Nel frattempo Roma perde la sfida con Atene per le Olimpiadi del 2004 e nasce Google.
1997
Nel 1997 i tempi sono maturi perché la gastronomia esca dalle sale dei ristoranti per invadere le scuole e diventare una “moda”. In Italia il '97 è l’anno della bicamerale D’Alema e del famoso "patto della crostata", in cui PDS, PPI, AN e Forza Italia raggiunsero l'intesa per una repubblica semipresidenziale e una legge elettorale a doppio turno di coalizione. Ma è anche l’anno dell’omicidio di Marta Russo alla Sapienza di Roma e di quello di Gianni Versace a Miami, del rapimento Soffiantini ed è l'anno in cui si costituisce Toni Negri, dopo 14 anni di latitanza. Il 9 maggio un gruppo di nostalgici della Serenissima Repubblica di Venezia dirottano un ferry boat e, giunti in Piazza San Marco, occupa per breve tempo il campanile di San Marco, per essere sgomberati poco dopo. Nel frattempo Roma perde la sfida con Atene per le Olimpiadi del 2004. Ivan Gotti vince l’80° Giro d’Italia e Dario Fo riceve il Nobel per la letteratura. E mentre gli eredi Savoia rientrano in Italia, muore Giovanni Alberto Agnelli, erede della dinastia Agnelli. Anche per l'Italia entrano in vigore gli accordi di Schengen.
Negli Usa, Bill Clinton giura per il secondo mandato e Kofi Annan diventa il nuovo Segretario Onu. Viene lanciata la sonda spaziale Cassini-Huygens e il New York Times pubblica la prima foto a colori. Muore a 92 anni Deng Xiaoping, leader cinese. Yasser Arafat ritorna a Hebron dopo oltre 30 anni e partecipa alle celebrazioni per l'annessione della città alla Cisgiordania.
Uno storico passaggio di consegne segna il 1997 a livello internazionale: dopo 156 anni Hong Kong torna alla Cina. A luglio i resti di Che Guevara tornano a Cuba per la sepoltura, a fianco di alcuni dei suoi compagni. Ad agosto Lady Diana Spencer rimane vittima di un incidente automobilistico sotto il Pont de l'Alma, a Parigi, assieme al suo compagno Dodi Al-Fayed. A settembre nasce quello che diventerà il gigante del web: Google.
La cucina è la moda del momento
Tutti vanno a scuola di cucina e i corsi si moltiplicano a vista d'occhio. Per il settore del food & wine è un gran momento, ma una scuola vale l'altra, un corso è comunque un corso valido. Con l'usuale tecnica e fiuto e con la competenza che lo contraddistingue, il mensile ha sguinzagliato la sua squadra, ha selezionato alcuni indirizzi, tra affidabili e migliori parafrasando Audrey Hepburn in Sabrina, quando frequentava la scuola Alta cucina Le Cordon Bleu, l'inviata del Gambero ricorda che alla scuola di cucina si andava “per impadronirsi dei segreti custoditi dall'istituzione Cordon Bleu e per riuscire a mettere in tavola i piatti della grande cucina classica, la sella alla Orloff, i paté in crosta, le aragoste in bellavista. La cucina familiare, quella di ogni giorno, si dava per scontato che una brava moglie la conoscesse e non avesse alcun tentennamento nell'affrontare un minestrone o un arrosto”. Ma oggi? “Oggi tutto questo non è più così scontato – continua il redattore - né l'aspirazione di chi si iscrive ad un corso è quella di imparare le ricette classiche proposte dagli Escoffier o dai Carnacina. Ma piuttosto quella di imparare le tecniche di base che consentono di capire come si arriva anche semplicemente alla cottura perfetta di un uovo al tegamino. Ed è esattamente questo, del resto,il criterio più importante che permette di distinguere una buona scuola da una cattiva scuola”. E la qualità degli insegnanti è anche “la vera questione sulla quale si gioca la serietà di una scuola”.
La cucina a Los Angeles è globale, a differenza di quella italiana
“Quello che avete visto, sentito e letto su Los Angeles è tutto vero” giura l'editoriale del n. 64 di maggio. In che senso? Nel senso che nella città a misura d'auto e non d'uomo, a più rapida crescita del mondo industriale, con un'area urbanizzata vasta quanto l'Irlanda e un prodotto lordo superiore a quello nazionale dell'India, la città dello show business che filma se stessa, “sta nascendo la più grande cucina mondiale, la cucina globale”. Lo "speciale" di 32 pagine dedicato alla Città degli Angeli “permette di fare la conoscenza con alcuni dei migliori chef d'America. Potete anche capire perché questa è una delle nuove frontiere della cucina mondiale – si legge ancora – perché qui si incontrano e si amalgamano le influenze dell'Asia con la cultura gastronomica europea. Tutto questo è possibile perché a LA c'è una grandissima concentrazione di ricchi che hanno investito sul vino e la gastronomia. Sul vino acquistando tutti i migliori vini del mondo e le annate più importanti. Sulla gastronomia perché i molti ricchi dello show business e dell'industria hanno investito dapprima come clienti, sempre alla ricerca del nuovo, e poi anche come finanziatori. Ormai a LA i ristoranti vengono pensati e aperti come fossero dei film, con i produttori che finanziano un regista-chef e con il ristorante che viene pensato come uno spettacolo, con le coreografie-arredamento e i camerieri-attori”. È il racconto di cucine, ambienti, cuochi che sono grandi firme e vere e proprie industrie o imperi, come Puck che dopo quindici anni dall'apertura del primo ristorante“vale 90 milioni di dollari”, circa 160 miliardi di lire. Qualche pagina prima si fa anche il punto sulla cucina italiana,“originale, fantasiosa, che cerca promoter... ma più che mai accusata di rimanere al palo. Niente a che vedere con la vivacità della cucina globale che impazza Oltreoceano”.
Alta cucina: a Parigi, la caduta degli dei
Definiti come i "geni contestati", i cuochi francesi a metà '97 hanno perso appeal e lo scettro dell'Olimpo gastronomico. Anche loro un po' al palo, come gli italiani al confronto con le novità che arrivano dagli States, stretti d'assedio da cucine più moderne e aperte al nuovo, ma anche duramente colpiti dalla crisi economica che erode i clienti. Ma se tutto il mondo è paese, è anche vero che“il piatto non piange per tutti” in egual misura. Come dire: gli chef non son tutti uguali. E infatti, con l'usuale curiosità per le novità e i cambiamenti, il Gambero Rosso non si ferma all'apparenza ma va a scandagliare le cucine degli chef più attenti come Passard, Gagnaire, Solivérès: “sempre pronti a confrontarsi, a mettersi in discussione. Anche a costo dello scontro”. Le pagine che seguono sono il reportage – a meno di mille giorni dal countdown del Terzo millennio – di alcuni punti di eccellenza. Perché ora “i grandi di Francia son meno grandi” e“non vengono più copiati a New York o a Sydney”.