Like, follower, hashtag, insights, questi sconosciuti. Almeno fino a poco tempo fa: adesso anche le cantine italiane, con una maggiore resistenza rispetto agli settori, hanno dovuto prendere dimestichezza con queste parole e con tutto il mondo che vi è dietro.
Secondo la ricerca #vinodigitale 2015 dell'agenzia BeSharable che ha coinvolto 3.450 aziende di settore, il 95% delle aziende vinicole italiane ha un proprio sito web. Un dato incoraggiante, quindi, che fotografa una realtà vitivinicola sempre più web oriented, se non fosse che le potenzialità di questo canale non sono sfruttate al massimo.
Anche il ministro Martina alla vigilia di Vinitaly ha posto l'accento sulla sfida digitale, annunciando il ciclo di incontri ‘World Wine Web’ con i principali protagonisti del web, sia per quanto riguarda i social sia l'e-commerce: facebook, twitter, eBay, amazon, google. Compreso l'incontro dell'11 aprile tra il Premier Matteo Renzi e il fondatore di Alibaba, Jack.
Social network
Più proficuo sembra, invece, l'utilizzo di canali semplici e immediati, quali i social media. Tra questi Facebook appare il più utilizzato (78%), seguito a distanza da Twitter (34%) e da Instagram (22%). Ma chi si occupa della loro gestione? Il 42% delle imprese affida la promozione aziendale a personale interno non specializzato in comunicazione, ma a poco a poco c'è chi – soprattutto nel Nord Italia – si affida a consulenti esterni o ancora chi – il 44% del campione intervistato - crea un ufficio ad hoc con uno specifico team social.
Infine, l'e-commerce. Altro trend in crescita e allo stesso tempo tallone d'Achille del sistema. Attualmente, il 77% degli intervistati lo fa, e tra questi, il 32% tramite il proprio sito, il 68% affidandosi a siti specializzati. Ma, in che modo tutte queste cose interagiscono tra di loro? Quale strategia di web marketing seguono – se ne seguono una – le aziende italiane? Lo abbiamo chiesto ad alcune cantine tra le più attive nel mondo social. Da grandi realtà con una comunicazione strutturata che nella maggior parte dei casi si affidano ad agenzie esterne, a piccole realtà, autogestite, ma altrettanto efficaci. Dalle loro schede social appare in modo chiaro come il seguito sia proporzionale a dimensione aziendale e produzione, e come Facebook sia di gran lunga il social network più utilizzato (almeno in Italia).
I grandi gruppi: strategie e gestione
Partiamo dai grandi gruppi. Ai primi posti della classifica sulle cantine più social in Italia c'è il gruppo trentino Mezzacorona (produzione 30 milioni di bottiglie; Facebook 40.077 like; Twitter 811 follower, 21.110 nella versione americana; Instagram 429 seguaci).“Da sempre abbiamo riservato grande attenzione alla comunicazione” ci dice il direttore Fabio Maccari “prima quella tradizionale, per poi seguirne l'evoluzione digital. Dal 2013 abbiamo cercato di potenziare i nostri canali, cercando di intercettare anche quel target definitoMillennials, lì dove la comunicazione tradizionale è un po' deficitaria. I social network sono un modo per fare relazioni pubbliche con feedback immediato dai consumatori”. Oggi Mezzacorona cura diversi siti (Mezzacorona, Rotari, Feudo Arancio, Castel Firmian) ognuno con la versione italiana, inglese, tedesca e ognuno con rimando ai relativi canali social differenziati in base al Paese in questione: Facebook in primis, poi Instagram e infine Twitter (“particolarmente utilizzato per il mercato americano”). Senza trascurare Youtube, utilizzato in modo integrato ai codice Qr per visualizzare filmati di presentazione dei vini.
Un sistema alquanto complesso dove - è chiaro - non bastano interventi sporadici e casuali: “La gestione del lavoro” continua Maccari “avviene prima attraverso la nostra agenzia pubblicitaria esterna, pianificando un piano redazionale, poi passa in mano ai nostri diversi staff social divisi tra l'ufficio italiano e quello Usa con una copertura estesa a tutte le fasce orarie”. Parla di ingente investimento il direttore di Mezzacorona, ma comunque non perduto: “Il valore aggiunto di questo tipo di comunicazione è il poter parlare a un pubblico già interessato, per cui cambia la logica del costo per contatto tradizionale, considerato che il contatto in questo caso è già fidelizzato o interessato e quindi la comunicazione è mirata”.
C'è poi chi preferisce utilizzare una figura interna, coadiuvata da un'agenzia esterna con il compito di trasformare gli spunti in una content strategy coerente. Abbiamo chiesto all'ufficio marketing del gruppo Santa Margherita (produzione 13,5 milioni di bottiglie; Facebook 25.164 like; Twitter 2.709; Instagram 547) quale sia la strategia seguita: “Premesso che è Facebook a dare i maggiori riscontri, puntiamo a un target di età 20-35, quello che risponde maggiormente agli stimoli in modo coerente con quanto ci si aspetta, come dimostra l'aumento della reach organica e delle condivisioni dei contenuti. Il timing cambia in base al social network utilizzato: su Fb tendenzialmente pubblichiamo una volta al giorno e gli insights ci spingono a farlo verso le 18. Twitter registra il suo massimo di pubblicazione in occasione di eventi che seguiamo con un live costante, mentre per Instagram pubblichiamo 2 o 3 volte a settimana”.
Particolarmente interessante per il gruppo veneto la campagna social 'lamiamillemiglia', la gara automobilistica di cui Santa Margherita è main sponsor: “La copertura ha portato le nostre inserzioni a essere visualizzate da circa 850 mila persone. A questa campagna è associato un concorso per partecipare virtualmente e poi fisicamente alla gara. Concorso che, in termini di iscrizioni, sta facendo registrare delle Cpl (costo per lead) molto basse e dei numeri di iscritti più che soddisfacenti”.
Piccole cantine e gestione personale
Sull'altro versante abbiamo delle realtà più piccole, con comunicazione gestita dall'interno a budget quasi zero, ma non per questo meno efficaci nel raggiungere l'obiettivo. In particolare abbiamo scelto due case history diametralmente opposte nelle strategie - entrambe molto personalizzate - ma con risultati, se non simili, almeno all'altezza delle aspettative.
La prima è Cantine Barbera di Menfi (produzione 70 mila bottiglie; Facebook 5 mila amici + 2735 seguaci; Twitter 6.631; Instagram 2.308 via Buzzoid), la cui proprietaria - Marilena Barbera- è diventata quasi un caso mediatico per il seguito che nel tempo è riuscita a conquistarsi su tutte le piattaforme digitali, completate dall'uso molto consapevole del blog Diario di Viaggio. Tanto che lo scorso anno nella classifica Social Vignerons (elaborata col metodo Klout) sui Top 20 influencers mondiali del vino sui social media è stata l'unica italiana presente. “I social network sono lo strumento logico e inevitabile per una piccola azienda” ci dice la vignaiola siciliana, confidandoci che mai rinuncerebbe alla gestione personale degli stessi (in testa inevitabilmente Facebook, poi Twitter che rimane, però il suo preferito), legata ad un piano editoriale ben preciso, dettato in buona parte dalla territorialità e dalla stagionalità della natura, ma anche dai cosiddetti trending topic. “Ma” mette subito in chiaro “attenzione a non usare i social come forma di advertising. Sono e devono restare uno strumento di conversazione: la gente non vuole la promozione assillante del tuo prodotto. Sono convinta che non funzionerebbe, così come non hanno funzionato in passato i banner pubblicitari. Per questo non ho mai voluto utilizzare i post sponsorizzati. E per lo stesso motivo che utilizzo account personali e non aziendali: chi frequenta questo mondo vuole parlare con la persona, non con un marchio. Per lo meno nel caso di una piccola azienda”.
Ma questo non significa che non ci sia un ritorno in termini di vendite. Come ci rivela la stessa produttrice: “L'attività social ha incrementato le vendite della cantina del 25%. Nonostante non ci siano mai contenuti pubblicitari esplicitamente mirati, molto spesso gli ordini arrivano direttamente sotto i post di Fb o da utenti social che poi mi scrivono in privato. In particolare ci sono due vini aziendali – 'La bambina' e 'Ammàno' – che vengono venduti quasi esclusivamente tramite social”. Frutto del caso?Non di certo. La spinta su questi prodotti rimane notevole, sebbene mai tarata sui toni dell'advertising classico.E non basta, continua Marilena: “Sono convinta, pur senza averne le certezze numeriche, che anche un altro 50% delle vendite sia comunque generato dall'attività digitale, così come l'incoming di visite in cantina”.
L'altra case history è la campagna social mirata quasi esclusivamente su un singolo prodotto portata avanti da Arcipelago Muratori, un'azienda familiare, ma articolata in ben quattro cantine (Villa Crespia in Franciacorta, Rubbia al Colla a Suvereto, Oppida Aminea nel Sannio e Giardini Arimei a Ischia) che da anni investe - soprattutto in termini di tempo - sui social network (produzione di circa 600 mila bottiglie; Facebook 1760 like; Twitter 327 follower; Instagram 1326 seguaci). Ad occuparsene è la responsabile della comunicazione Michela Muratori. “Abbiamo provato” dice“quasi come un esperimento, a spingere sui social il Millè, il nostro Franciacorta, presentato per la prima volta a Vinitaly 2015. In modo simpatico, a volte anche un po' ossessivo. Risultato? In un solo anno è già il più venduto del nostro catalogo e ha fatto salire le vendite della gamma Franciacorta del 20% (su una produzione di 300 mila bottiglie; ndr) grazie ad una campagna costante che ha messo in moto un vero tam tam mediatico, fatto di foto condivise, abbinamenti col cibo e giochi a premi”. La cosa singolare è che al contrario di altri prodotti dell'Arcipelago, il Millè non ha avuto spinte pubblicitarie di tipo tradizionale. La campagna, invece, coinvolge ristoratori, pizzaioli e consumatori in genere che a loro volta condividono le foto con la bottiglia azzurra, ormai simbolo (sui social) di casa Muratori.
Bocciati, invece, nell'esperienza dell'azienda bresciana i post sponsorizzati e l'e-commerce dal sito “Il primo l'ho provato in via sperimentale” spiega Michela“ma per il tipo di comunicazione propria di una cantina credo funzioni poco. L'e-commerce lo abbiamo fatto fino a un anno fa ma, attraverso google analytics abbiamo appurato che i tanti accessi non corrispondevano a delle vendite reali, ma a confronti di prezzo o richiesta di informazione, senza contare l'impossibilità di vendere all'estero e la concorrenza con gli stessi nostri distributori. Alla fine abbiamo capito che è meglio investire sulla comunicazione, appoggiandosi, magari alle enoteche online e, perché no, anche ai nuovi comunicatori, come ad esempio ai fashion blogger”. Esatto, fashion blogger, altro fenomeno in crescita lì dove si parla di comunicazione web: si pensi, a tal proposito, che molte maison francesi dello champagne sono disposte ad investire budget molto alti per assicurarsi le esclusive con nomi di spicco del settore. E anche l'Italia inizia ad inserirsi nel giro. Ma questa è un'altra storia.
a cura di Loredana Sottile
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 24 marzo
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