Dal 2 al 5 novembre, Siena ha ospitato degustazioni tecniche, verticali, conferenze, seminari e banchi d’assaggio per celebrare le diverse espressioni territoriali e le mille sfaccettature del Sangiovese. Nato otto anni fa grazie all’iniziativa dall’EnoClub di Siena, Sangiovese Purosangue è ormai un appuntamento classico per tutti gli appassionati di vino e per la stampa specializzata. Davide Bonucci, ideatore dell’evento, ne parla con entusiasmo: “È stata una bella edizione, nel cuore della città di Siena, con una nutrita partecipazione di operatori e giornalisti. I produttori sono stati tutti molto soddisfatti della 4 giorni di approfondimenti tecnici. Sangiovese Purosangue rimane l’unica manifestazione monografica su questo vitigno, dove la componente di indagine organica, grazie alle testimonianze di vignaioli e tecnici, sta prendendo sempre più spazio, costituendosi come un vero e proprio laboratorio permanente”.
La manifestazione è una vera e propria non-stop sul Sangiovese, che quest’anno si è svolta proprio nel centro storico di Siena. A fare da cornice all’evento, sono stati gli splendidi spazi architettonici dei Magazzini del Sale all’interno del Palazzo Comunale, in Piazza del Campo. L’ultima edizione ha visto la partecipazione di 70 produttori, che hanno proposto circa 240 vini in degustazione. A farla da padrone ovviamente la Toscana, seguita da una buona rappresentanza dell’Emilia Romagna e da alcune Cantine provenienti dal resto d’Italia. L’unico neo delle degustazioni tecniche è stata la presenza, all’interno delle singole denominazioni, di etichette di troppe annate differenti. Una varietà di vini in stadi evolutivi diversi, che non sempre ha permesso di mettere a confronto le interpretazioni di uno stesso millesimo da parte delle aziende.
Il vitigno sangiovese
Il sangiovese è il vitigno a bacca rossa principe in terra di Toscana, ma è coltivato anche in molte altre regioni, soprattutto del Centro e Sud Italia. Dalle sue uve nascono vini famosi, ricchi di storia e tradizione, come Chianti, Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano o Morellino di Scansano. Le origini del vitigno sono state a lungo ammantate dal mistero. Spesso si è cercato di fare del sangiovese il simbolo di un’antica tradizione, che potesse affondare le radici in tempi remoti, addirittura fino alla civiltà etrusca. In realtà troviamo le prime testimonianze del sangiovese, o meglio del “sangiogheto” attorno al 1600, nel Trattato della coltivazione delle viti, e del frutto che se ne può cavare di Giovanvettorio Soderini, anche se si presume che il vitigno fosse già presente da tempo in Toscana. Tuttavia, anche se non conosciamo con precisione la sua data di nascita, oggi sappiamo che il sangiovese non è un vitigno autoctono della Toscana. Secondo le più recenti analisi del DNA, che hanno poi condotto il genetista e ricercatore dell’Università di Neuchâtel José Vouillamoz a pubblicare con Jancis Robinson e Julia Harding il famoso libro Wine Grapes (2012), il sangiovese sarebbe figlio di un incrocio spontaneo tra il ciliegiolo e il calabrese di Montenuovo, un’uva oggi quasi estinta, ritrovata in pochi esemplari in Campania, proprio in località Montenuovo nell’area dei Campi Flegrei.
Le Verticali
All’interno del programma dell’ultima edizione di Sangiovese Purosangue, oltre a banchi d’assaggio e alle degustazioni libere, hanno trovato spazio alcune interessanti verticali. Protagonisti del programma il Brunello di Montalcino Pietroso, il Sangiovese Poggio ai Chiari della tenuta Colle Santa Mustiola e il Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento di Col d’Orcia. Abbiamo scelto un’annata per ogni verticale, quella che ci è maggiormente piaciuta e che resterà a lungo tra i migliori ricordi di quest’edizione di Sangiovese Purosangue.
Il Brunello Pietroso nasce dall’assemblaggio delle uve di tre diverse vigne, due coltivate sotto l’antico borgo e l’altra in località Castelnuovo dell’Abate. Gianni Pignattai, titolare della cantina, ha scelto per la verticale le annate: 2005, 2007, 2008, 2009, 2011 e 2013. Tra i vari millesimi ci ha particolarmente colpito il 2009 per il suo profilo elegante, i suoi profumi floreali, le note di erbe officinali, i raffinati tocchi di grafite, su un delicato sottofondo di frutti rossi e spezie. Il sorso armonioso e di bella ricchezza aromatica, conserva energia e tensione, con tannini maturi e un finale piacevolmente fresco.
Fabio Cenni ha portato in degustazione ben dieci annate del Sangiovese Poggio ai Chiari, vino di punta della tenuta di Chiusi Colle Santa Mustiola: 1997, 2001, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008, 2009, 2010. Affascinante per il bouquet di freschezza balsamica e la bocca ancora vibrante il 2007, ma eccezionale per longevità il 1997. Un calice ancora perfettamente integro e vivo, con profumi di grande finezza, un sorso armonioso, delicato e di sorprendente equilibrio gustativo.
Chiudiamo con un classico, il Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento di Col d’Orcia. Le vigne si trovano sul versante sud-ovest di Montalcino, su terreni con sabbie d’antica origine marina, che donano ai vini particolare finezza. Una versione di Brunello molto classica, affinata per 48 mesi in grandi botti di rovere. Francesco Marone Cinzano ha proposto una batteria di vini che comprendeva alcune delle migliori annate degli ultimi decenni, con una splendida 2006 e una 2010 dal luminoso futuro. Tuttavia, il vino che ci ha conquistato è stato lo strepitoso 1995. Un Brunello che esprime aromi complessi, con note di ribes, ciliegia, ed erbe della macchia mediterranea, impreziositi da eleganti sentori terziari e lievi sfumature di spezie. La tessitura tannica, fine ed evoluta, regala un sorso che si distende profondo verso un finale di grande persistenza e freschezza.
a cura di Alessio Turazza