buona se non ottima”, afferma Andrea Ferrero, direttore del consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani (678 mila quintali di uve e 470 mila ettolitri). Le quantità sono “in linea” col 2018. Si attendono sul mercato le annate 2015 e 2016. Anche tra queste colline la scarsità del 2017 e l'abbondanza del 2018 hanno fatto abbassare i prezzi. E il consorzio presieduto da Matteo Ascheri sta valutando se disporre il blocco totale dei nuovi impianti a Barolo dal 2020: senza agire sulle rese, si lavorerà su impianti e promozione, per sostenere il valore del vino.
Vendemmia 2019. Lombardia
Dopo un 2017 da dimenticare, con produzioni quasi dimezzate, e un 2018 fuori dalle medie con volumi record (298 mila quintali di uve e 189 mila ettolitri di vino) in Franciacorta il raccolto 2019 è atteso intorno ai 200/250 mila quintali: “Sarà una vendemmia tardiva, verso il 25 agosto, condizionata da qualche problema in fase di fioritura”, osserva Francesco Franzini, vice presidente del consorzio bresciano. La Docg, che ha raggiunto una quota di produttori in regime biologico del 65%, sta vivendo in ogni modo una “situazione ottimale a patto che arrivi un po' di pioggia”.
Vendemmia 2019. Veneto
“Il distretto del Pinot grigio del Triveneto raccoglierà circa il 30% in meno rispetto allo scorso anno”. Albino Armani, presidente del consorzio Doc delle Venezie, lo dice chiaramente spiegando che questo vitigno, se non coltivato con raziocinio, alterna annate abbondanti ad annate scarse. “Questa è un'annata scarsa, lo vediamo dal numero dei grappoli, ma è anche un bene” aggiunge “considerando che il 2018 è stato abbondante e che abbiamo dovuto scegliere uno stoccaggio di 30 quintali sui 180 massimi previsti da disciplinare, per regolare il mercato” e contenere un potenziale da 1,36 milioni di ettolitri. Lo stato fitosanitario è ideale, di grandissima qualità, senza pressioni di attacchi fungini. Il ritardo delle fasi fenologiche porterà a staccare le prime uve a settembre.
Le vigne sulle Colline Unesco del Prosecco superiore Docg registrano una situazione definita positiva, favorita da piogge e da basse temperature, in sequenza, che hanno quasi azzerato gli attacchi di peronospora: “La nostra estesa rete di centraline meteo ci ha consentito di gestire le azioni a contrasto delle fitopatie”, sottolinea il presidente del consorzio, Innocente Nardi. Per le bollicine venete (90 milioni di pezzi nel 2018), prevedono quantitativi di uve in linea con lo scorso anno (1,1 milioni di quintali, che segnarono un +14% sul 2017), con un possibile decremento tra 3 e 5 per cento, anche per via della recente grandinata che ha colpito 900 ettari su 8 mila. Ma c'è una novità, il consorzio si avvia per la prima volta ad adottare uno stoccaggio pari a 15 quintali/ettaro: “Un segnale della volontà di posizionare la Docg al vertice di un sistema dove coesistono altre Doc”, osserva Nardi. Una scelta dettata dal mercato del 2018: giacenze ancora da assorbire, incremento delle superfici in produzione, vendite estere in lieve rallentamento per il forte aumento della materia prima del 2017 (+25%).
Vigneti del Prosecco Doc, il gigante VenetoFriulano che nel 2018 ha sfornato 3,65 milioni di ettolitri e che potenzialmente potrebbe raggiungere i 3,9 milioni. Ma l'idea del consorzio di tutela, guidato da Stefano Zanette, è di fissare a 150 quintali il tetto per l'uva rivendicabile: “Lo stoccaggio avrà funzione assolutamente preventiva, per dare un segnale al mercato affinché ci sia una corretta valorizzazione della materia prima”. A fine campagna, le quotazioni al litro dell'annata 2018 sono di 1,5 euro, rispetto a una media annua tra 1,6 e 1,7 euro/litro. “Ci auguriamo che la gestione della riserva consenta un riposizionamento, ma sottolineo che siamo soddisfatti di un mercato che sinora segna un +6% nel primo semestre”, aggiunge Zanette, che descrive così lo stato di salute dei vigneti: “Il 2019 è stato caratterizzato da estremi di pioggia e freddo e di caldo. La produzione non è stata intaccata e si prospetta buona, così come l'aspetto fitosanitario. L'uva Glera si staccherà dopo il 15 settembre”.
Nel veronese, distretto della Doc Soave, la grandine del 5 maggio ha spaventato i viticoltori, ma la produzione dovrebbe attestarsi intorno ai 420/430 mila ettolitri. La situazione di mercato appare favorevole: giacenze ai minimi, prezzi in risalita. Il consorzio di tutela, presieduto da Sandro Gini e diretto da Aldo Lorenzoni, ha buone sensazioni: “Torniamo alla normalità dopo due annate estreme. Il carico di grappoli è giusto, gli acini sono ben distanziati e molto sani. L'aspetto fitosanitario” fa sapere Lorenzoni “è stato gestito bene, così come l'aspetto economico, che vede prezzi della materia prima che definirei qualificanti”. Il Cda, tuttavia, non si ferma qui. La novità è che il Consorzio ha presentato al Mipaaft (da cui attende risposte) un piano di produzione triennale per la gestione di tutta la denominazione. “Uno strumento moderno” conclude Lorenzoni “che va oltre lo stoccaggio o la riduzione delle rese”.
Vendemmia 2019. Alto Adige
Qualche chilometro più a nord, i viticoltori altoatesini attendono una raccolta nella media da un punto di vista quantitativo, rispetto a un 2018 abbondante in cui, secondo i dati Camera di commercio di Bolzano, sono stati lavorati 512 mila quintali di uve, con 354 mila ettolitri di vino. Dopo un inverno moderatamente freddo e secco e abbondanti piogge a febbraio, come spiega Max Niedermayr, presidente del consorzio Vini Alto Adige, i mesi di marzo e aprile sono stati più caldi, tranne a fine a aprile, quando le gelate hanno costretto i produttori a usare anche le candele antigelo. Un maggio freddo ha portato diversi attacchi di erinosi e di acariosi (Calepitrimerus vitis) sul fogliame delle viti: “Lo sviluppo della vegetazione presentava a fine maggio un ritardo di circa 10 giorni. Il caldo successivo, a giugno, ha determinato un'esplosione vegetativa e un'enorme mole lavoro per i viticoltori, nelle zone più ripide non meccanizzabili”. L'auspicio è che gli sbalzi termici di agosto non determinino grandinate nella fase decisiva di maturazione per i vitigni altoatesini, dalla Schiava al Lagrein, dal Pinot bianco al Muller Thurgau e al Kerner, nei 5.116 ettari vitati.
Vendemmia 2019. Emilia Romagna
L'Emilia del vino ha nel Lambrusco uno dei suoi principali protagonisti. Lo scorso anno il distretto ha registrato quantitativi nelle medie, mentre per il 2019 la previsione anticipata è di una flessione del 10% sui volumi tra i territori di Modena e Reggio Emilia. La varietà Salamino ha incontrato difficoltà nella ripresa vegetativa che ha ridotto le gemme a frutto. E il 22 giugno, una grandinata ha lasciato il segno nei vigneti tra Modena e Castelfranco. “Nel complesso” come spiega il direttore del consorzio del Lambrusco di Modena, Ermi Bagni “non abbiamo registrato particolari patologie da peronospora o da attacchi fungini”. L'altro grande distretto dei vini di Romagna, che nel 2018 ha raccolto 1,82 milioni di quintali di uve, registra una situazione “regolare, ottima dal punto di vista sanitario, con vigneti rigogliosi sia in pianura sia in collina grazie alle piogge di maggio e ai temporali a luglio”, è il commento del presidente dell'omonimo consorzio Giordano Zinzani. “Sul fronte quantitativo non ci sono gli eccessi del 2018 e ci attendiamo una raccolta nelle medie. Non sarà una vendemmia anticipata”. Sul fronte del mercato, il presidente Zinzani osserva che si andrà in vendemmia con giacenze elevate: “Molte Doc italiane, con l'ingresso in produzione di nuovi impianti, stanno scegliendo lo stoccaggio. È un chiaro segnale che il mercato non può recepire tutto il prodotto”.
Vendemmia 2019. Marche
In questa regione, che lo scorso anno ha prodotto 884 mila ettolitri di vino, le violentissime grandinate del 10 luglio scorso hanno interessato, per fortuna dei viticoltori, solo le aree costiere. Alberto Mazzoni, direttore dell'Istituto marchigiano di tutela vini (che gestisce 15 tra Doc e Docg), descrive il quadro: “Abbiamo avuto un germogliamento anticipato e una fioritura ritardata. I grappoli in pianta sono gli stessi di un anno fa ma più piccoli e serrati, con un peso inferiore. Secondo le nostre stime, le quantità dovrebbero essere inferiori del 15%. Pertanto, torneremo nelle medie del decennio”. Sul fronte fitosanitario, peronospora e oidio sono stati gestiti bene; preoccupa la botrite, favorita dal caldo elevato che fa evaporare l'acqua dei terreni. Le prime uve (Chardonnay, Merlot e Verdicchio per basi spumante) saranno staccate tra fine agosto e i primi di settembre. Per quanto riguarda il rischio sovrapproduzione, Mazzoni è chiaro: “C'è un intasamento dovuto al mancato controllo degli impianti viticoli. Ecco perché dobbiamo tornare a una gestione oculata delle produzioni”.
Vendemmia 2019. Toscana
Nelle colline del Brunello di Montalcino, il clima pre-vendemmiale è molto positivo: “I vigneti sono, ad oggi, in perfette condizioni e senza patologie”, spiega Giacomo Bartolommei, vice presidente del consorzio, che sottolinea un generale rallentamento delle fasi vegetative su tutto il territorio. Sul fronte quantitativo, lo scorso anno sono stati prodotti 82,7 mila ettolitri, nella media del quinquennio, dopo il -15% circa del 2017. Le uve Sangiovese saranno raccolte dal 20 settembre in avanti. “È iniziata l'invaiatura nel versante sud. E siamo su ritmi più regolari, che ricordano più gli anni Novanta che gli ultimi dieci anni”. Nel Chianti Classico, alle prese con un lungo dibattito interno sulla valorizzazione della piramide qualitativa dei vini, tutto procede per il meglio, come spiega il presidente del consorzio, Giovanni Manetti: “Le riserve idriche sono abbondanti, anche grazie a un approccio ecosostenibile sempre più diffuso, le viti sono fresche e sopportano molto bene il caldo. Non ci sono problemi fitosanitari e la pressione di oidio e peronospora non è intensa”. I quantitativi dovrebbero essere “in linea con lo scorso anno”. Vale a dire: 396 mila quintali di uve e 272 mila ettolitri di vino. “La superficie fogliare è più estesa e questo va a vantaggio dalla qualità finale. Ci sono i presupposti” conclude Manetti “per un ottimo prodotto”. Vendemmia al via tra 20 e 25 settembre. La sovrapproduzione? “Ogni consorzio deve porsi l'obiettivo dell'equilibrio domanda-offerta. Le oscillazioni dei prezzi indeboliscono competitività e immagine della Dop”.
La riduzione del 10% delle rese decisa dal consorzio vino Chianti (per Docg e relative sottozone) farà in modo che i quantitativi di vino prodotti per l'annata 2019 saranno simili a quelli dello scorso anno, con circa 770 mila ettolitri. Mediamente, per la denominazione toscana, i volumi si attestano a quota 840 mila. "Dal punto di vista fitosanitario" riferisce il presidente del consorzio, Giovanni Busi "le uve si presentano in buona salute e il livello qualitativo, a oggi, è medio alto". La decisione di abbassare le rese è stata presa considerando che a fronte di giacenze in equilibrio, le vendite non stanno coprendo l'intera produzione. "Il mercato è in una fase di rallentamento e ora non bisogna correre il rischio di produrre in eccesso. Tuttavia" conclude Busi "la logica della riduzione non deve essere la norma. Occorre, infatti, lavorare per ampliare la gamma dei mercati di destinazione dei nostri vini".
a cura di Gianluca Atzeni
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri uscito l'1 agosto
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