Griglia e barbecue non sono la stessa cosa
In primissima analisi, occorre sgomberare il campo da un persistente equivoco. Griglia e barbecue non sono affatto la stessa cosa. Con la prima tecnica designiamo un sistema di cottura utilizzato per la prima volta forse un milione e settecentomila anni fa. Scoperto il fuoco, l’homo erectus non avrebbe tardato molto a intuire i benefici della carne abbrustolita dalla fiamma vivace e diretta. E il barbecue? È nato molto dopo. L’etimo risale a barbacoa, un vocabolo che gli scherani di Cristoforo Colombo avrebbero ascoltato per la prima volta nei Caraibi nel 1492. L’avrebbero pronunciata gli indio Taino, padroni dell’isola attualmente divisa tra Haiti e Repubblica Dominicana. Chiamavano così la graticola di legno su cui cuocevano alimenti ricoperti da foglie. È lo stratagemma antenato del barbecue di concezione moderna, che oggi consiste precisamente in “due semisfere di metallo che danno origine a una camera di cottura chiusa ma ventilata, all’interno della quale sono cotti lentamente alimenti utilizzando la brace o la fonte di calore ai lati”, recita l’introduzione di Barbecue Surprise, un manuale cult edito da Magi&Co e pubblicato dall’Accademia dei Signori del Barbecue nel maggio 2016.
La raffinatezza del barbecue
Le espressioni su cui concentrarsi per capire la raffinatezza superiore del barbecue sono dunque due: “camera chiusa” e “cottura ai lati”. “La presenza di un coperchio – ci spiega Gianni Guizzardi, fondatore dell’Accademia – non serve, come si pensa ingenuamente, a proteggere dalla pioggia, ma a dominare la temperatura, a controllare la quantità d’aria all’interno del braciere e a mantenere un grado di umidità ideale. Sono fattori che, a parità di temperatura, garantiscono una cottura più rapida e migliore”. Una bistecca cotta al barbecue è pronta in 7/8 minuti; in una griglia servono 12/15 minuti: “La prima sarà croccante fuori e morbida dentro; la seconda avrà maggior crosta, ma al cuore risulterà più cruda”. La cottura ai lati, o indiretta, è invece “perfetta per cucinare cibi interi, che richiedono preparazioni oltre i 25/30 minuti, tipo ariste, arrosti, pesci, polli e tacchini. E parti grasse tipo costine o pancetta”. Come il roner, meglio del roner: “È più sano perché disperde i grassi drenati dalla carne e hai la carne cotta bene col surplus della caramellizzazione esterna”. Naturalmente il barbecue non esclude la cottura atavica veloce, diretta, raccomandata per dar senso a cibi sottili, a fette, spiedini o filetti di pesce. Ma la cottura indiretta è il virus che innesca la febbre dei bbq-maniac di Tennessee, Missouri, Texas e North Carolina, il quadrilatero americano in cui la tecnica è divampata. Un’ecpirosi che sta rapidamente infiammando l’Italia. Perfino l’alta cucina italiana.
Il barbecue nell'alta cucina
“Il barbecue – ci spiega Igles Corelli, un cuoco che maneggia spazzole e pinze dai tempi del leggendario Trigabolo di Argenta e che da qualche settimana è a capo delle Scuole del Gambero Rosso – ha un valore immenso, soprattutto per i catering e i banchetti. È una cucina viaggiante che consente di fare grandi numeri e ottenere splendidi risultati. Il bello delle cotture indirette è che il grasso cola, ma non sulle braci: costolette e salsicce si sgrassano senza prendere fuoco. Quelle dirette hanno il vantaggio che puoi cucinare rapidamente grandi piatti come il mio Germano ripieno di castagne, avvolto nella rete di maiale”. Ma non di sola carne vive l’uomo: “Se le fai ai ferri, zucchine e melanzane si assottigliano e vengono sempre mezze bruciate– spiega Igles, da poco chef alle Mercerie di Roma – se invece le immergi in acqua gasata e poi le cuoci, prima in indiretta e poi in diretta, vengono dieci volte meglio. Le patate, invece, le metti nel cartoccio e dopo un’ora sono pronte e strabilianti”.
“Il bello del barbecue all’italiana – sottolinea Guizzardi – è che noi non abbiamo necessità di mettere troppe salse perché in America hanno 3/4 razze di manzo; noi una ventina. A noi basta la biodiversità animale, non abbiamo bisogno di aggiungere sapori forti”. C’è da dire che tra le due semi-sfere, i nostri chef infilano di tutto: pane, pizza, biscotti salati, pelli, pesci.Insomma, nessun genere alimentare è precluso al bbq, persino i dessert e la frutta.
a cura di Gabriele Zanatta
disegni di Marcello Crescenzi
QUESTO È NULLA...
Nel numero di marzo del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate tutto sul barbecue (è proprio la copertina del numero!), compreso un focus su come lo utilizzano i migliori chef d'Italia, da Massimiliano Alajmo a Massimo Bottura, da Giuseppe Iannotti a Roberto Petza, e ancora Massimiliano Poggi, Aurora Mazzucchelli (Marconi, Sasso Marconi), Alessandro Negrini (Aimo e Nadia, Milano), Marco Stabile (Ora d’Aria sempre, Firenze) o Floriano Pellegrino (Bros', Lecce). Un servizio di 12 pagine che include una mappa dei cuochi che in Italia lo utilizzano, i consigli dei più grandi macellai italiani, le diverse tecniche di cottura. E ancora: il glossarietto da tener presente se ci si vuole avvicinare a questo tipo di cottura, uno sguardo verso l'estero, con i comunicatori e i profili Instagram più importanti e seguiti del settore, e le considerazioni dei guru del barbecue, come Gianfranco Lo Cascio, Marco Agostini, Michele Ruschioni e Steven Raichlen, in onda in questi giorni su Gambero Rosso Channel con il programma Steven Raichlen Grills Italy. È proprio il caso di dire: c'è tanta carne al fuoco.
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